Da lunedì fino al 24 novembre bar e ristoranti saranno chiusi di domenica e nei giorni festivi; in quelli feriali saranno aperti dalle 5 alle 18. Stop allo sport dilettantistico, chiuse palestre, chiusi teatri, cinema, niente spettacoli neanche all’aperto; nelle scuole superiori la didattica a distanza andrà incrementata al 75 per cento anche con turni pomeridiani. Resta in presenza la scuola del primo ciclo di istruzione e i servizi educativi per l’infanzia. Fin qui le prescrizioni del nuovo Dpcm discusso ieri, l’approvazione è slittata a domenica perché la maggioranza non trova l’accordo.

I consigli

Le regioni sono divise anche sui nuovi “consigli”: «È fortemente raccomandato a tutte le persone fisiche di non spostarsi, con mezzi di trasporto pubblici o privati, in un comune diverso da quello di residenza, domicilio o abitazione, salvo che per comprovate esigenze lavorative, di studio, per motivi di salute, per situazioni di necessità o per svolgere attività o usufruire di servizi non sospesi e non disponibili in tale comune». Il presidente veneto Luca Zaia giudica il provvedimento duro, quello campano Vincenzo De Luca troppo blando.

Il nuovo Dpcm precipita i tempi di un’altra stretta. Né può andare diversamente alle soglie dei ventimila contagi: a ieri in Italia eravamo a 19.664 nuovi casi, oltre mille ricoveri in terapia intensiva, 151 morti. Venerdì il report dell’Istituto superiore di sanità parlava del raggiungimento imminente di «soglie critiche dei servizi assistenziali». Quello stesso giorno l’appello di cento accademici dei Lincei per «provvedimenti stringenti e drastici». Ieri l’allarme degli anestesisti ospedalieri: servono «subito ulteriori restrizioni», i pazienti in rianimazione raddoppiano «ogni nove giorni».

Il capo dello stato Sergio Mattarella invoca spirito «di unità e coesione» delle diverse articolazioni dello stato: suona come un invito a governo e enti locali, ma anche a maggioranza e opposizione. Conte deve fare in fretta: peraltro su ogni minuto perso aleggia lo spettro dei casi di Alzano e Nembro, i due paesi della Val Seriana (Bergamo) diventati troppo tardi zona rossa durante la prima ondata. Indaga la procura, il rimpallo delle responsabilità va avanti dall’inizio, ma oggi nessuno si può permettere la replica di quel film, e del finale drammatico.

Il premier si mette al lavoro la notte di venerdì. La prima riunione, con il ministro della salute Roberto Speranza, è alle sei della mattina di sabato. Servono «misure rigorose, robuste e serie», avverte il ministro, per «governare la curva e raffreddare la situazione epidemiologica», «Non possiamo avere l’obiettivo immediato di azzerare Rt, che ieri era ad una media nazionale di 1,5, ma dobbiamo assolutamente abbassarlo, non è sostenibile». La stretta ha diverse versioni. Ma la cosiddetta «soft strategy» ormai è al capolinea. E il ruolino di marcia stavolta chiede il galoppo.

In tarda mattinata il governo riunisce la capidelegazioni della maggioranza. Alle tre e mezza incontra il Comitato tecnico scientifico. Per le quattro è fissato l’incontro con le regioni, preallertate la mattina.

Alle cinque vengono convocati online i capigruppo della maggioranza e dell’opposizione. La nota ufficiale parla di «incontro costruttivo». Ma nella maggioranza il confronto è duro. La ministra renziana dell’Agricoltura Teresa Bellanova si schiera contro quelle che le sembrano «misure drastiche» che farebbero perdere fino al 40 per cento alla filiera agroalimentare. Da Iv è no anche alla chiusura delle palestre.

Con le opposizioni le cose non vanno meglio. Il leader della Lega Matteo Salvini racconta di aver ricevuto nel pomeriggio una telefonata del premier che gli comunica la stretta. Non gli piace: «Prendersela con palestre e piscine, bar e ristoranti, cinema e teatri, non serve a niente. Ma cosa significa “raccomandare” alla gente di non uscire e non spostarsi? Si può o no?».

Il premier deve fare una corsa contro il tempo, una sfida impari – perché in ritardo – alla progressione dei contagi. Ma ha paura di provvedimenti impopolari. Arrivano segnali preoccupanti dal paese (e dai sondaggi).

In mattinata, intervenendo a distanza all’assemblea degli artigiani della Cna, chiede aiuto: «Siamo consapevoli che non tutte le misure sono arrivate con tempestività», ma ora «se non proteggiamo la salute non potremo proteggere nemmeno l’economia». Domenica scorsa, annunciando il secondo Dpcm, aveva usato un parole diverse per escludere un lockdown generalizzato: «Per tutelare l’economia e insieme la salute dobbiamo rispettare queste regole». Poi però alle camere aveva corretto: la salute è il presupposto dell’economia. È il mantra del più prudente dei ministri, Speranza.

Il nodo della scuola

E poi c’è lo spinoso capitolo scuola. La ministra Azzolina ripete che la scuola «non deve chiudere». Le regioni procedono in ordine sparso per alleggerire il trasporto urbano, indiziato numero dei contagi. Le scuole però non sono così sicure come sostiene la ministra. Gli studiosi del Patto trasversale per la scienza hanno reso pubblici i risultati del loro monitoraggio: «La probabilità di infezione in una scuola non è significativamente diversa da quella della società nel suo complesso», spiegano l’immunologa Antonella Viola e il biologo Enrico Bucci. I due sono contrari alla chiusura delle scuole. Anche i presidi: il 75 per cento di “dad” è una quota troppo rigida.

Il governo presto dovrà varare anche il decreto “novembre”, il quarto decreto Covid. Vale 5 miliardi per i quali non servirà votare un nuovo scostamento di bilancio, operazione sempre più difficile per la maggioranza nelle camere decimate dalle quarantene. Si utilizzeranno le risorse già stanziate con i tre decreti precedenti e non ancora “allocate”. Si prevede una proroga della cassa integrazione di 6-10 settimane spendibili fino a fine anno dalle imprese. Il blocco dei licenziamenti fino a fine anno, per un costo di due miliardi. La proroga dei contratti a tempo per 30mila medici e infermieri, per un costo di 1,4 miliardi. Una chiusura più estesa delle attività economiche richiederebbe almeno 4 miliardi che il governo è pronto a stanziare nella legge di bilancio nel fondo per le attività economiche in forte crisi.

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