La nave rigassificatrice Golar Tundra comprata da Snam è arrivata nel porto di Piombino nel cuore della notte. Dopo prime indiscrezioni che la volevano pronta a battezzare la nave, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni non ci è andata, e non c’è andato nemmeno Stefano Venier, l’amministratore delegato della società.

Snam ha preferito mandare dei tecnici per un punto stampa, mentre l’unico che continua a esprimersi per difendere l’opera e l’ha aspettata in banchina è il commissario Eugenio Giani, il presidente della Toscana, che ha annunciato che «si rimette a Snam» e darà ancora tempo per trovare un sito alternativo al mega impianto largo 40 metri e lungo 300.

La nave sarà operativa a maggio e, secondo l’autorizzazione della Regione, non potrà rimanere nel porto di Piombino per più di tre anni. Dopo dovrà essere spostata, ma da quando è arrivato il via libera a ottobre, Snam non ha ancora indicato il sito alternativo come previsto, e Giani continua a dare tempo: «Perché Snam sta lavorando su questo molto seriamente: io mi rimetterò a Snam».

Elio Ruggeri, ad di Snam Fsru Italia, ha detto che ci stanno «lavorando». Ci sono due ipotesi «sia nell’alto Tirreno sia nell’alto Adriatico. Abbiamo la necessità di interloquire con le istituzioni locali e nazionali prima di poter ufficialmente presentare un nuovo progetto». Intanto manca ancora l’Autorizzazione integrata ambientale e si aspetta la sentenza del Tar.

La nave

Il problema politico è tutt’altro che risolto. Il Corriere della Sera alla vigilia dell’approdo ha ricordato che da quando il governo Draghi ha deciso che l’Italia si sarebbe dovuta dotare di due nuovi rigassificatori – uno a Piombino e uno a Ravenna – nella città toscana ci sono state quaranta proteste. Il sindaco, Francesco Ferrari di Fratelli d’Italia, ha presentato ricorso al Tar.

Meloni continua a tacere sul piccolo caso interno, mentre Giani, esponente del Pd, invita il sindaco meloniano a parlare con il suo governo e chiedere compensazioni invece della rimozione della nave.

Il tribunale amministrativo del Lazio ha rigettato la richiesta di sospensiva a dicembre, ma ancora non si è espresso sull’autorizzazione dell’opera. L’udienza dell’8 marzo ha portato a un rinvio al 5 luglio, per allora il gas, secondo Snam, dovrebbe già essere nei tubi. La società si sente «fiduciosa», per Giani tutto continuerà come da piani. Il sindaco invece spera che le cose cambino: «Che il presidente Giani, nonché commissario straordinario per l'opera, affermi pubblicamente che a prescindere dalla risposta del tribunale, essendo la nave in funzione quando arriverà la sentenza, continuerà ad operare, non è solamente falso ma anche offensivo nei confronti della città», ha affermato Ferrari.

Inoltre, ha ricordato il sindaco, manca ancora l’Autorizzazione integrata ambientale, tutti elementi che ancora non rendono certo né l’avvio né la permanenza del rigassificatore.

I piani di Snam

Snam ha acquistato la nave rigassificatrice Golar Tundra a giugno 2022 da Golar Lng Limited per un corrispettivo di 350 milioni di dollari (circa 330 milioni di euro). La spesa ricadrà sulle bollette come sempre accade per le infrastrutture regolate.

L’impianto è lungo 292,5 metri, largo 43,4 metri e alto circa 55 metri (altezza massima dalla chiglia al punto più alto) ed è dotato di quattro serbatoi di stoccaggio di Gnl, disposti nella parte centrale dello scafo, che dovrebbero aggiungere 5 miliardi di metri cubi all’anno. Le aste per aggiudicarsi le capacità «per i prossimi vent’anni» sono già partite, l’operazione è riservata, ma Eni è la prima indiziata, visto che l’amministratore delegato Claudio Descalzi ha tutto l’interesse a piazzare il metano della sua società e da mesi chiede nuovi rigassificatori. Ma ci sono anche Enel, Edison e i grandi trader internazionali.

Nonostante la crisi del metano, Snam punta ancora su un aumento dei consumi, ma anche delle esportazioni. La compagnia controllata dallo stato, presentando i dati il 16 marzo, ha infatti previsto una domanda di gas compresa tra i 68 e i 70 miliardi di metri cubi per l’anno in corso, quindi in calo rispetto alla domanda del 2021 (76,36 miliardi di metri cubi), ma in linea con un possibile progresso rispetto al dato del 2022 (68,68 miliardi di metri cubi), quando la domanda di gas è calata di 7,7 miliardi di metri cubi, ovvero del 10 per cento.

In particolare, nel 2022 la domanda residenziale è calata del 15,5 per cento, quella del termoelettrico, ovvero per la produzione di energia elettrica, del 3,3 per cento e quella dell’industria del 13,6 per cento.

Altro discorso invece per il metano complessivo che passa nei tubi. Nonostante la crisi e l’aumento dei prezzi abbiano ridotto i consumi, i tubi sono stati usati comunque: il gas iniettato nella rete è sceso solo da 75,8 a 75,4 miliardi di metri cubi, visto che sono triplicate le esportazioni verso nord. Il comune di Piombino non lo vuole, ma l’Italia continua a puntare sul metano. Il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, festeggia: «Con i rigassificatori a Piombino e Ravenna l’Italia colmerà il gap che resta rispetto all’importazione del gas dalla Russia, per poi proporsi come esportatore e snodo del gas europeo».

E ancora: «Dal prossimo anno potremo essere sempre più esportatori di gas verso l’Europa centrale». Il governo auspica che vadano sempre meglio gli accordi con l’Algeria e «che presto potremo riprendere a pieno l’utilizzo del gas libico; e poi il raddoppio del Tap dall’Azerbaigian», infine «quello che potranno fornire i nuovi giacimenti nel mar Mediterraneo orientale», ha spiegato Urso. In pole position l’Egitto, dove opera il Cane a sei zampe.

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