«Dov’è la sinistra? La sinistra non c’è più». Giovedì sera, Goffredo Bettini prepara mentalmente una scaletta di ragionamento per la festa dell’Unità di Roma. Dovrà respingere la narrazione che lo vede il capo della corrente «O Conte o morte», «mai detto né pensato, piuttosto Zingaretti ed io eravamo consapevoli che l’azione del governo Conte andava rilanciata, e a fine 2020 l’ipotesi Draghi non era in campo».

Poi dovrà respingere l’etichetta di essere un democratico antiDraghi, «ma figuriamoci, è l’ottimo premier di un governo d’emergenza, frutto di uno stato di eccezione. E qualsiasi ruolo avrà deve rimanere il garante della Repubblica». Qualche giorno fa lo ha incontrato, ma non lo conferma. «Il Pd deve non solo incidere nell’agenda Draghi ma anche e soprattutto prepararsi al dopo. Quando destra e sinistra torneranno a confrontarsi». In questo senso «è giusto aver superato l’isolamento in cui ci ha cacciato Renzi. Che non è tanto il 18 per cento del marzo 2018, il nostro minimo storico, ma l’isolamento in cui era finito il Pd». Prima Zingaretti e ora Letta hanno «giustamente» cambiato strada. Ma per andare dove?

«A me non convince l’idea di un’alleanza in due tempi, prima il centrosinistra e poi l’apertura ai Cinque stelle. Vorrei che qualcuno mi spiegasse: prima Calenda e Renzi? E cioè i due chiamiamoli liberali che a Roma combattono ogni giorno contro il nostro candidato Gualtieri?».

E comunque il vero problema viene prima delle alleanza, sostiene Bettini, ed è inficcato nel profondo del Pd. Un grumo rimosso, un guaio di cui non si può parlare. «Viene giustamente detto da Letta che prima di tutto il Pd deve insistere sulla sua identità. Bene. Ma diciamoci la verità: il Pd sull’identità è spaccato come una mela, da una parte i cosiddetti liberali, dall’altra la sinistra e i cattolici di ispirazione sociale. Due parti che rischiano di interdirsi reciprocamente, e che spesso immobilizzano l’azione del partito».

Secondo problema: «Guardiamo cos’è la sinistra dentro il Pd: siamo tanti francobolli». Un gesto nell’aria accompagna l’elenco filatelico: «Dems di Andrea Orlando e Peppe Provenzano, Radicalità per ricostruire di Gianni Cuperlo, cattolici democratici, ex zingarettiani...». «Fuori dal Pd è lo stesso», e anche qui un gesto sfoglia «Art.1, («Ho fatto un dibattito con i liguri, bellissimo, alla fine ci siamo chiesti: ma perché non stiamo nello stesso partito?»), ma anche Sinistra italiana, la rete di Liberare Roma, le mille reti civiche…». «Quando, con altri, ho lanciato l’area culturale Agorà» – che ora non si chiama più così, per cortesia cavalleresca verso le Agorà democratiche del segretario Letta – «è stata l’esito di una riflessione iniziata quattro anni fa con un libro che si intitolava proprio Agorà. Ma l’idea non era e non è quella di creare l’ennesima corrente, l’ennesimo francobollo della sinistra. Abbiamo invece scelto il terreno di una ricerca».

Da lì arriva la proposta di oggi: «Proviamo a mettere in rete tutte le sinistre. Quelle dentro e quelle fuori il partito. Non possiamo più sottrarci al compito di ricostruire l’unità delle forze della sinistra». Alla festa dell’Unità il primo annuncio, poi il 29 luglio a Roma, alla Villetta (quartiere Garbatella, all’anteprima della festa Visionaria) un primo confronto fra le diverse anime sulla «sinistra in campo»: il ministro Orlando, l’eurodeputato Massimiliano Smeriglio e naturalmente lo stesso Bettini. Magari in vista di un candidato comune al congresso del Pd, quando sarà? «Vedremo. Per ora mi accontento riunire i mille rivoli. Chiudiamo la stagione dei francobolli».

© Riproduzione riservata