A dare una mano per la pace degli ombrelloni, sul ddl Concorrenza e soprattutto sul nodo delle concessioni ai balneari, sarà il nuovo gruppo centrista che chiede formalmente di entrare nella maggioranza draghiana.

I rappresentanti di Coraggio Italia alla Camera e della componente Italia al Centro al Senato sono stati ricevuti da Mario Draghi: c’erano Marco Marin, Paolo Romani, Gaetano Quagliariello e il presidente della Liguria Giovanni Toti. Una visita per ufficializzare la richiesta di ingresso nella maggioranza. E per ricordare che «in commissione industria del Senato abbiamo tre voti», spiega Romani. Dettaglio maliziosamente cruciale.

Oggi, alla riunione dei capigruppo al Senato, il ddl concorrenza si incamminerà sulla strada dell’approvazione entro maggio, come chiesto dal premier nella lettera inviata la scorsa settimana alla presidente del Senato Elisabetta Casellati (accolta con stizza, come si trattasse una lettera di richiamo, e girata subito ai componenti della commissione industria).

Ieri Matteo Salvini e Enrico Letta hanno continuato a lanciarsi dichiarazioni di fuoco. Ma è la campagna elettorale, bellezza.

Il compromesso di Garavaglia

Da Forza Italia spiegano che «il testo del ddl concorrenza è ancora incerto» ma si va verso l’accordo. Anche da nel Pd c’è ottimismo. Spiega la presidente dei senatori Simona Malpezzi: «Sono stati sciolti tutti i nodi, manca quello sui balneari, ma l’ultima ipotesi di versione arrivata la scorsa settimana può essere considerata accettabile. Si può trovare un punto di caduta senza che nessuno pianti una bandierina elettorale».

In sostanza si tornerà alla mediazione del ministro del Turismo, Massimo Garavaglia, ma senza esibirlo troppo, spiega un senatore del Pd, «altrimenti FI e Lega dovrebbero spiegare perché pochi giorni fa lo hanno sconfessato». Ormai la destra di governo preferisce chiudere la vicenda, ed evitare che si torni al testo originale, come ha minacciato di fare il premier. Sarebbe un regalone alla propaganda di Fratelli d’Italia. Anche perché, sbotta un senatore azzurro, «siamo tutti esasperati dai balneari, litigiosi ed ingrati».

Appuntamento alle tre del pomeriggio alla riunione dei capigruppo a palazzo Madama. L’aria che tira si capirà mezz’ora prima quando i presidenti incontreranno il ministro dei Rapporti con il parlamento Federico D’Incà. In questa occasione si dovrebbe risolvere un altro degli inciampi previsti sulla strada del governo, ovvero il voto contro l’invio delle armi in Ucraina che il M5s ha chiesto in occasione delle comunicazioni del premier prima della partecipazione al Consiglio europeo straordinario del 30 e 31 maggio a Bruxelles.

Da palazzo Chigi viene spiegato che la richiesta non è arrivata. Dunque con ogni probabilità le comunicazioni non si terranno, e perciò neanche il voto: per una serie di «technicalities», viene spiegato. Primo, la richiesta di far tornare il premier in aula è solo del M5s; secondo, il tema dell’invio delle armi non è all’ordine del giorno del consiglio europeo, non avrebbe senso votare una mozione sul punto. I Cinque stelle faranno qualche rimostranza, viene assicurato, ma non si impunteranno.

L’inceneritore

E così Draghi ha disinnescato due grossi ordigni sulla strada della tenuta della maggioranza. C’è n’è un terzo, ed è l’inceneritore romano che il sindaco Roberto Gualtieri ha deciso di costruire utilizzando i poteri da commissario straordinario per il Giubileo contenuti nel decreto Aiuti.

Il testo è arrivato nella commissione bilancio, che la deve esaminare insieme alla commissione finanze. Ma il voto slitta a dopo i ballottaggi: né Pd né M5s hanno fretta di arrivare a uno scontro. Domani iniziano le audizioni. Data la valanga di richieste, gli “auditi” presenteranno delle memorie. Saranno sentiti i ministri delle infrastrutture Giovannini, della transizione ecologica Cingolani e dello sviluppo economico Giorgetti, l’ufficio parlamentare per il bilancio, i sindacati, i comuni e Confidustria.

Il termine per la presentazione degli emendamenti è il 9 giugno. Per allora, sperano i negoziatori del Movimento, si troverà un compromesso. Per ora sul tavolo c’è una proposta dei Cinque stelle che fa leva sul piano regionale dei rifiuti del Lazio e sulla principio europeo ambientale Dnsh, Do no significant harm. Il piano scritto da Nicola Zingaretti e benedetto dalla assessora alla Transizione Roberta Lombardi, non prevede nuovi impianti.

I poteri del commissario servono appunto ad andare in deroga a quel piano, ma i Cinque stelle provano a invocarlo. Aggiungendo il riferimento alla norma europea che prevede che tutte le misure dei Pnrr debbano soddisfare il principio di «non arrecare danno significativo agli obiettivi ambientali». Nel caso specifico i danni sarebbero all’economia circolare l’incenerimento dei rifiuti causa «danni ambientali significativi a lungo termine».

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