La costituente tra il Movimento 5 stelle e Articolo 1 non è, almeno per il momento, una prospettiva realistica. O almeno, non per Articolo 1: «Noi diamo una mano per federare i progressisti e ricomporre la sinistra. Su un programma nuovo. Fuori da qui c’è solo il gioco dei quattro cantoni, a somma zero». Pierluigi Bersani sconfessa la possibilità di una realtà nuova da creare insieme ai Cinque stelle, e alza il tiro: «Facciamo in autunno una convenzione dei progressisti. Noi daremo una mano», dice il fondatore della formazione di sinistra. Insomma, si pensa a rafforzare il “campo largo” voluto dal segretario Pd, Enrico Letta, e al momento si sconfessano possibili rapporti privilegiati con una delle parti interessate, come il M5s.

«La nostra prospettiva non è un partito con i Cinque stelle», dice Arturo Scotto coordinatore di Articolo 1. Certo, la continuità di temi c’è, così come la volontà di coltivare un campo comune. «C’è un rapporto forte tra noi che rivendichiamo perché siamo stati quelli che più di tutti e in estrema solitudine sostenevano questa linea. Il nostro congresso di pochi giorni fa è stato un luogo dove sia Pd che Cinque stelle erano a proprio agio. L’alleanza ne è uscita rafforzata», dice.

I Cinque stelle più vicini a Giuseppe Conte, però, da tempo hanno maturato il desiderio che Articolo 1 possa rappresentare molto di più che una cerniera, rispetto al M5s stesso, nell’alleanza giallorossa, anche se nel pomeriggio in una nota il Movimento fa sapere che «la costituente è solo una fantasia che non ha alcun fondamento. Con Articolo 1 c’è solo una solida collaborazione e condivisione di temi». 

Non è un segreto che la linea pacifista dell’ex presidente del Consiglio tenti da tempo i parlamentari del partito e anche la lista dei relatori della nuova scuola di formazione del Movimento, che include numerose figure di riferimento della sinistra, come Vincenzo Visco, ha ulteriormente rafforzato le sintonie politiche.

Ma di qui a precipitare in un progetto concreto la strada da fare è molta. Da Articolo 1 si avverte una simpatia anche per la nuova scuola: «il confronto culturale e anche politico è normale tra alleati, anche alla nostra festa erano invitati tanti Cinque stelle. Inoltre, è un bene che il Movimento si ponga il problema della formazione», dice una fonte del partito.

Ma la prospettiva di un raccordo più forte tra i due partiti sfuma ulteriormente se si considera la possibilità di una nuova legge elettorale di tipo proporzionale, ipotesi avallata nelle ultime settimane anche dal Pd, tradizionalmente ostile.

Un’occasione per rafforzare i profili dei partiti, più che per creare una realtà di compromesso all’interno di una larga coalizione. «Il proporzionale non è un escamotage per evitare che la destra vinca, ma serve per costruire i partiti. Anche per il Pd, nato con un’impostazione favorevole al maggioritario, significa un cambio di fase notevole», dice Scotto. 

Attesa per l’informativa

La linea di Articolo 1 la detta il congresso: investire nel campo progressista e organizzare un soggetto nuovo nell’ambito delle forze che si ritrovano anche nel Partito socialista europeo. Niente da fare per Conte, che non ha gradito la diffusione delle sue intenzioni su Repubblica e che avrebbe preferito lavorare con più calma al progetto.

Anche perché all’orizzonte si staglia l’informativa del presidente del Consiglio Mario Draghi sulla guerra, chiesta con insistenza dal presidente del Movimento, e che poteva essere un’ulteriore occasione di avvicinamento. Nell’attesa, spiega una nota del Movimento, si sta cercando la soluzione migliore per organizzare un voto sulla strategia dell’Italia in guerra «alla prima occasione possibile nel calendario parlamentare». L’informativa, infatti, non prevede votazioni. Gli unici due appuntamenti che prevedono il voto sono le “comunicazioni” e la discussione di una “mozione”. La prima ipotesi al momento non è entrata in calendario, alla seconda sta lavorando il M5s che potrebbe presentare una mozione da qui a breve. Ma i tempi di un’eventuale discussione potrebbero allungarsi e il testo potrebbe essere discusso dopo le elezioni comunali del 12 giugno.

Più in generale, un voto parlamentare potrebbe creare ulteriori e nuove spaccature all’interno della maggioranza. Ieri il segretario Pd Enrico Letta ha detto chiaramente che nel caso di una nuova crisi di governo, l’esito non potrebbe che essere il voto: un segnale chiaro all’indirizzo del leader Cinque stelle, che però sulla guerra potrebbe trovare l’appoggio del suo ex alleato Matteo Salvini.

Il segretario della Lega ha in programma un incontro a stretto giro, forse già domani, con Mario Draghi. Dopo averlo ascoltato, ha detto Salvini al Fatto quotidiano, valuterà cosa fare in parlamento. 

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