Il collega ex ministro Fabrizio Barca gli chiede su quale programma intenda farsi eleggere a sindaco di Roma, e lui gli risponde piccato: «Il curriculum vitae lo conosci, il programma si costruirà insieme a chi lavora nelle municipalità, alla coalizione, recuperando quanto fatto al ministero dello sviluppo economico». Poi si emenda, aggiusta il tiro e il tono e gli chiede di lavorare insieme. Anzi gli offre il “ticket”: l’opportunità di fargli da secondo. La corsa di Carlo Calenda per le elezioni della primavera del 2021 al Campidoglio è iniziata alla maniera di Carlo Calenda: sui social e sulle tv. Del resto dalla tv è stata lanciata domenica sera, dallo studio di Che tempo che fa (RaiTre). Da dove aveva escluso la sua partecipazione alle primarie del centrosinistra, ma comunque aveva chiesto l’appoggio del Pd in nome di una antica comunanza politica, l’opposizione a M5s.

Ma dai tempi a cui si riferisce Calenda sono cambiate molte cose. Innanzitutto per Calenda, che ha lasciato il Pd, grazie al quale oggi è eurodeputato. Ma anche per il Pd che oggi governa con i Cinque stelle e immagina l’alleanza con il movimento, o con quello che resterà di esso, come un destino augurabile, o comunque inevitabile per vincere. Non a Roma: gli accordi con i Cinque stelle al momento sono un’ipotesi fantapolitica. Ma certo chiunque voglia tentare la strada del Campidoglio contro la destra – che al momento si gode lo spettacolo di una sinistra confusa e divisa – deve fare i conti con i voti grillini, almeno al ballottaggio.

Il segretario dem Nicola Zingaretti non chiude le porte a un possibile appoggio all’ex ministro. Purché si unisca il cammino della coalizione che dalla scorsa settimana ha cominciato a confrontarsi: forze politiche tradizionali e realtà sociali. Da ultima ieri è arrivata anche l’adesione delle sardine. «In ogni città il centrosinistra si sta organizzando per vincere le elezioni», spiega Zingaretti, «Anche a Roma c'è una bellissima comunità di centrosinistra che si sta riorganizzando e sta discutendo un manifesto e un percorso per far decidere il candidato sindaco ai romani. Per vincere servono i voti e credo che la partecipazione popolare sia un immenso patrimonio per vincere le elezioni». La conclusione: «Ho sempre detto che questo percorso è aperto a tutti coloro che vogliono partecipare, e quindi anche a lui».

Calenda style

Lo stile di Calenda però è un altro, secondo Andrea Casu, segretario del Pd romano: ed è «Contro tutto quello in cui il Pd crede: l’apertura e la partecipazione popolare per la scelta del candidato o il governo di cui siamo parte fondamentale. Purtroppo ancora una volta divide e la destra brinda». Lo stile Calenda, quell’inclinazione guascona alla rispostaccia, si attira le antipatie dei promessi alleati. Paolo Ciani, consigliere regionale già in campo per le primarie, colonna della comunità di Sant’Egidio, su facebook mette il dito sulle contraddizioni dell’ex ministro. «Sostiene che a Roma è necessario allargare il campo il più possibile. Per fare questo lui sembra dire a coloro che vorrebbe lo sostenessero: il metodo (le primarie) che vi siete dati per individuare il candidato non mi interessa, e le persone che si sono messe in gioco non valgono nulla. Però sostenetemi perché voglio allargare il campo e si sa che sono una persona unitiva». La foto del post è quella del Marchese del Grillo. Quello di «Io so io. E voi non siete...niente. Caro Calenda, Roma di Marchese del Grillo ne ha avuto già uno. E c’è bastato», avverte il capogruppo del Pd capitolino Giulio Pelonzi. Poi c’è chi, dopo l’endorsement di Lapo Elkann, ironizza sul «radicamento popolare» della sua candidatura. Chi, come Monica Cirinnà, senatrice e anche lei candidata alle primarie, lo accusa di «scappare dai gazebo». Chi, meno scherzosamente come il deputato di Leu e consigliere comunale Stefano Fassina, ragiona sul fatto che Calenda «può ampliare la portata della coalizione, ma non può esserne il punto di sintesi e di aggregazione. C'è un problema di interessi sociali da promuovere». E poi c’è anche un problema di numeri; serve «un dialogo costruttivo con il M5S, nonostante la ricandidatura della sindaca Raggi lo inibisca al primo turno delle prossime amministrative». Una necessità che fin qui Calenda ha sempre rimosso. E che legittima l’ipotesi che la sua corsa miri più a un piazzamento personale che alla conquista del Campidoglio. Fatto sta che sulla scena della Capitale, al momento c’è Calenda e c’è Raggi. Da qui al 2021 corsa è lunga, ma chi inizierà a correre dopo, dovrà riguadagnare terreno. Magari grazie alle primarie. Che però al momento, causa Covid,  sono più un obiettivo ideale e simbolico che una possibilità concreta. Il Pd per ora sembra comunque aver innestato la marcia più lenta. 

Sindaca in appello

Quanto a Virginia Raggi, ieri a Roma ha affrontato la prima udienza del processo d'appello in cui è imputata per falso ideologico. Si tratta della vicenda della nomina (poi ritirata)  di Renato Marra, fratello di un suo ex stretto collaboratore (Raffaele) per la quale la sindaca è stata  assolta in primo grado.  Il giudice ha aggiornato al 26 novembre la nuova udienza, ammettendo un nuovo esame di due testimoni. La vicenda giudiziaria dunque va avanti. Se andasse troppo per le lunghe finirebbe per azzoppare, in qualche misura, la sua campagna elettorale. Lo scorso week end a Roma si è riunita una corrente dei Cinque stelle romani che, per ragioni tutte politiche, chiedono il ritiro della sua candidatura. Contro questa ipotesi i vertici M5s, nonostante tutte le divisioni, sono uniti. Al momento. 

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