Forza Italia è in un limbo obbligato. Dopo il passo indietro di Silvio Berlusconi per «responsabilità nazionale», tutto si è fermato: il Cavaliere non sta bene ed è ricoverato al San Raffaele. Ufficialmente per controlli: «Il presidente sta bene, sappiamo tutti che è un leone e tornerà presto a ruggire», si è affrettata a precisare la senatrice Licia Ronzulli, che è la voce di Berlusconi quando lui non può parlare.

Eppure, la sua assenza pesa e blocca ogni passo avanti nel centrodestra. Dopo il ritiro del leader di Forza Italia, Matteo Salvini e Giorgia Meloni non vogliono strappi nè perdere per strada i 129 voti azzurri, dunque il centrodestra deve rimanere unito. Ma perchè sia così serve Berlusconi: «Non si può prendere una decisione sul candidato al Colle parlando con la Ronzulli», commentano dal tavolo dell’alleanza.

Dunque è stallo: nella vigilia della prima chiama il centrodestra rimane fermo, sperando che nelle ore prima del voto ci sia margine per riunirsi e parlare seriamente del nome da proporre.

Il punto fermo, almeno sulla carta, per Forza Italia rimane il no a Mario Draghi che «deve rimanere a palazzo Chigi». Eppure, anche questa posizione potrebbe ammorbidirsi, alle giuste condizioni. Ovvero: rassicurazioni sul nuovo governo o addirittura palazzo Chigi nelle mani di un premier di area centrodestra.

A Berlusconi, però, serve il tempo tecnico di assorbire sia il ritiro forzato che il contraccolpo psicologico, poi dovrà individuare la giusta contromossa per non finire tagliato fuori dalle trattative.

Nello stallo, infatti, è un vorticare di nomi e il primo della lista sarebbe quello di Pierferdinando Casini, seguito da quello della presidente del Senato di Forza Italia, Elisabetta Casellati e da Franco Frattini (a entrambi Luigi Di Maio avrebbe promesso i voti dei Cinque stelle) e Marcello Pera, sempre d’area forzista. Nomi che, però, non piacciono al Cavaliere il cui orgoglio rimane ferito: il candidato non ha potuto essere lui e non può permettere che lo diventi uno del suo stesso partito.

Dunque l’alternativa preferita, a condizioni invariate, rimane un Mattarella bis.

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