Carola Rackete «ha adempiuto al dovere di soccorso in mare». Lo ha stabilito la gip di Agrigento, Alessandra Vella, che ha deciso di accogliere la richiesta della procura e archiviare le accuse a carico della comandante della nave Sea-Watch 3. A fine giugno 2019, Rackete, nonostante il blocco degli sbarchi deciso dal governo italiano quando era ministro dell’Interno Matteo Salvini, aveva deciso di entrare nel porto di Lampedusa e di far sbarcare i migranti soccorsi in mare dalla nave. Vella è la stessa giudice che all’epoca aveva deciso di non convalidare l’arresto della comandante.

Il fatto

La Sea-Watch era rimasta in mare per 17 giorni. In mare aveva salvato 52 persone. Dieci, donne, bambini e persone con problemi di salute, erano state fatte sbarcare prima, e ne erano rimaste a bordo 42, in attesa di trovare un porto sicuro. L’attivista aveva deciso di forzare il blocco della Guardia di finanza e attraccare. «Sono dei pirati» aveva detto Salvini. Rackete era stata arrestata, ma la comandante era tornata libera dopo 48 ore. Nello specifico, Rackete era stata fermata per resistenza o violenza contro una nave da guerra, perché nell’attraccare aveva urtato contro una motovedetta della Guardia di finanza. In realtà, per la gip è «insussistente il reato» perché «non era una nave da guerra».

Il procuratore di Agrigento, Luigi Patronaggio, aveva avanzato richiesta di archiviazione: «Ci siamo adeguati alla decisione del gip di scarcerarla due anni fa, confermata dalla Cassazione», ha spiegato.

Nel 2020, la Cassazione, nelle motivazioni di conferma spiegava che in base alle disposizioni sul «salvataggio in mare» la comandante della Sea-Watch era entrata nel porto perché «l’obbligo di prestare soccorso non si esaurisce nell’atto di sottrarre i naufraghi al pericolo di perdersi in mare, ma comporta l’obbligo accessorio e conseguente di sbarcarli in un luogo sicuro».

Richiami che sono finiti anche nel provvedimento della gip Vella.

Il «proprio dovere»

I legali e la portavoce di Sea-Watch hanno accolto con favore il pronunciamento. «Queste decisioni – ha detto l’avvocato Salvatore Tesoriero – hanno un significato giuridico e politico importantissimo perché ristabiliscono la gerarchia dei valori in gioco. Prima viene la vita umana che deve essere salvata; nel processo, prima viene la libertà di chi ha adempiuto al proprio dovere, che quindi non può essere arrestato».

Due giorni fa sono cadute le accuse per istigazione a delinquere contro Matteo Salvini, che all’epoca aveva più volte apostrofato l’attivista come «sbruffoncella, fuorilegge, criminale, viziata comunista, pirata, zecca tedesca».

Da lì la denuncia di Rackete. Anche su Vella, l’allora ministro non si era risparmiato: «Togliti la toga e candidati con la sinistra». Per gli avvocati, è una rivincita: «Ricordo ai tempi le disposizioni dell’ex ministro Salvini e rilevo oggi, a distanza di due anni, che Carola Rackete aveva agito per salvare vite umane in adempimento di un dovere. Questo è stato sostenuto dall’inizio», allo stesso modo «la pronuncia di un giudice contro cui si scagliarono le forze politiche, al tempo contrarie agli sbarchi. La nostra Cassazione, cioè l’organo di riferimento dell’interpretazione dei diritti del nostro paese, ha affermato nella vicenda che è diritto di chi è in mare intervenire per salvare vite umane».

Navi bloccate

Per la ong è una piccola vittoria, ma non una piena soddisfazione. La Sea-Watch 3 del caso Rackete è la stessa nave che il governo italiano ha bloccato due mesi fa dopo un salvataggio in mare. La portavoce di Sea-Watch, Giorgia Linardi, ha commentato: «La prassi istituzionale continua quotidianamente a calpestare lo stato di diritto, abbandonando le persone in mare, omettendone il soccorso e disponendo fermi amministrativi nei confronti delle navi umanitarie». Inoltre, accusa, «continua anche l’attacco anche sul piano penale nei confronti delle ong indagate per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina in un contesto in cui viene calpestato il dovere di soccorrere chiunque si trova in pericolo in mare e il diritto delle persone in pericolo ad essere assistite».

© Riproduzione riservata