«È il momento della rinascita per liberare questa città dalla grande bruttezza», Roma invece «è una donna bellissima, stuprata e abusata, per secoli, dai poteri, dagli uomini e anche qualche donna che l’ha maltrattata». Imma Battaglia è incontenibile e irrefrenabile, ogni tanto le scappa qualche parola un po’ su di tono e il suo spin, che in realtà è un amico e collega, allarga le braccia, sa già che non ci potrà fare niente. Ieri è arrivata l’ultima candidata, la settima, alla corsa alle primarie di Roma. Imma Battaglia ha sessant’anni portati molto bene, è una nota attivista Lgbt, già presidente del Mario Mieli e fra i fondatori di Di’ Gay Project. Ma non resterà confinata nel villaggio dei diritti, è anche una matematica, un’informatica e un’imprenditrice. Parteciperà a quella che più tardi, da Radio Immagina, l’emittente web del Pd, Roberto Gualtieri definirà «festa della partecipazione», bellissime parole che per il momento restano un auspicio. Il Pd non ha preso subito bene questa corsa. Battaglia le renderà di sicuro più allegre e popolari. E anche parecchio più pop: nel 2017 ha baciato il suo amore, l’attrice Eva Grimaldi – che ora siede nel comitato promotore della candidatura – in Honduras, ma non era una vacanza, era L’Isola dei Famosi; l’anno scorso è entrata nella casa del Grande Fratello per discutere davanti alle telecamere con una ex fidanzata, anche lei un’attrice.

Battaglia però non farà nella parte del «personaggio». Conosce bene i dossier di Roma: ha già fatto la consigliera comunale, ha smesso e si è allontanata dalla politica delusa – non è precisamente la parola che usa – per colpa «di quelli che sono andati dal notaio» per defenestrare il sindaco Ignazio Marino. Ce l’ha con il partito di Gualtieri. Soprattutto conosce le emergenze della Capitale, anche quelle innominabili, (è nata a Portici, dice «da campana capisco bene quando arriva la malavita»); e le periferie e «le sceneggiate di quelli che ci vanno ogni tanto» – e qui di nuovo ce l’ha con il Pd.

Ma la sua, giura, non è una corsa «contro», non risponde ai cronisti che cercano di farla azzuffare con i suoi concorrenti, racconta come si fa bike sharing a San Francisco, e come funziona la differenziata porta a porta nelle più grandi città del mondo, tranne che a Roma. Chiede poteri speciali per la città. Quasi non nomina Virginia Raggi. E dell’ex ministro dell’Ecomomia, il blindato dal suo partito e favoritissimo ai gazebo, dice che «è facile stare al Mef quando si distribuiscono soldi». L’ex ministro, comunque vada, dovrà fare i conti con lei.

Per l’annuncio ha scelto le Officine Fluviali che sono come Roma dovrebbe: uno spazio «rigenerato» e bellissimo dove si possono fare tante attività diverse, lei parla dalla terrazza affacciata sul Gazometro e sull’Ostiense delle Fate Ignoranti, il sole di mezzogiorno «incoccia» i cronisti, ma lei non vuole interruzioni e sgrida chi le passa un bicchiere d’acqua: «Eddai, io parlo a braccio, non mi interrompere».

Mission impossible la sua, ma ne ha fatte altre: come organizzare il Pride a Roma nell’anno 2000 del Giubileo. Per l’occasione il sindaco Francesco Rutelli, ambientalista ed ex radicale, volle sposarsi in chiesa e alla parade concesse poi tolse il patrocinio del Comune. E ha fatto parte del pacchetto di mischia degli inventori del Gay Village.

Intorno a lei c’è il movimento Liberare Roma, l’ala sinistra della coalizione che sosteneva la senatrice Monica Cirinnà, madre delle unioni civili, fino a che il Pd non le ha chiesto di ritirarsi per non sottrarre voti a Gualtieri. Ora sosterrà «un’amica, una sorella», spiega Amedeo Ciaccheri, il presidente dell’VIII municipio ricandidato di tutto il centrosinistra. «Per battere il governo di questa città e la destra c’è bisogno di massima unità del campo progressista» dice l’eurodeputato Massimiliano Smeriglio, «Le primarie devono essere vive, non blindate e burocratiche», ogni riferimento al Pd è puramente causale, «servono per innescare un processo di partecipazione popolare fondamentale per rendere la coalizione competitiva. Siamo in una città dove Raggi e la destra sono in campo», ma è un eufemismo.

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