Giuseppe Conte e Beppe Grillo hanno trovato un accordo sul nuovo statuto del Movimento 5 stelle, ma per l’ex presidente del Consiglio la sfida è appena cominciata.

Gli elementi che possono mettere in difficoltà il nuovo governo interno dell’avvocato sono parecchi. Il primo e più importante è quello che nell’accordo non c’è scritto.

Secondo una fonte del Movimento l’accordo attribuisce pieni poteri sulla decisione della linea politica a Conte, ma, anche se Grillo si fosse reso disponibile a un passo di lato, è improbabile che l’ex comico perderà occasione di intervenire quando non sarà d’accordo con le decisioni prese. Il problema più rilevante per Conte è stato, è e resterà il garante fondatore col suo carattere imprevedibile.

«Dalle carte potrà pure apparire tutto regolare, ma Grillo ha dato prova di tanti episodi di ingerenza», dice un deputato Cinque stelle. «È una mina vagante, il pericolo che prenda posizione, anche in dissenso con Conte, ci sarà sempre».

A quel punto, si rischia di replicare la spaccatura interna vista in queste settimane: per capire come si posizionerebbero iscritti e parlamentari, bisogna tener conto del fatto che soprattutto gli eletti si muovono in un limbo tra una fiducia coatta a Conte (un’altra sfida per il suo mandato sarà conquistarsi il loro favore) e la diffidenza verso Grillo, attorno al quale, a partire dal videointervento sul procedimento giudiziario a carico del figlio accusato di stupro, si è generato un clima molto pesante.

Per immaginare quindi come si collocherebbero gli eletti il primo sguardo dovrebbe andare ai due mediatori garanti dell’intesa tra Conte e Grillo, il presidente della Camera, Roberto Fico, e il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio.

«Oggi un loro possibile pronunciamento non si può prevedere – dice ancora il deputato – ma eventualmente farebbe tutta la differenza del mondo capire con chi si posizionano».

Si tratta di un’altra diminutio del potere pratico di Conte, che a questo punto partirebbe con un debito di riconoscenza nei confronti soprattutto di Di Maio, anche agli occhi degli eletti.

L’ex capo politico aumenta così la propria leva politica nei confronti del nuovo presidente, un potere che cresce anche agli occhi degli iscritti, ben consapevoli a chi devono l’accordo tra i due maggiorenti.

Tempistiche

L’altra questione che occupa la mente del presidente in questo periodo è l’organizzazione della sua squadra e la scansione degli eventi che lo porteranno al 2023.

Tra poche settimane comincerà il semestre bianco che precede l’elezione del presidente della Repubblica, durante il quale indire le elezioni è impossibile.

La prospettiva è ormai quella del voto nazionale: Conte vuole arrivare pronto alla campagna elettorale, con una struttura interna che sia sua emanazione e faccia rodaggio fino a fine anno, per lanciare nel 2022 la campagna. Anche perché, confermano diverse fonti, se la situazione del Movimento (e di tutta la politica) non fosse stata in questo periodo così schiacciata sull’elezione dell’inquilino del Quirinale e poi sulla formazione del prossimo governo, Conte «avrebbe valutato con più serietà l’ipotesi di prendere altre strade».

Consenso

Attualmente Conte gode di un consenso interno fortissimo, non tanto tra gli eletti, che come abbiamo visto lo subiscono più come l’unica possibilità di uscire dall’impasse, quanto tra gli iscritti e gli attivisti.

Le aspettative nei confronti dell’avvocato sono dunque altissime, ma per l’autunno già si staglia all’orizzonte una probabile disfatta alle amministrative.

Oltre a trovarsi con dossier ancora aperti da chiudere immediatamente dopo l’insediamento, come le candidature di Milano e Torino (per cui è addirittura previsto il voto degli iscritti sulla piattaforma), Conte dovrà coltivarsi l’elettorato Cinque stelle per compensare la probabile brutta figura all’appuntamento elettorale. Insomma, per far dimenticare i mancati successi sul territorio, l’ex presidente del Consiglio dovrà lavorare sodo a livello di maggioranza, puntando fortissimo su bandiere storiche come la riforma della giustizia, su cui i parlamentari hanno già annunciato battaglia, e sul reddito di cittadinanza, minacciato da Matteo Renzi, che ha fatto sapere di voler iniziare l’anno prossimo a raccogliere le firme per un referendum abrogativo. Negli impegni del presidente è previsto anche ampio spazio per incontri sul territorio, per entrare a pieno titolo nella realtà Cinque stelle e far percepire la propria presenza a tutti gli attivisti, una capacità che finora era sempre mancata a tutti gli altri capi politici, persino a Di Maio.

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