La prescelta è Lina Di Domenico, gradita al sottosegretario Andrea Delmastro. Il nome è stato condiviso con i media, ma non con il Colle che deve nominarla
Il sistema carcere è al collasso tra suicidi, atti di autolesionismo, sovraffollamento, ma il governo non ha ancora nominato il capo della polizia penitenziaria. Una mancanza che, può rivelare Domani, nasconde un pasticcio istituzionale e lo stupore del Quirinale. La possibile prescelta è stata annunciata urbi et orbi senza avvisare, come da prassi consolidata, Sergio Mattarella.
Una dimenticanza grave e senza precedenti che ha prodotto l’attuale stallo. Spetta proprio al presidente della Repubblica, che è il capo delle forze armate, firmare il decreto di nomina, ma il nome è arrivato alla sua attenzione in prima istanza dai giornali. Perfino in Consiglio dei ministri la pratica non è mai stata vagliata.
Un pasticcio che chiaramente coinvolge il ministero della Giustizia, guidato da Carlo Nordio, e il vero padrone delle carceri, Andrea Delmastro Delle Vedove, che ricopre l’incarico di sottosegretario con delega alla penitenziaria. Il capo del dipartimento è «nominato con decreto del presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro di grazia e giustizia», recita la legge. Lo stallo, insomma, è frutto di un disastro istituzionale.
La nipote di Falcone
Il pasticcio è iniziato a dicembre quando Giovanni Russo, magistrato mite e alla guida del Dap per volontà del governo Meloni, si è dimesso dal suo ruolo di capo del dipartimento. Come questo giornale aveva anticipato, i rapporti con Delmastro Delle Vedove non erano mai stati idilliaci. Russo era diventato un invisibile, assente negli appuntamenti decisivi, in ritardo sulle promesse fatte e muto quando sulle carceri italiane si è allungata l’ombra delle violenze con arresti e retate.
La sostituta era già pronta, si tratta di Lina Di Domenico, vice al Dap con Russo, già in passato numero due al dipartimento con Francesco Basentini, e in ottimi rapporti con il sottosegretario meloniano. Il 21 dicembre un lancio di agenzia presentava la predestinata con queste parole: «Al suo posto andrà la sua attuale vice, Lina Di Domenico (...) Quanto alla Di Domenico, il Sappe ricorda che proprio 30 anni fa su quella poltrona si sedeva lo zio, il magistrato (Giovanni Falcone, ndr), fatto saltare in aria dalla mafia a Capaci assieme alla sua scorta».
Il Sappe è un sindacato molto vicino a Delmastro, siti e giornali online hanno ripreso la notizia. Solo che Di Domenico, oggi numero uno del Dap facente funzioni, non è mai stata nipote del magistrato ucciso da Cosa nostra, ma di un altro Falcone, Giuseppe, ex dirigente del Dap negli anni Novanta. Una presentazione niente male. Peccato per l’alterazione involontaria dell’albero genealogico, poi corretta in altro lancio di agenzia dallo stesso Sappe.
Di Domenico ha iniziato, nel 2000, come magistrata di sorveglianza al tribunale di Novara, si è occupata anche dei detenuti ristretti al 41 bis, il carcere duro per mafiosi e terroristi. A proposito di 41 bis, Di Domenico era in prima fila alla presentazione dell’auto avveniristica della penitenziaria quando il sottosegretario Delmastro, in un momento d’impeto e orgoglio patrio, aveva detto: «Non lasciamo respirare chi è dietro quel vetro». Giù polemiche delle opposizioni e delle associazioni per quelle parole che, in realtà, raccontano solo l’idea di giustizia del governo. Nulla più.
La nomina sospesa
Al momento Di Domenico è ancora in attesa della nomina. Da dicembre, mese dell’annuncio su giornali e tv, è tutto bloccato. La ragione è fin troppo semplice, la mancata comunicazione al Quirinale ha provocato stupore e stallo. In assenza di altri nominativi sarà quella la scelta, ma ci vuole il tempo necessario per ripianare il grave sgarbo istituzionale.
La figura del capo del Dap è fondamentale, si occupa della gestione amministrativa del personale, dei beni dell’amministrazione penitenziaria, ma svolge anche compiti relativi «alla esecuzione delle misure cautelari, delle pene e delle misure di sicurezza detentive, svolge i compiti previsti dalle leggi per il trattamento dei detenuti e degli internati», si legge sul sito del ministero della Giustizia nella sezione preposta dove alla voce capo del dipartimento c’è una casella vuota.
«Abbiamo auspicato una soluzione rapida che garantisse continuità di conoscenza della macchina amministrativa, ma che viene vanificata dal troppo tempo impiegato. Vorrei ricordare che il capo del Dap, equiparato al capo della polizia di stato, guida 36mila persone e ha la responsabilità delle carceri dove ci sono attualmente 62mila persone.
È una figura strategica, fondamentale per il paese», dice Gennarino De Fazio, segretario della Uil penitenziaria. Insomma, si tratta di sicurezza nazionale, ma il governo è riuscito in un capolavoro: irritare il Colle e allontanare così la nomina. Un altro disastro, firmato Carlo Nordio.
© Riproduzione riservata