Il presidente dem: «Nel Pd si discute poco? Raccolgo l’appello, ma non per parlare di alchimie». «Caso Almasri, i torturatori vadano in galera. Non ci sono le condizioni per patti con la Libia»
Stefano Bonaccini (presidente del Pd e eurodeputato, ndr) in questi giorni le opposizioni si sono unite sulla vicenda della liberazione del torturatore libico Almasri. Ma se il Pd fosse al governo, cosa avrebbe fatto? Avete una linea sull’immigrazione?
Mi perdoni, ma è il governo a non avere una linea. Hanno annunciato una caccia per tutto il globo terracqueo, cito testualmente Giorgia Meloni, e poi rimpatriano con volo di Stato e condizioni privilegiate un torturatore riconosciuto, e colpito da mandato di cattura internazionale. Hanno speso ormai un miliardo di euro per una cattedrale nel deserto in Albania che non ha mai visto un solo trattenuto, ma solo agenti senza occupazione. E con tutto questo il problema è l’opposizione? Noi i terroristi e gli scafisti siamo per metterli in galera. E crediamo che chi ha diritto di protezione debba essere accolto. E che gli agenti di polizia debbano essere invece impegnati sul territorio per la sicurezza delle nostre città.
La destra evoca come matrice della sua politica sull’immigrazione la vostra “dottrina Minniti”. Ma con il Pd di Elly Schlein quella non è più la linea del Pd. O lei salva qualcosa?
Minniti non ha mai liberato terroristi e ha fatto un lavoro molto importante per la sicurezza delle nostre città. Esattamente il contrario di quanto sta facendo il governo ora. Se il riferimento è invece alla Libia, è evidente che non ci sono le condizioni minime di qualsivoglia accordo con chi viola sistematicamente i diritti umani.
La linea di Giorgia Meloni, quella dell’esternalizzazione delle frontiere e dei centri in Albania, è in realtà un’anticipazione delle future scelte europee?
È la negazione del diritto comunitario, come si è visto. E davanti a questo fallimento, credo che pochi proveranno a copiare Meloni.
Elon Musk sta rimettendo insieme un’internazionale nera, Trump minaccia dazi e si prepara a lasciare sola l’Europa nell’aiuto alla resistenza ucraina: la Ue si sta già sfaldando?
È un rischio reale: mai come in questo momento tutte le superpotenze sperano in un’Europa divisa. Da Putin a Trump, in primo luogo. Per questo la risposta dovrebbe essere quella opposta: rafforzare l’Unione europea, superare il diritto di veto, cosa su cui insiste Romano Prodi, e proteggere la nostra democrazia, la nostra autonomia e il nostro diritto a non essere sotto padrone. Ogni Paese europeo, da solo, non conterebbe più nulla. È già capitato in passato che proprio nei momenti di crisi e difficoltà l’Europa abbia fatto uno scatto in avanti. È quello che serve oggi per non trovarci domani più poveri, irrilevanti e insicuri.
Come quella europea, anche la destra italiana ha il vento in poppa. Voi invece non sapete ancora se state costruendo un’alleanza o no: alle politiche il centrosinistra vince unito o diviso?
Si vince uniti. Divisi si fa il gioco della destra, come successe in maniera netta nell’ottobre del 2022. Serve ricordare altro?
Uniti, ma quanto? Dario Franceschini propone un accordo solo all’uninominale, Giuseppe Conte ha risposto sì.
È evidente che l’unità del centrosinistra non è condizione sufficiente per vincere perché serve anche il programma e un progetto condiviso per il paese. Ma certamente l’unità delle forze riformiste e progressiste alternative a questa destra è condizione necessaria, come abbiamo dimostrato ad esempio nelle recenti vittorie in Emilia-Romagna e in Umbria, e anche nei sei capoluoghi di regione, dove abbiamo dato un sei a zero tennistico alla destra che ne governava quattro solo nel giugno dello scorso anno. Serve costruire un progetto alternativo a quello della destra, che è cosa differente dal dirsi solo contro la destra. Che peraltro sarebbe pleonastico ricordarlo. Alternativa significa un progetto di società che dica agli italiani, ai cittadini, alle famiglie, alle imprese, perché noi possiamo risultare più affidabili di una destra che sta mancando tante promesse fatte anche ai tanti che l’hanno votata.
Schlein è l’unica candidata premier?
Non è un problema all’ordine del giorno perché non ci sono elezioni politiche alle porte. In primavera si voterà invece in alcune città e lì si vince solo uniti. In autunno andranno al voto sei regioni, e anche lì si vincerà solo uniti. Infine, arriveranno le politiche, e sarà la stessa cosa. Invidio la destra solo per questo: anche quando è divisa su tutto, come adesso, riesce ad unirsi per vincere. E la premiership la otterrà la forza che raccoglie più voti.
Fa bene Schlein a restare “testardamente unitaria” e a tenersi distante da questo dibattito?
Non fa bene, ma benissimo ad evitare polemiche, a lavorare per unire, a chiedere a tutti di non distrarsi dai problemi degli italiani. Che sono le liste d’attesa in sanità, le bollette più care d’Europa, la precarietà, la politica industriale che non c’è e che servirebbe per sostenere le imprese e dare un futuro ai nostri giovani che stanno scappando all’estero.
Però questo dibattito si fa lo stesso, ma sui giornali: vuol dire che nel Pd si discute poco?
Bisogna sempre discutere di più e come presidente del Pd raccolgo questo appello. Però discutiamo dei problemi delle persone, per cortesia, non di alchimie politiche.
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