Casa, lobby e lavoro: Meloni mette in moto la macchina delle bugie

La macchina meloniana della propaganda non conosce soste. Ancora di più di fronte a una platea amica, come quella di Fenix, la festa del movimento giovanile di Fratelli d’Italia che si è celebrata nello scorso fine settimana. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni, tra una spremuta di livore verso gli avversari e un’auto esaltazione per il proprio operato, domenica mattina si è fatta prendere la mano, promettendo di «superare le troppe rendite di posizione che tengono imbrigliata questa nazione». Insomma, una destra in versione castiga-lobby. Logica vorrebbe che fosse in preparazione un piano di liberalizzazioni, le «lenzuolate» di bersaniana memoria, per sprigionare tutte le energie. Una svolta, che, al momento, è fatta solo di parole. Dal mito di Charlie ai pasticcini: la domenica bestiale di Meloni I casi di scuola sono i disegni di legge sulla concorrenza che il governo ha varato, ma semplicemente perché previsti tra gli obiettivi del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Sono provvedimenti che fanno un minimo di manutenzione, qualche intervento in materia di assicurazioni, di contatori per l’energia elettrica e sui trasporti pubblici. Nessuna rivoluzione, impatto zero sulla vita dei cittadini. Il governo si è guardato bene dall’intaccare le reali rendite di posizioni di lobby che dettano legge da anni. Soprattutto nella maggioranza. Esempio concreto è quello dei balneari, categoria da sempre sostenitrice dei partiti di centrodestra. Palazzo Chigi ha fatto di tutto per non dare seguito alla richiesta dell’Unione europea evitando una messa a gara delle concessioni. Stessa musica sugli ambulanti. Non a caso il capo dello stato, Sergio Mattarella, ha fatto sentire la propria voce sul tema inviando, all’inizio del 2024, una lettera per chiedere correzioni. Da allora, comunque, non è cambiato nulla. Per non parlare delle licenze dei taxi, tema tabù per Meloni. Le vere rendite di posizione sono al sicuro. Per blindare taxi e balneari Meloni colleziona figuracce Scivolone casa Per l’occasione la premier ha anche rispolvertao un grande classico della destra al potere: la casa. Nella forma di un piano casa. Meloni, dal palco di Fenix, lo ha tirato fuori dal cassetto della propaganda parlando di «prezzi calmierati per le giovani coppie». Ha rivendicato con orgoglio i 670 milioni di euro messi dall’ultima manovra sul fondo per l’acquisto della prima casa. Peccato che sia stata omessa l’informazione decisiva: ha semplicemente rifinanziato uno strumento già esistente da 12 anni. Quel fondo è stato istituito nel lontano 2013, nella legge di Bilancio approvata dal governo Letta, che all’epoca aveva messo 600 milioni di euro. Robin Hood al contrario: Meloni dà a mamme e pensionati i soldi per i più poveri Il provvedimento è stato prorogato più volte, anche dall’esecutivo di Mario Draghi. Anzi, in media Meloni ha messo qualcosa di meno in confronto al predecessore: con l’ex presidente della Bce a palazzo Chigi la dotazione era di 540 milioni di euro in un biennio per una media di 270 milioni di euro all’anno. Con l’attuale governo la somma dei 670 milioni di euro va divisa per tre anni: in media 224 milioni di euro all’anno. Quasi 50 milioni mancanti. Dunque, è stato fatto il minimo sindacale. Ma tanto è stato considerato sufficiente per fare un po’ di ammuina e dire che la sinistra vuole dare uno «stabile pubblico per gli sfollati del Leoncavallo». Mentre la destra è operativa. In generale sarebbe stato più prudente sorvolare sul tema casa. Il piatto piange anche in materia di edilizia. L’esecutivo, con il vicepremier Matteo Salvini, aveva promesso un «piano casa» già alla fine del 2023, quasi due anni fa. In mezzo c’è stato un decreto ad hoc. La promessa è tornata di moda nell’estate 2025. Salvini in ombra: la Lega del futuro è di Vannacci Addirittura nelle scorse settimane è stata resa nota una conversazione tra la presidente del Consiglio e il suo vice. Il piano resta quello delle promesse. Ancora peggio la situazione sul fronte affitti. Il primo anno di Meloni al governo è stato ricordato per il mancato rifinanziamento dei 50 milioni destinati al fondo morosità incolpevole, messo a disposizione di chi – per cause imprevedibili (malattia, perdita del posto di lavoro) – non poteva più pagare l’affitto. Amore e livore Al fianco delle palesi forzature, non mancano le incongruenze. «Non sarà mai l’odio a muovere quello che facciamo», ha detto in riferimento agli avversari, riadattando un vecchio slogan di Silvio Berlusconi. Ma per paradosso lo ha fatto con un discorso, infarcito di «noi» contro «loro» in una contrapposizione livorosa e muscolare tutt’altro che incline al dialogo e all’amore. Ianniello lascia Meloni: cambia la comunicazione di palazzo Chigi Impensabile, visto l’uditorio, qualsiasi autocritica storica, qualsiasi accenno al mondo post fascista di cui Fratelli d’Italia ha ereditato la fiamma. Nel Dopoguerra, secondo la versione di Meloni, ci sono state solo le Br come forze eversive. Tornando all’attualità, a chiusura del cerchio c’è stata la celebrazione dei dati sull’occupazione giovanile, scesi «ai minimi storici», secondo lo storytelling meloniano. Omettendo che nei fatti sono tornati agli stessi livelli dell’ultimo deprecato, dalla destra, governo Prodi. Senza poi entrare nel dettaglio, peraltro non trascurabile, che si tratta di un lavoro sempre più povero. Perché di pari passo c’è un Pil asfittico, che stenta intorno all’1 per cento, nella migliore delle ipotesi. Ma questo non è funzionale al racconto della premier. Pronta, come ha detto alla platea di Fenix, a lanciarsi «nella tempesta». Manovra anno zero: Giorgetti già archivia le promesse di Salvini