Giuseppe Conte, capo politico del Movimento 5 stelle, batte spesso sullo stesso tasto: il nuovo corso è una nuova vita per il M5s, che in nessun modo sarà equiparabile agli altri partiti, dai quali continuerà a distinguersi per le battaglie portate avanti, per il coinvolgimento degli attivisti nelle scelte, per l’utilizzo della democrazia diretta.

«Non diventerà un partito, anche perché i partiti sono in crisi e tendono loro stessi a farsi movimenti», ha detto al Corriere della Sera appena martedì scorso. Ma dopo la vicenda del 2 per mille, a leggere il nuovo statuto, viene più di un dubbio che la partitizzazione del Movimento fosse il progetto dell’avvocato pugliese fin dall’inizio.

Una conferma la si avrà presto dalla commissione di garanzia degli statuti e per la trasparenza e il controllo dei rendiconti dei partiti politici. Un nome complesso che descrive un organismo parlamentare che in base alla legge 149 del 2013, modificata dalla legge Spazzacorrotti, verifica che i partiti abbiano i requisiti statutari per essere definiti tali. Infatti, per percepire le donazioni volontarie dei cittadini, secondo la legge che loro stessi hanno scritto e difeso, i grillini dovranno iscriversi al registro nazionale che raccoglie tutti i partiti e i movimenti politici.

L’elenco serve per tracciare i movimenti economici dei partiti (che hanno anche diritto al finanziamento tramite i soldi dei cittadini) e delle associazioni collegate ai movimenti politici. La richiesta d’iscrizione è stata presentata martedì: ora sarà la commissione a giudicare se il M5s è pronto per accedere ai soldi delle dichiarazioni dei redditi analizzando i dettagli dello statuto. Secondo diverse fonti parlamentari è improbabile che la commissione neghi l’autorizzazione. Il Movimento è insomma pronto per diventare a tutti gli effetti un partito. O meglio, lo è da agosto, quando Conte ha steso il nuovo statuto, poi convalidato da una votazione in cui l’87 per cento degli iscritti ha espresso la propria approvazione. Il fatto che il documento fosse già stato pensato tenendo conto dei presupposti che considera la commissione fa pensare a un’intenzione precedente di imboccare la via della trasformazione in partito.

Il caso Rousseau

La presenza del M5s nell’elenco non sarà del tutto una novità. Una costola del Movimento era già ben integrata nel registro: l’associazione Rousseau. Se si guarda alla documentazione parlamentare, infatti, dal 1° agosto 2020 risulta una lunga lista di donazioni a Rousseau, da parte di parlamentari ma anche da altri volti noti del Movimento come Roberta Lombardi, assessora alla Regione Lazio, o Antonella Laricchia, consigliera regionale in Puglia. In quel caso si trattava però di un’iscrizione di un’associazione collegata al partito, utile per rendicontare i 300 euro che i parlamentari sottraevano alla propria diaria per destinarli al pagamento dei servizi offerti dalla piattaforma di Casaleggio. Gli ultimi versamenti di deputati e senatori sono di maggio 2021, data a cui risale il divorzio tra il Movimento e Rousseau.

Nell’ampia lista non mancano anche tutte le donazioni ai comitati elettorali regionali che negli anni hanno sostenuto i candidati Cinque stelle: Laricchia in Puglia, Valeria Ciarambino in Campania e così via. In realtà dunque il Movimento è già ben inserito nella lista che ha creato per tener d’occhio i movimenti di denaro delle formazioni politiche. Ora si tratta solo di ammettere che è soltanto un partito come tutti gli altri.

 

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