Da Ciucci a Giaconia il percorso dell’Anas è tutto in discesa. Ciucci è Pietro Ciucci, l’ultimo amministratore di peso dell’azienda delle strade, boiardo potente fin da quando era al fianco di Romano Prodi ai tempi dell’Iri. Per un decennio e fino al 2015 Ciucci è stato il padre padrone dell’Anas, un manager capace di portare mezzo Parlamento dove voleva lui, ma anche assai spregiudicato e infine travolto dagli scandali e dai crolli dei ponti a ripetizione.

Ciucci all’Anas è stato il canto del cigno, da lui in poi è tutta una scivolata. Ritrovatosi alle prese con un’azienda elefantiaca e assai corrotta, il suo successore, Gianni Vittorio Armani, ha pensato che l’incorporazione nelle Fs fosse la soluzione per rilanciarla.

La fusione c’è stata ai primi del 2018 ed è subito apparsa per quel che era: un gigantesco pastrocchio. Il successore, Massimo Simonini, nonostante fosse stato scelto dal Movimento 5 Stelle tra le terze file dell’azienda, ma con il mandato di cambiarla il più possibile, si è invece adagiato sulle scelte del predecessore e l’Anas è sceso ancora di un altro gradino.

Ora siamo a Maria Annunziata Giaconia che è sul punto di diventare la nuova amministratrice dopo la bellezza di sette mesi in cui l’Anas è rimasta acefala. Martedì prossimo la sua candidatura, lanciata dall’amministratore delle Ferrovie, Luigi Ferraris, sarà esaminata dal consiglio di amministrazione Fs e poi proposta al ministero dell’Economia cui spetta formalmente la nomina.

Foto Valerio Portelli/LaPresse Massimo Simonini, ad di Anas

Giaconia come Simonini non è una manager di primo livello, anzi. E’ una dirigente rodata delle Fs, ma con un curriculum abbastanza scarno: è amministratrice di Mercitalia Rail, una delle società di Mercitalia che non è la tra le punte di diamante del gruppo Fs come invece lo sono Rfi e Trenitalia. In precedenza era stata responsabile della direzione del trasporto passeggeri del Lazio, poi della divisione regionale passeggeri e consigliere di Busitalia del Veneto.

Azienda a pezzi

L’Anas che si ritrova a gestire è a pezzi, in caduta libera nella considerazione dalla politica e del ministero da cui dipende, il Mims (Infrastrutture e mobilità sostenibile). All’Anas e per la verità a tutto l’ambito stradale il governo sta infatti riservando una sottovalutazione palese che si traduce nel confinamento agli ultimi posti dei temi della manutenzione e della sicurezza di ponti, viadotti e gallerie.

Mentre per le ferrovie il Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza) stanzia circa 25 miliardi di euro, per le strade ci sono appena 450 milioni inseriti in una voce complementare al Pnrr dal titolo «Strade sicure. Implementazione di un monitoraggio dinamico per il controllo remoto di ponti, viadotti e tunnel».

Quei 450 milioni di euro, per di più, non sono tutti per l’Anas, ma saranno ripartiti tra i vari enti stradali gestori che sono tanti.

Quei soldi dovrebbero servire per il monitoraggio di 16.500 ponti e viadotti Anas e pure delle migliaia di gallerie che si trovano lungo gli oltre 30 mila chilometri dell’azienda delle strade. E in più anche per le altre migliaia e migliaia di ponti, viadotti e tunnel di cui nessuno conosce davvero il numero e che costellano i circa 800 mila chilometri di strade regionali, provinciali e comunali.

La situazione è molto grave: secondo uno studio del Politecnico di Milano pubblicato dal giornale Avvenire il 18 per cento delle infrastrutture nazionali è carente e una parte è in condizioni pessime. Il 60 per cento delle 61 mila infrastrutture prese in considerazione ha più di mezzo secolo di vita accompagnata o dall’assenza di manutenzioni o da manutenzioni insufficienti.

Gocce nel mare

Di fronte a questa mole gigantesca di guai, i 450 milioni di euro si perdono come gocce nel mare e Anas che di queste gocce riceve solo una parte è in pratica inviata alla guerra senza munizioni. Del resto l’azienda delle strade perfino dopo il crollo del ponte di Genova non è stata capace neanche di stabilire un sistema unico di monitoraggio mentre nelle gallerie il monitoraggio è praticamente prossimo allo zero e non esiste a livello centrale nessuna piattaforma dove vengono raccolti i dati. Spesso le aziende per vincere le gare Anas inseriscono proprio i monitoraggi per acquisire punteggio, ma poi tutti se ne dimenticano, compresi i direttori lavori dell’azienda pubblica.

Da quando è stata inglobata dalle Fs l’Anas è stata distratta a forza dai suoi compiti e infilata in un gigantesco ginepraio da cui non è ancora uscita. Per imbellettare l’operazione è stato fatto credere che la concessione Anas sarebbe stata automaticamente allungata dal 2032 al 2052 e ciò avrebbe assicurato un apporto patrimoniale di circa 2 miliardi. Ma l’allungamento non esiste anche se i capi Anas e Ferrovie per anni hanno fatto finta di non saperlo.

Ora il nuovo managament Fs ha almeno ammesso che la grana c’è ritenendo di poterla risolvere tirando fuori le concessioni autostradali dall’Anas per infilarle in una newco ministeriale. La concessione in questione riguarda però tutte le strade Anas, statali comprese, e quindi la soluzione è ancora rinviata.

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