La Lega torna a essere sempre più lombardo-veneta e sempre meno nazionale, mandando in frantumi il sogno di Matteo Salvini. L’obiettivo era quello di radicarsi anche al sud e archiviare l’immagine di un partito ancorato al nord, come testimonia il noto slogan “Prima l’Italia”. Ma le ambizioni non corrispondono alla realtà. E non si tratta solo della sfida lanciata dall’ex deputato, Gianluca Pini, intenzionato a rianimare lo spirito padano del Carroccio.

I numeri contenuti nei bilanci pubblicati dal partito Lega Salvini premier (Lsp), e dalle relative articolazioni regionali, sono già un indicatore del ritorno alle origini settentrionali. Il dato principale riguarda la voce delle «quote associative annuali», gli introiti degli iscritti alla forza politica salviniana: nel 2021 il partito nazionale ha incassato appena 31.859 euro in netto calo ai 222.306 euro; un -190 mila che non passa inosservato. Ancora più significativo il raffronto con il 2019, quando il partito aveva messo nel proprio rendiconto 563 mila euro legati solo ai tesseramenti. Il livello raggiunto è addirittura inferiore al 2018, quando la cifra era di 65 mila euro incassati, nonostante si trattasse della fase di transizione dalla vecchia Lega a quella attuale.

Numeri amari

14/05/2022 Roma, Convention L'Italia che vogliamo della Lega con Matteo Salvini

Del resto che qualcosa fosse cambiato, era emerso fin dalla ripartizione dei fondi del 2 per mille (la quota che i contribuenti possono assegnare, indicando un apposito codice, alle forze politiche nella dichiarazione dei redditi), che nello scorso anno ha portato nelle casse un milione e 822mila euro, facendo registrare una flessione di oltre mezzo milione di euro in confronto ai dodici mesi precedenti, quando l’incasso dal finanziamento pubblico ammontava a 2 milioni e 327mila euro.

Numeri difficili da mandare giù, che sono meno amari solo per un motivo: la crescita del tesseramento nelle regioni simbolo del leghismo, la Lombardia e il Veneto, che controbilancia l’emorragia di introiti al soggetto nazionale. Il nodo non è relativo a un calo complessivo di risorse con il tesseramento, bensì nella geolocalizzazione.

E in particolare nella difficoltà a raggiungere il tanto agognato Mezzogiorno, dove le quote associative forniscono un ricavo marginale, spesso sotto i 20mila euro.

La Lega lombarda per Salvini premier ha ottenuto 358.612 euro grazie alle quote associative versate nel 2021, con un’impennata di 142mila euro, accertata da Stefano Borghesi, amministratore della “diramazione” della Lombardia.

Una performance che non è stata pareggiata nemmeno dalla Liga Veneta per Salvini premier, affidata all’ex sottosegretario Massimo Bitonci, che ha messo a bilancio 223.230 euro di risorse per le iscrizioni a fronte dei 152.150 euro del 2020. In Piemonte, la Lsp ha ricavato 58.134 euro di quote annuali, con una crescita di 21 mila euro rispetto al precedente anno, ma molto lontano dai dati lombardi.

Qualche ragione per essere soddisfatti arriva dall’Emilia-Romagna con un aumento di 30 mila euro per gli iscritti e dalla Toscana con +17mila euro. Ma qui finiscono le buone notizie. In Liguria, territorio in cui la Lega è molto radicata, il trend è stato negativo: dai 60mila euro del 2020 si è passati ai 19mila e poco più del 2021, con un calo superiore a 40mila euro.

La perdita divora la crescita emiliana e una bella fetta di quella in Toscana. Nel Lazio la flessione è di oltre seimila euro con un totale di quote associative per 37.880 euro.

Al sud

Spostandosi al sud i dati sono spesso orientati verso il basso. In Sardegna l’introito si ferma a 9.045 euro in lieve flessione rispetto ai precedenti 10.450 euro. Un trend simile alla Puglia, dove l’incasso per gli iscritti scende a 9.695 euro dai 12.140 del 2020.

Non va meglio in Campania dove nel rendiconto sono stati inseriti introiti per 17.690 euro, circa quattromila euro in meno. In Basilicata e in Molise, poi, si parla di cifre totali al di sotto di duemila euro. Le uniche regioni in controtendenza nel Mezzogiorno sono la Calabria e la Sicilia, con quest’ultima che ha superato il tetto di 35mila euro di introiti per le quote associative.

Il perimetro del sostegno era peraltro già circoscritto dalla ripartizione geografica dei contribuenti, che hanno destinato il 2 per mille al partito di Salvini. Su 162mila cittadini che hanno scelto il codice della Lsp, 58.055 sono lombardi e 25.283 veneti. Praticamente più della metà arrivano dalle principali regioni di riferimento della Lega.

Conteggiando anche i 15.404 contribuenti del Piemonte, le tre regioni del nord coprono quasi due terzi delle risorse provenienti dall’unica forma di finanziamento pubblico, prevista dalla legge. Senza dimenticare che dalla Lega nord, il “vecchio” Carroccio che Pini vuole rianimare, ha ricevuto dal 2 per mille 485.090 euro. In questo caso i contribuenti sono 44.487, di cui 18.264 del Veneto e 15.802 della Lombardia.

I parlamentari

La disfida si gioca, infine, anche su un altro terreno, quello delle donazioni dei parlamentari: sono i tremila euro che ogni eletto versa. Come era prevedibile, la Lega per Salvini premier la fa da padrona. Resistono, tuttavia, ancora tanti fedelissimi del Carroccio, tra cui spicca il ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, che in tutto il 2021 ha dato in totale 36mila al partito fondato da Umberto Bossi.

La stessa cifra del ministro del Turismo, Massimo Garavaglia, e giusto qualche centinaio di euro in meno in confronto al senatore Roberto Calderoli. La famiglia partitica è sempre la stessa leghista, ma il legame di alcuni big resiste al vecchio brand. Per una Lega che resta padana, nel suo dna. E anche nei bilanci.

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