Ritrovare il feeling con coltivatori e allevatori. Negli ultimi giorni è diventata una priorità per i leghisti. Da qui il tentativo, maldestro ma soprattutto disperato, di intestarsi, prima dei partner di maggioranza, la protesta dei trattori di questi giorni. E pazienza se si tratta di una protesta contro il governo.

Amadeus, poi, ha lanciato la volata dalla conferenza stampa di Sanremo. Il conduttore si è detto pronto a ospitare gli agricoltori sul palco dell’Ariston, com’è successo in edizioni passate per altre proteste. L’idea è piaciuta ai manifestanti, che anche ieri hanno bloccato le strade in diverse zone d’Italia, piazzandosi alle porte di Roma.

Ma l’ha apprezzata anche Gian Marco Centinaio, già ministro dell’Agricoltura nel governo gialloverde, oggi vicepresidente del Senato, ma anche ultimo punto di riferimento degli agricoltori nel partito di Matteo Salvini. «È giusto ascoltare le proteste del mondo agricolo contro le scellerate direttive di questa Unione europea, che massacra famiglie e lavoratori con scelte autolesionistiche su agricoltura, automotive, tutela del Made in Italy e difesa dei confini. Farebbe bene Amadeus a ospitare sul palco del festival di Sanremo le giuste rivendicazioni degli agricoltori».

E non importa se tra i manifestanti ci sono anche ex forconi e No-vax, che stanno cercando di strumentalizzare la protesta. Si tratta solo di vecchie conoscenze con cui riallacciare i rapporti. Primo fra tutti con Danilo Calvani, guida dei forconi e prima ancora uomo della Lega.

Una storia lunga

Già nel 2013, a pochi giorni dal leggendario appuntamento al Lingotto di Torino in cui Matteo Salvini avrebbe riunito per la prima volta le anime sovraniste europee, il neosegretario della Lega aveva iniziato il rilancio del suo partito sposando le proteste dei forconi, che allora imperversavano per la penisola.

Spalleggiato da Lorenzo Fontana e Mario Borghezio, all’epoca europarlamentari, partecipava regolarmente alle manifestazioni degli agricoltori che protestavano contro i «troppi vincoli» e la «moneta criminale», ossia l’euro.

Borghezio si augurava che i «forconi padani» raggiungessero Roma e Bruxelles, altri parlamentari auspicavano che entrassero in parlamento. L’ambizione del partito era quella di intestarsi la protesta per scippare la polemica al Movimento 5 stelle, che era in piena parabola ascendente.

Benissimo anche fare propria la battaglia delle quote latte. Nel 2014 Salvini contestava l’Ue con un tweet senza mezzi termini: «Da Commissione europea multa di 1,4 mld a Italia per sforamento (falso!) di quote latte. Vaffanzum agli euroburocrati, Lega non si arrende!»

L’ascesa

Il tema del latte sarebbe ritornato anche ai tempi del governo gialloverde, nel 2019, quando però il segretario della Lega (e vicepremier) era già diventato il punto di riferimento delle associazioni di categoria, che si erano riorientate verso sponde più sovraniste.

Non si contano in quegli anni le comparsate di Salvini alle manifestazioni di settore dove si scagliava contro il Ceta, l’accordo di libero scambio in discussione con il Canada, e difendeva i prodotti italiani dalle «cavallette».

Era l’epoca in cui il consenso di Salvini era oltre il 30 per cento e al partito apparteneva anche il ministro dell’Agricoltura, appunto Centinaio. In Europa nel 2019 la Lega ha piazzato tre suoi deputati in commissione Agricoltura, Angelo Ciocca (l’uomo che ha messo le sue scarpe sul tavolo durante una conferenza stampa del commissario Pierre Moscovici), Elena Lizzi e Rosanna Conte. Ma il presidente dell’organismo parlamentare è un Popolare tedesco, mentre il commissario competente si chiama Janusz Wojciechowski. È un polacco del Pis, partito che fa parte dei Conservatori di Giorgia Meloni.

Lo schema sembra quasi un’anticipazione dello spostamento degli equilibri che si è verificato anche sul piano nazionale, dove, nonostante l’impegno costante di Salvini nel coltivare i rapporti con la categoria, la Lega ha progressivamente smesso di essere il punto di riferimento degli agricoltori.

Un ruolo che si è intestato sempre di più Fratelli d’Italia. Grande protagonista della manovra, il referente di settore, Luca De Carlo, segretario regionale del Veneto, che ultimamente viene spesso tirato in ballo come prossimo candidato dei meloniani per la presidenza della regione: è stato lui a soffiare alla Lega la guida della commissione Agricoltura al Senato dopo le elezioni del 2022 e per poco non è diventato ministro.

FdI, durante la spartizione degli incarichi di governo, ha insistito per presidiare il ministero competente che, alla fine, è finito in mano a Francesco Lollobrigida, cognato della premier.

In questi giorni, nel bel mezzo della protesta, è lui l’obiettivo di tutte le critiche. E anche del fuoco amico della Lega. Ai salviniani – che hanno ormai solo la presidenza della commissione Agricoltura della Camera – non pare vero di poter accusare il ministro di incompetenza, scarsa conoscenza del settore e poca disponibilità ad ascoltare i consigli.

«Troppo appassionato a spedire la pasta nello spazio che a badare alle diverse istanze degli agricoltori in giro per la penisola» dicono nella Lega di Lollobrigida.

In attesa che gli agricoltori e i loro trattori trovino la propria strada verso palazzo Chigi o il palco dell’Ariston – ieri pomeriggio, secondo Calvani e l’azienda, non c’erano ancora stati contatti per l’ospitata – la protesta resta l’ultima occasione di Salvini per tornare nelle grazie degli agricoltori e recuperare un po’ del consenso perduto. Per raggiungere quest’obiettivo vale tutto, perfino fare a gara a intestarsi il passo indietro della Commissione europea sulla proposta sui pesticidi. L’importante è arrivare anche solo un minuto prima di Fratelli d’Italia.

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