I benzinai si sentono vittima di un affronto da parte del governo e per ora confermano lo sciopero per il prossimo 25 e 26 gennaio: «Il governo si è messo in una situazione dalla quale non sa uscire», dice Roberto Di Vincenzo, segretario dell’associazione di categoria Fegica-Cisl.

Due i temi che hanno fatto precipitare di nuovo il dialogo tra i distributori e l’esecutivo: domenica è stato pubblicato in Gazzetta ufficiale il cosiddetto “decreto benzina”, che inasprisce le sanzioni contro i gestori; ieri poi l’Autorità Antitrust, presieduta da Roberto Rustichelli, è tornata alla carica con “le difformità” nelle comunicazioni dei prezzi dei carburanti.

Oggi si riunirà al ministero delle Imprese il tavolo tecnico con le associazioni, e il clima sarà tutt’altro che pacifico: «Se si aspettano che noi gli mettiamo il bollo tondo per migliorare un decreto che non va, dovranno capire che non siamo nella condizione di fare i kapò della nostra gente», prosegue Di Vincenzo.

Il decreto

Venerdì il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha chiesto ai benzinai di aspettare la pubblicazione del nuovo decreto prima di emanare il verdetto. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha già fatto infuriare la categoria scaricando addosso a loro l’aumento del costo dei carburanti, parlando di presunte «speculazioni». In realtà, i prezzi hanno iniziato a salire a seguito del rincaro delle accise.

Dopo aver varato il decreto, prima della sua pubblicazione in Gazzetta, l’esecutivo ha cercato di riallacciare i rapporti con le associazioni dei distributori. Ma invano. L’ultima versione del provvedimento, infatti, ha riproposto quello che era stato annunciato a parole dopo il Consiglio dei ministri: ogni distributore deve mostrare il prezzo medio stabilito dal ministero dell’Ambiente, accanto a quello proposto al cliente finale.

In caso di violazione delle disposizioni si applica una sanzione amministrativa pecuniaria, che va da 500 euro a seimila euro. Dopo la terza violazione, può essere disposta la sospensione dell’attività per un periodo non inferiore a sette giorni e non superiore a novanta giorni.

«Non può scaricare questa tensione su una categoria, che per ammissione dei ministri Giorgetti e Adolfo Urso è stata corretta ci hanno detto che siamo stati adempienti così come non abbiamo fatto speculazione», dice Di Vincenzo.

Il presidente nazionale della Figisc Bruno Bearzi avverte che «se nell’incontro al Mimit non si riparte dal decreto si conferma lo sciopero». I prezzi dei carburanti, spiegano i benzinai, sono già oggi tra i più controllati. «Valuteremo se il governo ha intenzione di accogliere le richieste della categoria o meno. E prenderemo le decisioni conseguenti», aggiunge Faib Confesercenti. Per le associazioni, l’inasprimento delle sanzioni è inaccettabile: «Ben venga maggiore trasparenza ma si eliminino adempimenti che risulterebbero inutili e si riveda il sistema sanzionatorio, senza duplicazioni e senza accanimenti».

Non vogliono altri cartelli: «Se si vuole un nuovo cartello – sottolinea Faib – significa che quelli che ci sono non sono utili. E allora li si eliminino e si razionalizzi la giungla cartellonistica». Il problema reale per le sigle è la diffusa illegalità fiscale e contrattuale, superiore ai 13 miliardi l’anno. Una situazione che deriva dal fatto che «oltre il 30 per cento dell’erogato sia in evasione Iva quando non anche di accise». Ma di questa nessuno parla.

L’indagine Antitrust

A inasprire ulteriormente il clima ci ha pensato l’Autorità garante della concorrenza e del mercato. L’Agcm, con l’ausilio della Guardia di finanza, ha svolto ispezioni nelle sedi delle società Eni, Esso, Ip, Kuwait Petroleum e Tamoil. L’Autorità ha avviato delle istruttorie sulla base della documentazione fornita dalla Guardia di Finanza in merito alle infrazioni accertate sulla trasparenza dei prezzi dei carburanti. In tutto, sono oltre mille pompe di benzina: marchio Eni 376, marchio Esso 40, marchio Ip 383, marchio Kuwait 175, marchio Tamoil 48, distribuite su tutto il territorio nazionale.

I dati trasmessi dalla Gdf farebbero emergere in primo luogo da parte delle compagnie petrolifere omessa diligenza sui controlli rispetto alla rete dei distributori, in violazione del Codice del Consumo. In numerosi casi è stata certificata la difformità tra il prezzo pubblicizzato e quello più alto in realtà applicato; in altri è stata riscontrata l’omessa esposizione del prezzo praticato, ovvero l’omessa comunicazione al portale “Osservaprezzi Carburanti”, utile al consumatore per trovare la pompa con il prezzo più basso.

L’Eni ha fatto sapere che sarà pienamente collaborativa, mentre l’Unione energie per la mobilità, di cui fa parte il Cane a sei zampe, si è detta certa «che l’approfondimento con le aziende associate consentirà di comprendere le diverse e molteplici fattispecie contrattuali adottate dalle aziende e far emergere la piena correttezza del comportamento delle aziende».

I distributori si preparano a dire la loro in una conferenza stampa congiunta all’Hotel Nazionale il 19 gennaio: «Davanti al parlamento», sottolinea Di Vincenzo, e lì esprimeranno la loro posizione dopo quello che gli farà capire il governo il 17 gennaio. Intanto, il decreto è arrivato in parlamento; le associazioni invieranno delle lettere per cercare, in particolare, una sponda nei capigruppo della Camera.

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