Nessuna deroga: alle prossime elezioni, chi ha già completato due mandati non potrà correre. Ha prevalso la linea del fondatore del M5s, Beppe Grillo, che già da settimane chiede intransigenza sull’ultima delle rigide regole che una volta caratterizzavano il Movimento.

L’indicazione più recente del garante risale ad appena due giorni fa, quando Grillo aveva messo Giuseppe Conte di fronte alla possibilità di un suo addio ai Cinque stelle nel caso in cui avesse concesso deroghe. Un diktat che a posteriori si può leggere come un alibi a disposizione di Conte per giustificare la sua decisione di fronte ai maggiorenti del partito e per fare un ulteriore passo verso il recupero della purezza degli inizi, assieme alla conferma del no all’alleanza col Pd in vista delle prossime elezioni.

Intanto, continua l’emorragia di iscritti e il M5s rischia di perdere nei prossimi giorni altri volti rilevanti. È a un passo da un accordo col Pd l’ex capogruppo alla Camera, Davide Crippa, mentre dovrebbe dire addio al Movimento la prossima settimana anche il ministro Federico D’Incà.

La linea dura

La conferma definitiva della linea dura sul limite di mandati arriva nel pomeriggio con un post Facebook dell’ex premier pieno di omaggi a chi dovrà lasciare, con la fragile rassicurazione che «il patrimonio di competenze ed esperienze con loro maturate non andrà disperso. Continueranno a portare avanti, insieme a noi, le battaglie del Movimento». Poca cosa di fronte alla certezza che il titolo di “onorevole” è perso per sempre: Conte ha escluso anche il principio di rotazione, cioè la possibilità di candidarsi in altre istituzioni o a livello europeo.

A restare fuori sono volti di prima fila come l’ex ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, del fu sottosegretario alla presidenza del Consiglio del Conte I Riccardo Fraccaro e il presidente della Camera Roberto Fico. Niente da fare anche per la vicepresidente del Movimento e del Senato, Paola Taverna («Sorrido pensando che forse l’eco delle mie urla continuerà a sentirsi ancora per qualche tempo al Senato») e per Vito Crimi, già capo pro tempore del Movimento. Fuori anche Nunzia Catalfo, ministra del Lavoro nel Conte I, e pure Giancarlo Cancelleri, viceministro ai Trasporti che qualche settimana fa era ancora quotato come possibile candidato alla regione Sicilia per i giallorossi. Mastica amaro Stefano Buffagni, anche lui in passato viceministro, e ora fuori dai giochi a causa di un primo mandato in Consiglio regionale.

L’unico soddisfatto è Danilo Toninelli, ex ministro dei Trasporti. Da giorni sostiene nelle sue dirette Facebook la necessità di mantenere la regola. Cosa farà adesso? «Rimango nei Cinque stelle come membro del collegio dei probiviri (l’organo che giudica nei casi in cui un membro del M5s contravviene alle regole, ndr) non stipendiato, poi andrò dove mi chiederanno. Farò campagna elettorale: non ho bisogno di stare in prima fila e voglio dimostrare che per fare politica non c’è bisogno di sedere in parlamento». Il suo progetto di “Controinformazione”, come chiama le sue dirette su Facebook, invece, non si interromperà: «Continuerò a divulgare le mie idee tra i miei follower. Se tutti i colleghi hanno accettato di buon grado la decisione? Penso ci saranno varie gradazioni di sofferenza e gioia». E chi sarà a soffrire? «Quelli che si sono immedesimati troppo nel loro ruolo di ministro o parlamentare e chi credeva che sulle deroghe potesse andare diversamente. Adesso però bisogna risolvere un’altra questione, quella delle parlamentarie». Ma non c’è tempo per celebrarle. «Dobbiamo trovarlo, lo statuto prescrive che ci siano le autocandidature e poi gli iscritti votino».

Per le figure di peso costrette a uscire di scena, a fine giugno Grillo aveva proposto un nuovo ruolo: una mentorship stipendiata dal partito per “formare” i nuovi eletti Cinque stelle che li sostituiranno. Difficile immaginare che un futuro del genere possa accontentarli e anche che il Movimento possa avere fondi sufficienti per finanziarlo, considerato il numero (basso) di parlamentari che sarà eletto e la quota, sempre maggiore, di addii tra quelli ancora in carica.

L’ultimo a mollare, ieri, è stato Niccolò Invidia, capogruppo in commissione Lavoro a Montecitorio. Giovedì era uscita la ex vicepresidente del gruppo alla Camera, Francesca Carbonaro. Si intravedono all’orizzonte anche gli addii dei frondisti dei giorni della crisi di governo, i seguaci di Crippa che avevano tentato di trovare un compromesso per continuare il lavoro dell’esecutivo.

Nei prossimi giorni dovrebbero lasciare 7-8 persone: l’idea è riorganizzarsi, per confrontarsi poi con il centrosinistra. Ieri Crippa stesso ha registrato un nuovo simbolo di un’associazione politica e culturale. Interlocutore d’eccezione in questi giorni è Enrico Letta. Resta da vedere quanti posti riuscirà a recuperare per i fuoriusciti il segretario dem, che deve fare i conti con tanta domanda e offerta scarsa.

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