Il caldo deve aver dato alla testa dell’opinione pubblica. Se infatti non fosse perché tutti sappiamo che a Gaza si continua a morire (e l’Ucraina è sempre più abbandonata a se stessa), leggendo i giornali di questi giorni verrebbe facile immaginare un mondo in cui finalmente ci si possa occupare di argomenti serissimi e non solo di pretestuose previsioni di invasioni dell’Europa intera e di conseguenti riarmi necessari.

Da un certo punto di vista quindi non si può che accogliere con sollievo il fatto che in questi giorni ci si stia di nuovo occupando del grande tema dell’emergenza ecologica.

Ma anche su questo tema – se uno prova a osservare con occhio più attento – vedrà alcune differenze di non poco conto tra i bisogni reali, che richiedono proposte all’altezza, e il balbettio della politica populista che invece prevale.

La grande politica

Da un lato Donald Trump che nella sua legge di bilancio, tra i tanti orrori, ci mette anche un plateale tentativo di disimpegnarsi dinanzi alle responsabilità del suo paese per la crisi climatica. Marine Le Pen che goffamente reagisce all’ondata di calore con una proposta che è l’emblema del populismo politico (tra un attimo ci ritorneremo). Giorgia Meloni che come sempre maschera le proprie politiche radicali (e in questo caso negazioniste) con la retorica della cautela e della ragionevolezza.

D’altro lato tutte le commissioni ufficiali e gli esperti che provano addirittura ad alzare la posta in ballo della nostra responsabilità, perché sono consapevoli che tutta questa melina della grande politica ha effetti devastanti.

Ho parlato di grande politica, ma verrebbe da chiedersi: cos’è la grande politica? È grande politica quella ordita dai potenti del mondo che liquidano irresponsabilmente la crisi ecologica perché fedeli al principio populista per cui solo il presente vale? O lo è quella dei disperati esperti che cercano di correggere il tiro e limitare i danni? Ma concediamoci ancora qualche considerazione in più ai margini di questo rovesciamento tra grande e piccola politica cui stiamo assistendo.

Crisi ecologica e populismo

Ciò che sta accadendo dimostra una volta di più che la crisi ecologica è incompatibile con le politiche populiste. Per un motivo strutturale: il populista agirà sempre per compiacere i vivi, coloro che possono dargli il consenso ora, non domani. Mentre la crisi ecologica richiede una politica della responsabilità per le generazioni future, che spiazza la logica del populismo.

Per dirla con Woody Allen, il populista opporrà sempre all’esigenza di politiche ecologicamente compatibile la seguente obiezione: «Perché mai dovrei essere responsabile per le future generazioni, cosa hanno fatto loro per me?».

Il dibattito francese

Da questo punto di vista la discussione francese dei giorni scorsi è stata quanto mai interessante. Apparentemente, infatti, la proposta di Le Pen di finanziare pubblicamente l’acquisto più vasto possibile di condizionatori risponde a un’esigenza di equità. Tutti abbiamo diritto a respirare, no? Con una battuta, potremmo dire che è la risposta giusta a una domanda sbagliata. Perché la domanda a cui i politici dovrebbero rispondere è precisamente quella di limitare la crisi ecologica provocata anche dall’uso dei condizionatori. E dunque, come una vera populista fa, aggrava un problema reale per venire incontro alle esigenze di quelli che sembrano tutti, ma che in realtà sono pochi: perché sono solo le generazioni che abitano attualmente la terra, non quelle che verranno dopo.

Detto questo, la questione di equità resta. Non si può certo risolvere estendendo l’ingiustizia climatica a tutti come vorrebbe il populismo, ma non si può ignorare che con questo caldo chi inquina può permettersi di star bene e chi non inquina non può far altro che star male. Siamo in una fase politica in cui la piccola politica dei potenti è dedita ad attuare il principio della regressività: invece di moderare le diseguaglianze, si tratta di proteggerle sempre di più. Così può permettersi di respirare con questa afa solo chi ha l’aria condizionata, fin quando non arriverà una sinistra in grado davvero di fare proposte universaliste, ecologicamente responsabili, redistributive (se mai arriverà).

Ecologia politica

Per una strana coincidenza, questa diseguaglianza del respiro salta agli occhi anche in un’altra proposta di legge in discussione: la vergognosa proposta del centrodestra sul fine vita. Di fatto si può riassumere così: chi ha i soldi per potersi permettere di smettere di respirare, lo potrà fare; chi non ce l’ha, dovrà restare in vita malgrado la propria volontà e la propria sofferenza. Solo i ricchi respirano e solo i ricchi smettono di respirare. Sta tutto qui la contraddizione di un mondo senza più politiche di sinistra.

Possiamo trarre da questa piccola polemica estiva un insegnamento rilevante per il futuro: che il populismo non si batte né soltanto con la politica né soltanto con l’ecologia, ma con l’ecologia politica. Con la capacità da parte della sinistra di opporre al particolare del populismo l’universale di diritti che riguardano tutti i vivi, tutti quelli che scelgono di morire con dignità, tutti coloro che avranno diritto a nascere nel mondo che gli lasceremo in eredità.

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