Dopo un debutto durante il quale si sono consumate nella maggioranza divisioni su quasi tutti i provvedimenti, il prossimo scontro rischia di arrivare con la riforma dell’autonomia differenziata. Roberto Calderoli, ministro degli Affari regionali, vuole approvare la sua legge quadro entro la fine dell’anno e regalare così una vittoria al suo partito su uno degli argomenti del cuore della Lega nordista.

«Sono partito col turbo», ha detto il ministro in un’intervista a Libero ed effettivamente i presidenti di regione che l’hanno visitato al ministero nelle ultime settimane hanno già quasi tutti in mano la bozza che Calderoli vorrebbe presto presentare al Consiglio dei ministri. La legge quadro decide le regole che le regioni dovranno seguire nel negoziato con lo stato centrale per ottenere la devoluzione di materie che finora sono state di competenza di Roma.

Il ministro ha già stabilito per questa settimana un’ulteriore sequenza di incontri con conferenza delle regioni, Anci e delegazioni dei partiti per negoziare una proposta definitiva che possa accontentare tutti. «Solo così si arriverà a una soluzione condivisa e attuabile», dice il ministro, ma il problema più grande rischia di trovarlo negli alleati meloniani.

Le richieste delle regioni

Il via libera alla legge quadro aprirebbe le trattative tra regioni e stato centrale su tutta una serie di materie: sono ventitrè i dossier opzionabili. C’è chi, come l’Emilia-Romagna, ha chiesto l’autonomia solo su alcuni, chi non vuole proprio usufruire della possibilità come Puglia e Campania e chi invece ha messo gli occhi su tutte le competenze devolvibili come il Veneto.

Tra queste, gli ambiti di maggior peso sono infrastrutture e istruzione. Mentre nel primo dossier rientrano per esempio gli sforzi economici necessari per le Olimpiadi Milano-Cortina o gli investimenti sul porto di Gioia Tauro, il secondo vale quasi 50 miliardi di euro, con la maggior parte della spesa concentrata in Lombardia.

In questo ambito, oltre alla grossa quantità di soldi da maneggiare c’è anche una questione di merito dei programmi scolastici, su cui le regioni vorrebbero intervenire come succede già in Trentino-Alto Adige, integrando e affiancando le indicazioni che arrivano da Roma.

Il sospetto dei critici è poi che si voglia puntare su un’economia di scala che prenda a esempio la sanità regionale come è interpretata soprattutto in Lombardia, con un intervento che favorisca le scuole private convenzionate.

L’ostacolo più grande a questa iniziativa è però l’orientamento di Fratelli d’Italia, che pur avendo accettato di inserire l’autonomia regionale in programma in cambio della riforma sul presidenzialismo, ha una posizione storica totalmente contraria alla devoluzione dei programmi scolastici, che per i meloniani devono rimanere in mano allo stato centrale.

Difficile anche che la bozza di Calderoli soddisfi le ambizioni di Fratelli d’Italia sul rafforzamento dei comuni, più che delle regioni: dopo la perdita del contributo dell’Ici hanno dovuto fare a meno della loro principale fonte d’entrate, mai compensata dallo stato centrale.

I meloniani per il momento possono però solo prendere atto che sui dossier che stanno loro più a cuore e che sono in mano ai ministeri presidiati dagli alleati si registra calma piatta: nessuna novità sul presidenzialismo, che dovrebbe essere preso in carico dalla ministra delle Riforme Maria Elisabetta Casellati, né sulla riforma dei poteri speciali da concedere a Roma capitale. «Un passo alla volta» dicono dal ministero di Calderoli su questo punto.

La procedura

Secondo quanto filtra sulla bozza, la trattativa per l’ottenimento delle autonomie dovrebbe essere piuttosto breve: la richiesta della regione andrebbe presentata alla presidenza del Consiglio, che inoltrerebbe il documento alla commissione Affari regionali, dove in attesa del via libera del ministero dell’Economia dovrebbe stazionare 30 giorni.

Il parlamento sarebbe completamente esautorato dal merito dell’accordo, se non per un parere della commissione Affari regionali e il negoziato avverrebbe solo tra i due governi.

È importante conoscere la procedura che ha in mente Calderoli per comprendere perché la Lega è convinta di avere già in tasca il provvedimento. Chi conosce bene il dossier dice che per portare a casa la riforma in chiave leghista è necessario il presidio del ministero degli Affari regionali, di quello dell’Economia e di quello delle Infrastrutture.

Sono infatti questi due i dicasteri che devono dare assicurare le coperture economiche necessarie e gestire la materia delicata della perequazione strutturale. L’attuale governo vede tutti e tre gli incarichi in capo alla Lega: al più importante, l’Economia, c’è Giancarlo Giorgetti, uno dei leghisti più vicini ai presidenti di regione del Carroccio. Al nord sono ottimisti sul provvedimento, l’attesa è tutta per come la prenderà FdI.

© Riproduzione riservata