«Quando si fa parte di una grande famiglia politica europea, la preoccupazione deve sempre essere, fatti salvi i casi di coscienza, di stare uniti. Altrimenti si compromette la possibilità di avere credibilità e peso nelle soluzioni che stanno a cuore. In questo caso la pace». Pierluigi Castagnetti, ultimo segretario del Ppi, fondatore del Pd e presidente dell’associazione Popolari, risponde alla domanda sulla linea ondivaga del Pd sul Pnrr usato per pagare armi. Ma aggiunge: «Io sto fuori dal dibattito corrente, e sto al mio posto. Il rischio dei vecchi è riproporre schemi superati dal tempo. Ho rispetto per i giovani, le mie risposte sono di un altro tempo».

In effetti Marta Bonafoni, coordinatrice della segreteria Pd, dice che Schlein ascolta le voci dei giovani, meno quelle “del passato”.

Pensi che ancora non conosco Bonafoni, spero di averne la possibilità. Quando dice che il Pd non tornerà al passato ha mille ragioni. Io non lo chiedo. L’esperienza del passato può essere utile, ma non chiedo di tornare ai caminetti. Chiedo, se ho qualche titolo per farlo, che si riuniscano gli organi del partito. Il Pd non è di proprietà del segretario pro tempore, ed è responsabilità di tutti i dirigenti aiutare a uscire da una difficoltà oggettiva, che per lo più prescinde dalla segretaria, che è arrivata tre mesi fa.

La disfatta delle comunali non è colpa di Schlein?

No. Ma riunisca la direzione. Nei vecchi partiti si convocavano senza sapere quanti giorni durassero, sia nella Dc che nel Pci. Duravano due, tre giorni. Di fronte alle difficoltà che le sinistre registrano in tutta Europa, come si può pensare che una persona da sola abbia la formula magica per uscire dalla crisi? Don Milani diceva: sortirne da soli è egoismo, sortirne insieme è politica.

Si parla di una direzione la prossima settimana. Troppo tardi?

No, purché sia una discussione seria. Le ultime direzioni, e non sto parlando di Schlein, funzionano così: il segretario fa la relazione, gli altri parlano cinque minuti a testa per dire se sono d’accordo o no. Schlein semmai si comporta come gli ultimi segretari, che all’indomani del voto facevano finta di niente. Non si può, bisogna capire cosa è successo. C’è un vento di destra forte, spira anche in Spagna.

Lei ha detto, sintetizzo, che sia in Spagna sia in Italia non si vince buttandosi a sinistra. C’è un problema con il centro, o con cattolici nel Pd? La segretaria cita spesso papa Francesco e gli scout.

Fino ad ora non ci sono stati incidenti. Alcune idee della segretaria non sono condivise dalla componente cattolica. Ma il problema va oltre i cattolici. Un amico di Ancona mi ha detto “la segretaria è venuta due volte, il teatro era strapieno”. Io sono stato collaboratore di Mino Martinazzoli, che riempiva i teatri. Ma nei teatri si riuniscono quelli che già ti votano. Ho chiesto a un mio collaboratore di cercare, nella stampa specialistica dei settori dell’agricoltura, dell’artigianato, delle piccole e medie imprese, quante volte in questi tre mesi è stata registrata una posizione del Pd. Le dico il risultato: zero. Se vogliamo tornare a governare questo paese possiamo non avere rapporti con i settori produttivi? Fare una proposta prescindendo da queste realtà? E spingere settori che esprimono anche una cultura riformista verso la destra?

Teme quello che Renzi definisce “massimalismo di Schlein”?

Il radicalismo è una cifra che le viene attribuita, ma allo stato non si può dire che abbia trascinato il Pd su posizioni radicali. Comunque il radicalismo è un valore nella dimensione spettacolare del conflitto politico. Ma anche i giovani che si appassionano a questo agonismo poi chiedono risposte concrete. Bonafoni dice: siamo per la giustizia sociale. Bene. Ma che proponi per ridurre le ingiustizie?

Non ha proposte concrete?

La radicalità è appassionante, ma un minuto dopo viene chiesto il conto. Non alla Schlein, io la voglio liberare del peso di tutta la responsabilità della linea del partito, ma lei coinvolga gli altri. Sono favorevole ai diritti civili, non voglio doverlo dire ogni volta, ma c’è il diritto alla salute: sotto i nostri occhi sta evaporando il sistema sanitario pubblico, e chi non ha le assicurazioni private non si cura. Abbiamo responsabilità grandi per quello che non abbiamo fatto quando eravamo al governo. Ma oggi dovremmo incalzare Meloni da mattina a sera.

Ma con chi, se l’opposizione non riesce a stare unita neanche sul salario minimo?

Infatti non ce l'ho con lei, ma le cose non si risolvono con una cena fra Conte e Schlein. Bisogna assumere un'iniziativa su un'idea avanzata che parli al paese capace di attrarre anche gli altri partiti, su temi concreti. Non si vince con l'effetto alone di dibattiti astratti.

Dario Franceschini dice: non ingabbiate Schlein. State già logorando la segretaria?

Che ci sia il vizio del tiro al piccione sul segretario di turno non è negabile. Io non lo faccio. Ma c’è un altro modo di porre la domanda: se quelli che dall’interno chiedono coinvolgimento lo facessero perché sentono la loro quota di responsabilità per salvare il Pd? Dove possono parlare? Serve l’abitudine al dialogo, non si governa un partito difendendo la fortezza della propria immaginaria maggioranza, ma coinvolgendo, spiegando, ascoltando, con pazienza. Se non si segue questa strada il dissenso trova altri canali.

Sta dicendo che ci potrebbero essere altre fuoriuscite dal Pd?

Ma non lo so. So che bisogna convincere più elettori possibile a votare Pd perché alle prossime europee il rischio è che si crei una maggioranza tra le destre nazionaliste e il Ppe. Il nazionalismo è la morte dell’Europa. E che ne sarà dell’Italia, della solidarietà fra paesi? Non dobbiamo perdere un solo voto. Mi chiede se c’è questa consapevolezza nel Pd? Se ne discutiamo ci sarà, allo stato non c’è. Per ora si parla di europee con la testa alle candidature.

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