Era a una festa di compleanno indossando una kippah quando un bambino di undici anni si è sentito dire: «Peccato che non siamo in anni precedenti o ti avremmo potuto bruciare». L’episodio è stato raccontato dal presidente della comunità ebraica torinese, Dario Disegni, che ha aggiunto come il bambino sia poi stato deriso dai compagni di scuola. 

Disegni ha raccontato la vicenda durante la commissione “Segre” del Comune, che analizza i fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo e istigazione all’odio e alla violenza. Per il presidente l’episodio, che gli è stato riferito dal padre stesso del bambino, «è un segnale inquietante. Mi chiedo dove sentano certe cose e quale sia il ruolo delle famiglie». Secondo Segni, sono parole che «è preoccupante che serpeggino tra i ragazzini».

Il  fenomeno

Nella riunione della commissione presieduta da Abdullahi Ahmed, il presidente ha anche presentato i dati aggiornati sul fenomeno: «Circa il 10 per cento degli italiani è censito come antisemita, ma c’è un antisemitismo serpeggiante molto superiore». Per sconfiggerlo, dice Disegni, servono «due armi fondamentali: l’educazione e la cultura». Inoltre, per Disegni, c’è anche da tenere presente il rischio di «demonizzazione dello Stato di Israele, e non intendo la libera dialettica su scelte politiche che è oggetto di discussione anche fra i cittadini israeliani. È una cosa che ci preoccupa. Se si fanno eventi in cui si accusa Israele di essere uno Stato razzista e che pratica l’apartheid si fanno accuse infamanti, storicamente false e che finiscono per spostare l’odio verso Israele nei confronti delle comunità ebraiche. Sono atteggiamenti che ci preoccupano».

Per accendere un faro sul problema è in programma per il prossimo 23 marzo una marcia in memoria del partigiano Emanuele Artom, ucciso dai nazifascisti, a cui parteciperanno gli studenti delle scuole torinesi. È anche in corso una trattativa con il comune per dare una sede al centro studi Primo Levi «perché non si possono affrontare meglio temi quali la Shoah a Torino se non attraverso la lente di Levi, che ne fu testimone d’eccellenza ed è stato un grande torinese».

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