Centinaia di pagine di verbali di interrogatorio che custodiscono i segreti finanziari della Lega di Matteo Salvini. Documenti che aprono scenari investigativi nuovi e svelano opacità sistemiche nella gestione della finanze leghiste, una strategia «decisa dai vertici del partito» per evitare il sequestro del denaro che sarebbe servito ad appianare il debito da 49 milioni con lo stato, provocato dalla truffa sui rimborsi elettorali all’epoca di Umberto Bossi e dell’allora tesoriere Francesco Belsito.

Percorsi paralleli

La strategia condivisa dai dirigenti sarebbe stata ideata dai commercialisti del partito, voluti dall’attuale tesoriere Giulio Centemero e dal leader Salvini e condannati di recente per una storia di soldi pubblici drenati alla regione Lombardia. Nei verbali finora inediti del testimone finito nei guai insieme ai due commercialisti della Lega troviamo le soluzioni individuate per tenere al riparo il patrimonio dalla Legge.

Soluzioni che hanno seguito due percorsi paralleli: la creazione di un nuovo partito ufficialmente altro rispetto alla Lega Nord, una good company, in pratica, libera da ombre e debiti e una bad company di cui liberarsi e lasciare morire; la parcellizzazione finanziaria e amministrativa del partito nazionale, attraverso la creazione di leghe regionali e provinciali dotate di autonomia finanziaria e sui cui conti sarebbero arrivate risorse dai conti della Lega.

Rivoli, li chiama il testimone nei verbali. Uno dei tanti attraverso i quali far «defluire» il denaro dal centro, sotto osservazione di tribunali e procure, verso la periferia e altre entità. Nel nuovo fronte di indagine, insomma, gli investigatori scavano gli argini di questi due canali, il nuovo partito e la frammentazione finanziaria delle leghe locali. Entrambe le cose poi realizzate nel periodo in cui i giudici avevano condannato il partito alla restituzione e nei mesi in cui l’avvocato della Lega aveva convinto la procura di Genova ad accordare la rateizzazione del debito, spalmandolo in più di 70 anni. Il patto sulla rateizzazione è definito nei verbali una vittoria dei commercialisti travolti dalle inchieste giudiziarie.

L’ombra dei 49 milioni

A consegnare ai magistrati di Milano la chiave per decifrare i segreti della Lega è Michele Scillieri, di professione commercialista e nel cui studio era stata inizialmente domiciliata la Lega Salvini Premier, il nuovo movimento politico di Salvini che ha sostanzialmente archiviato l’esperienza della Lega Nord. L’archiviazione formale dell’ideologia padana si basava sulla volontà di creare un nuovo partito senza più Nord nel simbolo necessario per dare vigore all’idea sovranista, nazionalista del leader che ha voluto allargare il consenso fino in Sicilia. Lo storytelling ufficiale era questo.

C’è però una spiegazione ufficiosa, mai scritta, finora solo ricostruita in inchieste giornalistiche e adesso confermata da Scillieri, che oltre a essere un complice dei commercialisti del partito ha frequentato via Bellerio e ha ricevuto denaro dalla Lega Nord.

Scillieri conferma che la nuova Lega nazionale nasce con l’obiettivo di abbandonare il vecchio partito al suo destino gravato dal debito mostruoso con la stato che vale 49 milioni di euro. Dopo la sentenza del tribunale di Genova e poi della Cassazione, che obbligava il partito fondato da Umberto Bossi a restituire la somma ottenuta con la truffa sui rimborsi elettorali a cavallo tra il 2008 e il 2012, nasce la Lega Salvini premier e viene domiciliata in un anonimo studio di Milano di proprietà di un commercialista, Michele Scillieri, appunto.

Perché un partito che vanta di essere radicato sui territori e di essere vicino al popolo sposta la propria sede dalla storica via Bellerio, luogo di discussioni e di confronti con i militanti, a un piccolo ufficio di un professionista abilissimo, sveleranno le indagini, nella produzione di false fatture?

