A margine dell’assoluzione di Silvio Berlusconi nel cosiddetto processo Ruby ter, su questo e altri giornali si è aperta una discussione sulla valenza politica di questo episodio.

Per alcuni, per esempio Mattia Feltri, l’esito del processo dimostra che la condotta di Berlusconi nei confronti di giovani donne è al di là di qualsiasi giudizio pubblico. Per altri, Luca Sofri, per esempio, l’assoluzione non riguarda presunte verità, ma solo il rispetto delle regole del diritto, che servono a garantire la migliore convivenza civile.

Anche per Sofri, dunque, la verità presunta o presumibile sulla valenza morale e politica dei comportamenti di Berlusconi non si deve collegare al processo. Su questo giornale, Federico Zuolo e Nadia Urbinati hanno sostenuto che invece la verità che il processo implica o adombra, pur non stabilendola, ha significato politico. Il garantismo, sostiene Zuolo, non può funzionare da meccanismo di isolamento, che blocca qualsiasi giudizio politico sui fatti che entrano nel processo.

Anzi, aggiunge Urbinati, l’assoluzione di Berlusconi ci libera dalla verità giudiziaria, permettendoci di giudicare Berlusconi come leader politico.

Problemi di etica pubblica

Ma i comportamenti problematici di Berlusconi che erano in ballo in questo e altri processi non sono tutti spiegabili nei termini di un giudizio sul leader o sul politico. Certamente, tali sono l’induzione alla falsa testimonianza, le regalie, o l’esposizione dell’allora presidente del Consiglio a potenziali ricatti. Ma ci sono questioni ulteriori, che riguardano una sfera che forse è solo indirettamente connessa alla politica, eppure non vi è del tutto slegata: una sfera che talvolta si definisce etica pubblica.

Che problema c’è se un politico difetta nella moralità personale? Nessuno, secondo alcuni. Un politico dev’essere bravo, efficiente, oppure deve seguire criteri di giustizia politica. Se lo fa, giudicare quel che avviene nella sua vita privata, i suoi vizi privati, è solo indebito moralismo o espressione di un inaccettabile stato etico.

Le cose stanno così, certamente, se i vizi privati sono assolutamente isolati, privi di alcuna conseguenza, totalmente slegati dal potere che il politico esercita, senza alcuna connessione col ruolo pubblico o la simbologia che ogni politico eletto in un certo senso incarna e mette in scena.

Ma ci sono casi del genere? Tornando a Berlusconi: si può non avere preclusione alcuna per le relazioni sessuali extraconiugali e ritenere che si possa scegliere liberamente di ottenere corrispettivi economici in cambio di favori sessuali.

Ma ci sono dubbi legittimi sul fatto che in situazioni come quelle in cui Berlusconi è stato coinvolto ci fosse reale libertà di scelta, date le asimmetrie di potere. E si può pensare che lo sfruttamento delle asimmetrie di potere, o delle diseguaglianze economiche, sia oggettivamente immorale: costringere persone deboli, per età e per posizione economica e sociale, a compiere azioni che non avrebbero compiuto altrimenti è una forma di sfruttamento e coercizione immorale.

La complicità dei politici democratici con condotte immorali è politicamente rilevante

Come dovrebbero giudicare i cittadini di una democrazia il fatto che un politico da loro eletto sia anche indirettamente complice di azioni oggettivamente immorali? Come ho detto, se queste azioni sono del tutto irrelate dal potere che i cittadini hanno concesso al politico, forse non si dovrebbe dare alcun giudizio, o almeno non si dovrebbe esprimere nessun giudizio politico.

Ma se il politico compie azioni oggettivamente immorali grazie al potere concessogli, cioè in virtù della posizione che occupa, allora le cose sono diverse. Quel politico abusa del potere e tradisce il mandato degli elettori, rendendoli complici involontari di un atto immorale.

La differenza fra un politico che, in nostro nome, dichiari una guerra ingiusta e un politico che, sempre grazie al nostro mandato, contribuisca, anche solo indirettamente, allo sfruttamento della prostituzione è solo di grado, forse.

Tutto questo significa che le condotte morali, anche private, dei politici possono avere significato politico, in democrazia. E questo non c’entra nulla, ovviamente, con il loro significato giudiziario. Ma non c’entra nulla neanche con la condotta politica: anche un politico pienamente rispettoso di principi di giustizia e democrazia (quindi né despota, né sultano, per riprendere i termini di Urbinati, presi a prestito da Bobbio e Sartori), in realtà tradisce il suo mandato se compie, avvalendosi della sua carica, atti oggettivamente immorali.

È per questo che i comportamenti di figure diverse come Piero Marrazzo o Domenico Lucano possono destare perplessità simili. Anche nel loro caso, il fatto di occupare una carica elettiva rende politicamente significative condotte che per privati cittadini potrebbero essere non problematiche.

La moglie di Cesare, si usava dire, dev’essere al di sopra di qualsiasi sospetto. Forse questo è eccessivo. Ma Cesare, sicuramente, dovrebbe rimanere lontano dal sospetto di stare usando indebitamente il potere che gli deriva dall’investitura del popolo.

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