Il tendone montato per l’occasione in piazza del Popolo a Roma si è subito riempito, nonostante fossero le tre del pomeriggio di un giovedì lavorativo. La festa per i dieci anni di Fratelli d’Italia è cominciata ieri all’invito hanno risposto militanti soprattuto dal Lazio ma anche da tutta Italia, parlamentari tutti precettati ad un passaggio e moltissimi giovani. «Non è Atreju», è stato l’esordio alla conferenza stampa di presentazione del responsabile nazionale dell’organizzazione, Giovanni Donzelli. In effetti, della festa storica di cui Giorgia Meloni è stata tra le promotrici è rimasto giusto il nome nella password del wi-fi della sala stampa.

Tutto il resto, invece, vuole essere la rappresentazione tangibile del partito che dal tre per cento è diventato di governo: ampie tavole rotonde per dare spazio ad ogni quota del partito, nessun invito a rappresentanti del centrosinistra, sfilata di ministri e spazi contingentati per i rappresentanti dei partiti alleati.

Tutto quello che vagamente ricorda la vecchia festa giovanile è stato confinato fuori dal tendone dei dibattiti, tra le casette natalizie montate per l’occasione. C’è quella della Gioventù nazionale, dove rimane spicca il cartonato di una sagoma umana in cui infilare la testa, con sopra scritto “Candidati anche tu alle primarie della sinistra”, con varie frecce a indicare gli occhi di tigre, i soldi dal Qatar, gli stivali di Soumahoro e il cane della Cirinnà. Accanto, stand che vendono presepi, gadget di Fratelli d’Italia, la casetta di babbo Natale e due ragazze vestite da elfi che ballano canzoni natalizie.

La giornata inaugurale detta il tono della festa e il messaggio complessivo è una apologia della leader, Giorgia Meloni. Dai maxischermi giganteggiano le sue fotografie che ripercorrono i dieci anni del partito e ogni tavola rotonda ha come focus il racconto identitario della parabola crescente dell’ex partito cenerentola del centrodestra berlusconiano, grazie alla giovane predestinata giù dalla vittoria al congresso giovanile dell’allora Alleanza nazionale.

Lo show di La Russa

Ad animare il dibattito è stato soprattutto il presidente del Senato, Ignazio La Russa. Dal suo insediamento ha abituato a toni non in linea con l’istituzionalità della seconda carica dello Stato – «altrimenti avreste dovuto eleggere un semaforo», ha detto - e anche in quello che ha definito «un ritorno a casa» non ha tradito le attese.

Nell’intervista con Bruno Vespa, si è lanciato in considerazioni sulla riforma costituzionale di tipo presidenziale, bandiera di FdI e dai contorni ancora indefiniti: «Ho sempre pensato che il semi presidenzialismo alla francese sia il modello istituzionale che garantisce il giusto equilibrio tra la storia italiana e la necessità di ammodernamento, ma quello degli Usa ha dato l'impressione di funzionare meglio, anche se dall'altra parte del mondo. Infine, il cosiddetto “premierato” creerebbe la possibilità di una maggiore adesione di larga parte dell'opposizione».

È intervenuto anche sul reddito di cittadinanza, che «va tolto a quel 25 per cento che lo ha percepito indebitamente» e perorato la causa a lui cara della cosiddetta mini-naja, che è stato un suo disegno di legge oggi ripresentato da FdI. C’è stato spazio anche per una battuta sul fascismo e per tuonare contro presunte delegittimazioni al governo: «Non puoi avere un'idea perché sei figlio o nipote di una storia, perché tuo cugino lontano l'abbiamo visto alzare un braccio», ha detto, spiegando che il suo obiettivo è la «pacificazione».

Affollatissima la platea, molti gli applausi, nessuno spazio per qualcosa che non sia la celebrazione del successo. Nei prossimi giorni il palco sarà dei ministri, per la chiusura di sabato lo spazio sarà tutto per la presidente del Consiglio, che concluderà la manifestazione.

Tra i toni festanti, però, aleggia il grande tabù: il candidato per le regionali del Lazio, la cui indicazione spetta a Fratelli d’Italia ma il nome ancora non c’è. Nelle settimane scorse si diceva che l’annuncio avrebbe dovuto arrivare proprio durante la tre giorni di piazza del Popolo, ma ora la questione sembra sempre più contorta.

Il primo dibattito della giornata sembrava proprio essere stato pensato per il grande annuncio che poi non c’è stato: i relatori erano il coordinatore della Provincia di Roma, della città, il capogruppo in regione e in comune e anche uno dei possibili candidati, il coordinatore regionale Paolo Trancassini, accolto da un lungo applauso ma nel suo intervento no si è lasciato scappare nulla più di una lunga lode a Meloni. Tutto rinviato, quindi. Ma gli alleati scalpitano, alla fine dei tre giorni la festa sarà finita e un nome andrà trovato.

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