Scillieri ripercorre il periodo caotico del partito, la genesi dello sdoppiamento. Lo fa in cinque interrogatori, tra settembre 2020 e gennaio 2021, raccolti dalla procuratore aggiunto di Milano, Eugenio Fusco e il pm Stefano Civardi. Pagine in cui il professionista riporta anche le confidenze ricevute dai contabili della Lega.

Scillieri ha patteggiato una pena a 3 anni e 4 mesi ammettendo le proprie responsabilità nell’affare Lombardia Film Commission: ha partecipato insieme ai commercialisti della Lega di Salvini, Alberto Di Rubba e Andrea Manzoni, alla stangata delle casse della regione Lombardia depredate con l’acquisto di un immobile da parte della Lombardia film commission, all’epoca in cui presidente della fondazione pubblica era Di Rubba, nominato dalla giunta leghista all’epoca di Roberto Maroni su indicazione dei vertici del partito (in particolare del tesoriere Giulio Centemero).

L’inchiesta ha svelato che la fondazione ha concluso l’operazione commerciale pagando il fabbricato il doppio del suo valore reale (800mila euro) a una società immobiliare riconducibile a Scillieri. Tutta l’operazione, ha scoperto la procura, era stata organizzata dai commercialisti del partito e da Scillieri, nominato da Di Rubba consulente delle stessa fondazione regionale. I soldi della regione usati per comprare un fabbricato a Cormano, provincia di Milano, sono finiti all’immobiliare Andromeda e poi da qui ripartiti per i conti delle società riconducibili a Di Rubba e Manzoni. I due, revisori contabili dei gruppi parlamentari (oltreché amministratori di società del partito) sono stati condannati in primo grado, recentemente, a 5 anni e 4 anni e 4 mesi.

La partita giudiziaria tuttavia non è chiusa. I verbali di Scillieri sono destinati a provocare altri smottamenti in casa Lega. Anche perché alcune dichiarazioni del professionista milanese lambiscono l’indagine madre sui soldi del partito, ossia quella sul riciclaggio di parte dei 49 milioni di euro in corso a Genova ma che incrocia le inchieste milanesi condotte da Fusco e Civardi. L’ipotesi è che una frazione del denaro da restituire allo stato perché frutto della truffa sui rimborsi sia stata fatta uscire dai conti del partito, lasciati così a secco.

Il doppio partito

Il 4 settembre 2017 la Cassazione stabilisce che la Lega deve restituire i 49 milioni allo stato. Soldi che vanno congelati ovunque si trovino nella galassia del partito del Nord. Il 10 ottobre successivo dal notaio i capi supremi del partito costituiscono la nuova “Lega Salvini premier”, quel giorno e in quella sede i vertici del partito, tra cui Salvini, Giancarlo Giorgetti, Centemero, Roberto Calderoli, decidono che il domicilio sarà nello studio di Scillieri.

Per i magistrati è tutto molto sospetto, in questa manovra ammantata da svolta politica si potrebbe celare una strategia finanziaria per aggirare il sequestro. Scillieri conferma: «Nella visione di Manzoni e Di Rubba il nuovo studio su Milano avrebbe dovuto ospitare anche la sede del partito Lega per Salvini Premier. Di Rubba e Manzoni erano assolutamente convinti che il destino del nuovo partito andava radicalmente separato dal vecchio, in modo da evitare qualsiasi sorpresa negativa che poteva anche riguardare alla vecchia Lega; mi riferisco in particolare al sequestro ottenuto dalla procura di Genova».

Scillieri aggiunge: «Ricordo che Manzoni, mentre era dal notaio assieme a Centemero, mi chiese se potesse domiciliare presso la mia sede la nuova entità politica, perché non fosse direttamente riconducibile ictu oculi alla Lega Nord, essendo inopportuno che il nuovo partito fosse domiciliato tanto in via Bellerio quanto in via Angelo Maj (a Bergamo, sede del vecchio studio dei contabili del partito ndr)».

