Giuseppe Conte si è infilato in una via molto stretta e non è detto che riesca a uscirne. Il tempo passa e non solo non si vede la soluzione del problema, ma neanche un appuntamento per risolverlo. Continua infatti a non esserci traccia del Consiglio dei ministri che doveva essere convocato per i prossimi giorni. E anche alla riunione dei capidelegazione di ieri sulle misure anti Covid, del futuro del governo non si è parlato. La crisi ventilata dal leader di Italia viva Matteo Renzi sembra farsi sempre più concreta, e ora le possibilità tra cui il premier può scegliere sono molto poche. In più presentano tutte ostacoli più o meno grandi da superare. I guai del premier erano cominciati con la richiesta di una verifica di governo da parte di Renzi da concludersi negli ultimi giorni delle vacanze natalizie. Alla conferenza stampa di fine anno, dopo aver incontrato più volte le delegazioni dei partiti di maggioranza, Conte aveva sfidato l’ex presidente del Consiglio, annunciando la volontà di presentarsi in aula. Al Senato la maggioranza è da sempre sottilissima, e Renzi lo ha ben chiaro: sfilare i suoi 18 senatori manderebbe a gambe all’aria l’esecutivo. Negli ultimi voti i giallorossi hanno potuto contare su 163 senatori: per raggiungere i 161 di maggioranza assoluta senza Italia viva ne servirebbero altri 16. Non è un numero facile da raggiungere anche perché votano già abitualmente con la maggioranza (quindi sono già conteggiati) molti appartenenti al gruppo Misto. La maggioranza guarda ai cosiddetti responsabili, tre senatori fuoriusciti da Forza Italia e gli altri tre di Cambiamo!, ma per ora tutti negano categoricamente di poter votare la fiducia.

Lo scenario

In realtà non è detto che si arrivi davvero al voto. Conte potrebbe infatti replicare la fine del Conte I: presentarsi in aula per una comunicazione ma poi evitare un conteggio del cui esito non può essere certo e salire direttamente al Colle per ottenere un nuovo incarico dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Per chiederlo deve essere sicuro dei suoi voti. È però estremamente improbabile che il Quirinale possa concedere il via libera a un esecutivo che si regga su consensi pescati qua e là in parlamento e nemmeno raccolti in un unico gruppo. Inoltre i responsabili sono pochi, e anche se dovessero decidere di sostenere il governo non si scopriranno fino all’ultimo. C’è chi dice che lo stesso gruppo di Italia viva possa spaccarsi di fronte al voto di fiducia, con alcuni parlamentari preoccupati dell’addio definitivo a Camera o Senato. I senatori di Iv giurano che di dubbi non c’è traccia. Senza di loro però l’unico altro modo per ottenere i voti necessari sarebbe un sostegno da parte di Forza Italia. Ma è difficile che il partito di Silvio Berlusconi scelga di compromettersi di fronte alla prospettiva di un voto che facilmente porterà a un governo di centrodestra di cui FI farà sicuramente parte.

L’altra possibilità è che Renzi e Conte si siedano intorno a un tavolo e risolvano i loro problemi. Le incomprensioni sono tante: Mes, cantieri, Tav, scuola, servizi segreti. Sembra però un’ipotesi sempre più lontana. Dal lato del Movimento 5 stelle ci si chiede quale siano davvero le priorità di Italia viva, che «pare avere problemi con tutto l’operato del governo» e se cedendo al ricatto non si guadagni solo qualche mese prima di trovarsi di nuovo nella stessa situazione. Dal partito dell'ex premier, invece, si ragiona se non sia già troppo tardi per recuperare rapporti ormai parecchio logorati.

Un ulteriore scenario è quello che vede la sostituzione definitiva di Conte come capo del governo, obiettivo non dichiarato del leader di Italia viva. Un grande rimpasto, magari con un ingresso nell’esecutivo dello stesso Renzi. Ma anche qui si pongono problemi: per i Cinque stelle il capo del governo può essere solo Conte e al momento non ci sono aperture a un nome tecnico come quello di Enrico Giovannini o quello di Marta Cartabia. Questa soluzione richiederebbe anche dei lunghi tempi tecnici per permettere alle macchine dei ministeri di andare a regime. Un ulteriore rinvio che il paese in questo momento non può permettersi, con 209 miliardi di euro di Recovery fund da spendere, una somma che poi nessun partito vuole perdere l’occasione di gestire. Se però gli altri partiti di maggioranza decidessero per il presidente tecnico e solo il Movimento si opponesse, i Cinque stelle finirebbero per passare come l’unico ostacolo per la creazione di un esecutivo stabile, costringendo il paese a tornare alle urne nel bel mezzo di una pandemia.

 

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