La Campania resta in bilico per ore fra la fascia gialla e quella arancione. Potrebbe addirittura fare un doppio salto verso la zona rossa, secondo fonti che però non trovano conferma. La valutazione «automatica» dei dati tramite i 21 indicatori, quella che il governo aveva assicurato nell’ultimo Dpcm, si rivela molto più complicata del previsto.

Nel tardo pomeriggio di lunedì, dopo la riunione della «cabina di regia» e quella successiva del Comitato tecnico scientifico, il ministro della Salute Roberto Speranza prepara le ordinanze con cui spedisce in fascia arancione Abruzzo, Basilicata, Liguria, Toscana e Umbria. Ma sulla regione di Vincenzo De Luca prende tempo.

Dalla cabina di regia la Campania esce «gialla». Ma il ministro si riserva «un supplemento di riflessione», un «approfondimento». Per qualche ora, fino a martedì viene. Alla regione Campania non se l’aspettano. In effetti i dati di lunedì sono preoccupanti: 3.120 nuovi positivi rispetto ai 4.601 di domenica, ma a fronte di una netta riduzione dei tamponi effettuati, 15.793 contro 25.806. Il totale dei positivi è di 90.039 su 1 milione 139.496 di tamponi effettuati. Sono 18 i decessi, tre di più rispetto al giorno prima. Su 590 posti letto di terapia intensiva, quelli occupati sono 191. E il problema è anche quello che il Covid blocca. Vincenzo Bottino, dell’associazione chirurghi (Acoi) parla di «oltre 40mila persone che in Campania aspettano un intervento chirurgico da mesi».

Ma la cabina di regia del ministero maneggia i dati dello scorso venerdì, nella sua eterna analisi di un tempo passato. Se li accetta, su quelli deve fare la sua valutazione. E allora spunta qual è il vero inciampo: nei numeri delle diverse province campane c’è un differenziale molto alto. Napoli e Caserta versano in condizioni molto peggiori delle altre, le altre tengono bassi i valori medi regionali. Per tutta la giornata il ministero tenta di convincere De Luca a due giri di vite localizzati. Inutilmente. A fine serata la Campania resta gialla. Ma martedì dovrebbe arrivare quella ulteriore riflessione che però per la regione è solo «la vidimazione del ministro ai dati. Che non sono falsi».

Campano e campale

De Luca vuole avere pubblica soddisfazione per levarsi di dosso quella che considera una calunnia: secondo alcuni giornali la regione non fornirebbe dati veritieri. Da giorni lo predica il sindaco di Napoli Luigi De Magistris, che denuncia una sanità al collasso che non corrisponde alla cifre ufficiali.

De Luca sa di avere dalla sua il Pd. In mattinata sente Speranza, con il quale crede di essere d’accordo, e poi scatena la sua contraerea: «Stiamo assistendo a uno sciacallaggio mediatico senza precedenti sulla sanità campana, teso ad accreditare l’idea di manovre oscure messe in atto per nascondere la realtà. Esempi di comportamenti scandalosi e irresponsabili sul piano delle competenze istituzionali e delle responsabilità personali». Il sindaco di Napoli Luigi De Magistris non è nominato, non serve. Le immagini del lungomare di Napoli preso d’assalto dai passeggiatori della domenica, dice, sono «clamorose e insostenibili», «con assembramenti vergognosi e nella più totale assenza di ogni forma di controllo. Agli occhi dell’Italia basterebbero quelle immagini per motivare una zona strarossa al di là dei dati ospedalieri e sanitari». Ce l’ha ancora contro il sindaco quando parla del «ripetersi di dichiarazioni indecenti da parte di gente che non ha mosso un dito in questo anno per esercitare una sia pur minima azione di contrasto al Covid». Poi però se la prende con Walter Ricciardi, il consigliere scientifico del ministro Speranza. Secondo il quale la zona rossa a Napoli e in Campania andava fatta «due settimana». Per De Luca sono dichiarazioni «estemporanee» di uno che «continua ad esternare a ruota libera». Il presidente chiede che il governo decida: «Chiedo un confronto di merito e pubblico sui dati oggettivi del sistema sanitario campano», «Non abbiamo da occultare né da attenuare nulla di nulla. Credo sia interesse comune non tollerare zone d’ombra e verificare con chiarezza la realtà degli ospedali, delle terapie intensive, dei ricoveri, del tasso di mortalità, del personale». Il finale è insidioso: la richiesta «è stata pienamente condivisa questa mattina dal ministro Speranza».

La procura di Napoli è costretta a smentire indagini sui dati sanitari: «Nessuna iniziativa è stata assunta né tanto meno annunciata da questo ufficio».

De Magistris a De Luca risponde per le rime: la chiusura del lungomare è inutile, «assurdo investire un sindaco di una decisione che non serve a nulla», la polemica è un’arma di distrazione «dal tema vero che è quello delle file davanti agli ospedali cittadini». Il ministro Speranza prova a convincere De Luca a provvedimenti localizzati. E’ quello che chiede Ricciardi: «Servono dei veri lockdown cittadini e spetta ai governatori proclamarli. Vedo troppa gente ancora in giro per le strade» e ce l’ha con alcune grandi città: «Milano, Genova, Torino e Napoli». Quello che pensa De Luca di Ricciardi lo abbiamo visto, sul resto non ci sente: ha fatto la sua parte da sceriffo, ora chiede un lockdown generale. O, nel caso, strette locali comunque ordinate dal governo. Ma il governo non lo può fare: l’ultimo Dpcm agisce su scala regionale, intervenire su province e comuni significherebbe infilarsi in una fossa di serpenti.

Del resto le sue clamorose quanto contestate ordinanze restrittive De Luca le ha fatte: lunedì il Tar Campania ha respinto la richiesta di sospensione della numero 89 con la quale il 5 novembre ha disposto la chiusura di tutte le scuole fino al 14.

La ministra della scuola Lucia Azzolina si era scatenata, ma lunedì il presidente ha ricevuto un mezzo riconoscimento addirittura dalla Cisl scuola. La segretaria Maddalena Gissi se la prende con le chiusure ondivaghe della Puglia ma quanto alla Campania, «non siamo dell’idea che chiudere le scuole risolverà il problema, ma il governatore non ha voluto usare mezze misure per non rischiare ulteriori contagi».

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