I magistrati ritengono però la versione di Scillieri monca: «Appare improbabile che si riuniscano dal notaio Ciambella in Bergamo persone di vertice della politica e delle istituzioni italiane, senza sapere se vi fosse previo consenso alla domiciliazione della Lega per Salvini Premier, apparendo parimenti improbabile che la domiciliazione non fosse stata remunerata». L’ex complice dei commercialisti del partito però ribadisce: «Non ricordo interlocuzioni previe. Speravo semplicemente di fare un favore che mi avrebbe ulteriormente attirato altri favori».

I pm al contrario avrebbero in mano gli indizi che la domiciliazione nel suo studio era stata decisa nei mesi precedenti la costituzione. Per questo i magistrati insistono: «Le ricordo che dal notaio il 10 ottobre del 2017 c‘è Salvini Matteo, Giorgetti Giancarlo, Calderoli Roberto, Fontana Lorenzo, Centemero Giulio. È difficile pensare che uno smuova la Gotha della politica italiana e lombarda, in attesa di una risposta dal dottor Scillieri. Può essere che lei abbia ricevuto questa chiamata, ma è difficile che l’abbia ricevuta il 10 ottobre del 2017». Su questo, traspare dai verbali letti da Domani, sembrerebbe che gli investigatori stiano ancora indagando, per capire la catena gerarchica che ha dato l’ordine o ha avallato la mossa della domiciliazione in chiave anti sequestro.

Leghe periferiche

Scillieri racconta anche della seconda soluzione individuata dai commercialisti del partito per custodire il patrimonio nel mirino dei giudici. Soluzione, dice il professionista, «approvata dai vertici del partito». Ecco cosa racconta Scillieri: «Avevano permesso comunque ai soldi che erano in Lega Nord in quel momento di andare a costituire le varie Leghe, e quindi anche questa era una modalità quel famoso gesto». Con «famoso gesto» Scillieri si riferisce a un interrogatorio precedente in cui ha mimato con la mano l’utilizzo dei «rivoli» da parte dei commercialisti della Lega attraverso i quali muovere il denaro.

La creazione di leghe autonome dal punto di vista giuridico e finanziario, aggiunge Scillieri, è «una modalità che poi si sarebbe, a sua volta, ulteriormente ridotta con le associazioni provinciali, eccetera, e quindi era un modo per far defluire o confluire le somme all'interno del Partito, o all'esterno del Partito. Manzoni (uno dei due contabili del partito, ndr) mi spiegò, appunto, che quella era stata una scelta fatta dai vertici del Partito, proprio per tentare di evitare il sequestro, che poteva essere imminente».

La strategia di camuffamento, secondo il testimone, ha funzionato: «Queste entità regionali erano riuscite a mantenere un'autonomia giuridica, e quindi non erano state, tutto sommato, intaccate dalla rateizzazione, e che comunque la vecchia Lega continuava a ricevere dei sussidi da parte dei vecchi sostenitori di Bossi, che servivano per pagare anche questa famosa rateizzazione. L'accordo con la Procura era una specie di sigillo che il lavoro che avevano fatto per cercare di mantenere il più possibile al sicuro proprietà e soldi alla fine aveva ottenuto il loro successo, ecco».

Alchimie finanziarie, giochi di prestigio, secondo Scillieri, che avrebbero riguardato anche la storica sede di via Bellerio a Milano, simbolo della Lega di Bossi e della Padania. C’era stato un tentativo di offrire l’immobile come garanzia alla procura di Genova, che però ha rifiutato. Questo ha permesso di mantenere l’edificio libero da ipoteche, potenzialmente vendibile sul mercato e sfruttabile per spenderci dei soldi in ristrutturazione affidate a imprenditori amici, i quali hanno fatturato milioni di euro alla Lega Nord in pochissimi anni, o  meglio negli anni in cui i tribunali ordinavano il sequestro dei 49 milioni. Fatture sulle quali le procure vogliono vederci chiaro. Aiutate anche dai verbali di Scillieri che ha raccontato di operazioni commerciali fasulle e fatture farlocche fatte anche dal partito.

 

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