Bettini: «Per il Pd non c’è un’alternativa a Conte. Schlein? Brava, ma bisogna allargare»

«La sconfitta è secca e va presa sul serio». Goffredo Bettini non gira intorno al risultato delle regionali calabresi. «Hanno pesato ragioni locali. Lo scarso radicamento dei partiti progressisti. La brevità della campagna elettorale imposta da Occhiuto. Non è bastata la generosa e autorevole candidatura di Tridico. Ma ci sono anche problemi di fondo». Calabria, Occhiuto vince e porta la destra sul 2-0. Ma in Campania è scontro Quali? La destra è rocciosa. Non basta l’attacco propagandistico o la manovra parlamentare. Meloni ha governato malissimo, ma arriverà a fine legislatura. Si è messa sotto l’ombrello di Trump. Grazie al Pnrr, strappato da noi e Conte, il paese non è entrato in recessione. Cavalca i temi della sicurezza. Insomma, appare come un elemento di stabilità, di fronte a un’opposizione che ancora stenta a diventare una concreta alternativa. La segretaria si è spesa molto, per esempio nelle Marche. Elly Schlein ha fatto il suo dovere e va ringraziata. Ma sarebbe magnifico se la sua presenza bastasse a cambiare un risultato che ha ragioni profonde. Fare il pieno dei propri voti, radicalizzare l'offerta politica, come dice Franceschini, è un rischio? Franceschini ha detto che di fronte a un astensionismo strutturale non è necessaria la ricerca di una figura stinta che accontenti un po’ tutti. Occorre una leadership chiara, empatica e in grado di motivare intanto i nostri. Giusto. Ma il tema che ci sta dinanzi è lo sfarinamento della democrazia, la solitudine delle persone, la marginalità, non solo per ragioni di reddito. Non è semplice arrivare lì. Ma è indispensabile, e per farlo serve un gruppo dirigente, colto, plurale e autorevole. Le Marche dimostrano che alla sinistra manca un progetto-paese. Non basta l’unità Vi manca il “centro”: perché? Ho invocato questa necessità nel 2020, ebbi risposte liquidatorie, anche dal mio partito. Ora, per fortuna, stanno emergendo diverse esperienze che vanno in questa direzione. Il 20 ottobre ci sarà un’assemblea di amministratori a Roma, promossa da Alessandro Onorato, alla quale parteciperanno un grande sindaco, Gaetano Manfredi, e una grande speranza della politica progressista come Silvia Salis. Sotto la regia di Renzi? Renzi è un’opportunità. Ha detto che aiuterà un nuovo progetto, con nuovi protagonisti, senza la pretesa di guidarlo. M5s paga l'alleanza, anche quando ha un suo candidato. Per questo Conte è riluttante? Andare alle politiche senza i Cinque Stelle significa non aprire neppure la partita contro Meloni. Conte ha pagato un prezzo nell’alleanza con il Pd, ma ha tracciato una strada. Si è liberato di Casaleggio e Grillo. Ha governato bene il paese con noi e ha trasformato il movimento in un partito che aspira a governare. Riaprire la polemica sull’alleanza è un atteggiamento settario e inconcludente. C’è un’alternativa credibile? No. Questo è dirimente. Nel segno di Meloni, Acquaroli rivince nelle Marche (e sblocca il Veneto) Dunque è una scelta di necessità? Non rischiate di essere percepiti una coalizione senz'anima? Sì, infatti occorre rendere chiaro il passo indietro di civiltà democratica che il mondo e l’Italia hanno compiuto negli ultimi decenni. Sulla politica estera. Sul progetto europeo, i salari, lo stato sociale. Ascoltando oggi le parole di Andreotti o di Craxi sul problema palestinese, misuriamo l’enorme involuzione del dibattito democratico. Ma finché dal mondo dell’astensionismo non arriva un sussulto sarà difficile vincere. Schlein deve mettere i leader intorno a un tavolo e lanciare un progetto? Sì, e non basta. Elly ha fatto un miracolo dalla sua elezione. Ora occorre allargare, allargare e ancora allargare. Dovrebbe mettere intorno a un tavolo anche il Pd, che al suo interno ha distanze forti, per esempio in politica estera? Su questo occorre un grande confronto interno, coinvolgendo anche gli iscritti. Sulla pace e sulla guerra si sono fondati partiti, o si sono divisi. Formule di compromesso non convinceranno l’opinione pubblica. Il dubbio sulla leadership rallenta la costruzione della coalizione? Non è il momento di discutere la leadership. È il momento di riconnettere l’alleanza su una speranza di alternativa. Sapendo, che dopo le Marche e la Calabria, verranno Giani con la Toscana, Decaro con la Puglia e Fico con la Campania. Possiamo vincere dappertutto e allora le considerazioni sui nostri destini si potranno svolgere in un clima più sereno e di fiducia. Perché dalle piazze pro-Pal non avete raccolto niente? Ho un sussulto di ammirazione per i cortei contro il genocidio dei palestinesi. Un sentimento spontaneo contro una forza brutale esercitata contro una debolezza senza difese. Ma guai a mettere il cappello su questo movimento. Va valorizzato e accompagnato, con il ruolo che spetta a un grande partito come il Pd; che va oltre l’immediato e insegna e trasmette la complessità della storia e l’importanza della pace fondata sul dialogo. Proteste pro-pal e prof “sospesi”. Cosa succede nelle università Ma gli striscioni che inneggiano al 7 ottobre sono inguardabili. E anche gli onori tributati a Francesca Albanese. Sì, e invocare “Palestina dal fiume al mare” significa cancellare Israele. Inaccettabile. Albanese ha utilizzato formulazioni del tutto inappropriate. È molto competente, si dedica a contrastare il martirio dei palestinesi. Ma non è abituata al confronto politico. Svalutare la testimonianza della senatrice Segre sulla Shoah è un errore madornale. Le parole dei sopravvissuti sono uno scrigno prezioso dal quale continuamente attingere.