Giuseppe Conte è l’assente eccellente dei ballottaggi delle comunali. È vero, ai Cinque stelle non restava molto da difendere e non sono stati decisivi in nessuno dei secondi turni nelle principali città al voto. Ma nessun parlamentare pensa possa essere sufficiente, per affrontare la débâcle, il post comparso lunedì sera, intorno all’ora di cena, sul profilo Facebook del presidente del Movimento. «Il vero protagonista di questa tornata di ballottaggi è in modo drammatico l’astensionismo», ha scritto l’ex presidente del Consiglio, spiegando che il risultato deve far «riflettere e dovrebbe allarmare tutte le forze politiche».

«Una volta eravamo noi l’antidoto all’astensionismo, Conte deve capire che se gli elettori si astengono è perché non vogliono votarci», dice un deputato alla seconda legislatura esasperato dal basso profilo che il leader sta tenendo soprattutto nelle ultime ore.

Il problema del confronto

Nessuno sa quali siano gli obiettivi di Conte. I gruppi parlamentari sono all’oscuro delle intenzioni del presidente esattamente come gli elettori del Movimento: dopo ripetute richieste di confronto l’ex premier continua a negarsi ai parlamentari che vorrebbero discutere delle questioni più urgenti.

Sul tavolo, oltre alle amministrative, c’è la riorganizzazione del Movimento. C’è poi chi vuole avere maggiori informazioni sul possibile coinvolgimento di Conte nel caso Di Donna. «Pensi se una cosa del genere fosse successa al capo di un altro partito», dice un deputato.

Una prova della tenuta dei gruppi parlamentari si avrà con la scelta dei nuovi capigruppo, membri d’ufficio della nuova segreteria. Ma la ritrosia del presidente sta alimentando i malumori interni al partito, sempre più diviso tra chi ha ancora fiducia in Conte e chi invece critica la nuova gestione. I parlamentari sono stupiti anche dal modo in cui è stata gestita la comunicazione delle amministrative. Il dossier è stato gestito, ancora una volta, da Rocco Casalino, che però al momento non ha un incarico ufficiale e quindi preferisce non esporsi.

Resta il fatto che, dopo un tour in cui abbondavano gli inviti a iscriversi, le foto dei bagni di folla e le arringhe dal palco, Conte al primo turno ha lasciato sola Virginia Raggi, arrivata quarta a Roma, per precipitarsi a Napoli a festeggiare con Gaetano Manfredi. Una scelta criticata anche da quei parlamentari che sono fan dell’ex premier. Per il secondo turno un breve giro in Sicilia, poi una comparsata alla manifestazione davanti alla sede della Cgil dopo l’attacco del 9 ottobre e, sabato scorso, la partecipazione alla manifestazione di piazza San Giovanni contro il fascismo.

Nel mezzo sui suoi profili social sono stati pubblicati attacchi a Giorgia Meloni e Matteo Salvini, ragionamenti sul costo dei tamponi e del reddito di cittadinanza e una foto del ghetto di Varsavia associata all’anniversario del rastrellamento del ghetto di Roma, ma l’avvocato del popolo non si è visto molto in giro. Non si sono avute sue notizie neanche domenica, il giorno del voto, quando nessuno della comunicazione Cinque stelle ha voluto segnalare l’orario in cui il presidente si sarebbe recato al seggio per votare. Non esistono dunque immagini che immortalano Conte mentre inserisce nell’urna la scheda con cui, stando alle dichiarazioni ufficiali, ha sostenuto Roberto Gualtieri, candidato al quale, con il suo endorsement, avrebbe dovuto portare i voti di Raggi. Eppure, dove possibile, come a Napoli, Bologna o in Sicilia, il presidente si era fatto promotore del dialogo con il Pd sempre in pubblico, meglio se a favore di telecamera. Nel post di commento all’esito dei ballottaggi, invece, è arrivato un mezzo passo indietro: il M5s a Roma e Torino sarà all’opposizione. Un parlamentare racconta addirittura che il presidente ha dovuto declinare l’invito del segretario del Pd Enrico Letta che gli aveva proposto di raggiungerlo in piazza dei Santi Apostoli per festeggiare la vittoria di Gualtieri.

Ieri Conte ha cercato di aggiustare il tiro. In mattinata, mentre Letta rientrava in parlamento come deputato del Pd, l’ex premier pubblicava un post per rilanciare le modifiche al reddito di cittadinanza in vista della discussione sulle legge di Bilancio. Il presidente non è sceso nel dettaglio, il dossier tecnico che contiene i miglioramenti da proporre è ancora in mano a un gruppo ristretto di persone nel Movimento. Il messaggio però è chiaro: chiuso il capitolo delle amministrative, il M5s si impegna per il paese.

Insistere sul merito

«Il M5s lavora per la vita reale dei cittadini. A testa bassa con impegno, a testa alta senza rinunciare ai nostri valori», chiude retoricamente il post l’avvocato del popolo. Ma le comunicazioni che Conte fa girare nel corso della giornata e il fatto che l’avvocato non si faccia mai vedere fanno pensare poco alla «testa alta». In calendario c’era un nuovo appuntamento con Raggi e i Cinque stelle romani, ma col passare delle ore non se n’è più parlato. Si parla invece della smentita all’Adnkronos con cui lo staff dell’ex premier ha ribadito che non è tra i suoi obiettivi quello di correre nel collegio di Roma 1 dove nei prossimi mesi si dovrà votare per scegliere chi prenderà il posto lasciato libero da Roberto Gualtieri.

Certo non è il momento migliore in cui premiarsi con una poltrona alla Camera. Ma la possibilità di guidare le truppe grilline dall’interno del parlamento durante l’elezione del prossimo presidente della Repubblica sarebbe un’occasione importante per Conte. Il presidente sa però che ora è il momento di concedere qualcosa al partito, e col passare delle ore la comunicazione si concentra sulle nomine interne: quelle della segreteria, quelle dei Comitati tematici e quelle dei direttivi dei gruppi parlamentari. Molti posti che possono accontentare molti parlamentari ed ex eletti ingombranti, tanto che Conte nel pomeriggio rassicura: «C’è posto per tutti». Una frase che mira a riconquistare il sostegno dei suoi parlamentari in vista delle nomine dei capigruppo. A Conte interessa non avere in segreteria chi è critico con lui, come per esempio l’attuale capogruppo Davide Crippa. Il presidente sa che la poltrona su cui siede è tutt’altro che saldo e che per mantenersi dov’è deve riguadagnarsi se non la fiducia almeno il supporto utilitaristico dei parlamentari. In fondo, il prossimo a compilare le liste elettorali dovrebbe essere proprio l’avvocato del popolo.

 

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