«Il contributo delle nostre Forze armate alla causa della pace e della cooperazione internazionale si è caratterizzato con l’adesione al Trattato Nord Atlantico sottoscritto fra paesi amanti della libertà». Nel giorno in cui la festa della Repubblica torna in piazza – piazza si fa per dire, torna ai Fori imperiali di Roma dove sfila la parata militare, in cinquemila almeno accorrono – il presidente Mattarella segna, con il messaggio dal presidente della Repubblica al capo di stato maggiore della Difesa, l’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, una solida scelta di campo dalla parte della Nato. Non potrebbe essere diversamente. «L’Italia si muove per la pace su mandato del parlamento», dice Mattarella.

Solo che alle sue parole fa da contraltare un tweet di Matteo Salvini in cui cita Benito Mussolini: «Buon 2 giugno a chi farà qualche giorno di vacanza... Chi si ferma è perduto». Quella di ieri è l’ennesima provocazione, in piena festa della Repubblica.

Uno schiaffo alle cerimonie repubblicane che si svolgono a Roma, per la prima volta dopo due anni di pandemia in presenza. È anche, stavolta, uno sgarbo alle Forze armate che tornano a sfilare. Nulla a che vedere con le contro manifestazioni dei pacifisti e disarmisti che, contro l’invio delle armi in Ucraina, si riuniscono a Roma, a Genova e, nel pomeriggio, a Pisa contro il progetto di costruzione di una nuova base militare (solo in quest’ultimo caso ai presìdi sono presenti anche Pd e M5s).

Le armi all’Ucraina

La questione degli aiuti militari italiani all’Ucraina invasa il 21 giugno sarà oggetto di discussione in parlamento: il premier Mario Draghi sarà al Senato e alla Camera per le comunicazioni al parlamento in vista del Consiglio europeo che si terrà il 23 giugno. Gli esiti del voto sulla mozione di maggioranza potrebbero segnare un punto di non ritorno per il governo. Gli ex alleati grillini potrebbero unirsi alla Lega nel no. Per la giornata di ieri, però, restano sulle generiche: «Il 2 giugno del 1946 gli italiani scelsero con un referendum di diventare una Repubblica, la nostra Repubblica, archiviando definitivamente l’orrore della guerra e del fascismo. Oggi più che mai, di fronte agli scenari internazionali, è nostro dovere riaffermare i valori di pace e solidarietà», è il comunicato del M5s.

La festa a Roma

In mattinata il 2 giugno viene festeggiato in tutte le città. Ma è a Roma che tornano le Frecce tricolori, quelle che Mattarella aveva voluto nei cieli anche durante la pandemia. Il presidente della Repubblica, accompagnato dal ministro della Difesa Lorenzo Guerini, porta il suo omaggio all’Altare della patria, davanti a tutte le autorità. Poi sfila la parata militare. Tribune affollatissime, accanto al premier Mario Draghi e ai presidenti di Senato e Camera Maria Elisabetta Casellati e Roberto Fico.

Sfilano anche le rappresentanze civili – i sindaci, guidati dal presidente dell’Anci Antonio Decaro e le trenta professioni sociosanitarie in prima linea nella trincea del Covid – che Guerini ha fortissimamente voluto, per dimostrare, almeno nelle forme, la gratitudine della Repubblica ai protagonisti della lotta “civile” in cui è stata impegnata la sanità italiana. In tribuna c’è anche il generale Francesco Paolo Figliuolo, fino al 31 marzo commissario straordinario all’emergenza Covid e ora capo del Comando del vertice interforze della Difesa.

Nell’occasione il generale prende finalmente parola sulle denunce di molestie arrivate all’ultimo raduno dell’associazione dei “suoi” alpini a Rimini. «Se ci sono stati degli episodi, chi li ha fatti deve pagare», è tutto quello che i cronisti riescono a strappargli. Nel pomeriggio i giardini del Quirinale vengono riaperti ai cittadini. Più di duemila invitati, fra le categorie dei “fragili” accolgono il presidente.

Il contesto internazionale

Al termine della cerimonia della mattina Mattarella ha mandato un messaggio di apprezzamento al titolare della Difesa per una cerimonia incentrata «opportunamente», è la sottolineatura, «sul difficile e delicato periodo che il nostro continente sta vivendo, in cui i valori della coesistenza pacifica sono pesantemente in discussione».

Ma è all’ammiraglio Cavo Dragone che indirizza le parole più esplicite: «L’attuale contesto internazionale ci interroga profondamente su come sia possibile garantire oggi il bene indivisibile della pace», scrive, e la pace deve essere «basata sul rispetto delle persone e della loro dignità, dei confini territoriali, dello stato di diritto, della sovranità democratica; una pace basata sull’utilizzo della diplomazia come mezzo di risoluzione delle crisi tra nazioni; una pace basata sul rispetto dei diritti umani».

Sono quasi le stesse parole che il capo dello stato ha usato alla vigilia della festa, davanti agli ambasciatori accreditati, le delegazioni russe e bielorusse non invitate. E in fondo a questo “piano di pace”, che presuppone il ritiro degli occupanti russi, risponde nella sostanza Salvini, impegnato in una diplomazia parallela, e non autorizzata, con Mosca. Che evidentemente ha tutt’altra idea di pace.

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