La sera andavano da Vespa. Chi si presentava a firmare un contratto con gli italiani (Berlusconi, 2001), chi annunciava gioiose macchine da guerra (Occhetto, 1994), ogni tanto telefonava perfino un papa (Giovanni Paolo II).

Entravano tutti nel sancta sanctorum della telepolitica italiana, ma loro no, anzi i Cinque stelle a un certo punto pensarono che quello fosse il tempio del male. Del resto, era pur sempre l’azienda che a suo tempo aveva buttato fuori dallo schermo il padre fondatore, Beppe Grillo, per una battuta su Bettino Craxi.

«Chi partecipa ai talk-show deve sapere che d’ora in poi farà una scelta di campo» fu l’anatema lanciato a un certo punto dal gran capo, erano ancora i giorni in cui si scalava il potere con un blog. La parola dell’antisistema doveva vivere altrove, meglio se in streaming, senza compromissioni col potere, senza promiscuità, da nudi e puri. Il salotto di Vespa per Luigi Di Maio meritò la definizione di pollaio, perché là in campagna elettorale ci si azzuffava.

Poi i tempi cambiano, le mamme invecchiano e dov’era tutta campagna ci fanno le masserie, pure Bruno Vespa ne ha costruita una. Il Movimento è finito, nel senso che tutto è compiuto. Il sistema ha ingoiato da tempo i mostri che aveva creato e nella masseria di Vespa forse non ci sarà neppure un pollaio, adesso non importa, nel dubbio Giuseppe Conte ha deciso di andarci come tutti, e se prima uno valeva uno, adesso uno è uguale a un altro, l’eresia è finita, andate in pace.

C’è un forum organizzato dal vecchio nemico Satana in masseria, nella tenuta Li Reni, tra Manduria e Avetrana. È qui che da quattro anni si dà appuntamento la crema del potere italiano, ministri, governatori, sindaci, in testa a tutti stavolta Giorgia Meloni, al debutto da premier tra i vitigni del conduttore di stato. Pare che sulla burrata sia perfetto il Bianco dei Vespa, allora Conte lo assaggerà domenica, intervenendo da rappresentante delle opposizioni, nel gran rito di chi regge e amministra il paese. Elly Schlein non va, aveva già il week-end pieno, o forse deve aver pensato che ci deve essere un modo per mostrare la diversità e il cambiamento, quando ne parli tanto.

Va a finire sempre come diceva negli anni Ottanta Francesco Alberoni, il sociologo che ogni lunedì firmava una rubrica in prima pagina sul Corriere della sera. Aveva pubblicato per Garzanti un libro dal successo enorme, il titolo era Innamoramento e amore, nel quale ribaltava certe teorie psicologiche su relazioni, infatuazioni e dintorni, descrivendo l’innamoramento come un processo simile per natura a una conversione, lo definiva come lo stato nascente di un movimento collettivo formato da due persone. Ma quando lo stato nascente si fa permanente, l’innamoramento svanisce e rimane l’amore - che non è più solo battito del cuore, ma pure contratti prematrimoniali e separazione dei beni, accordi sui capilista e sulle presidenze delle Camere.

C'è stato un periodo in cui i Cinque stelle dovevano salutare di nascosto i giornalisti, per non farsi scoprire d'averne uno tra gli amici dell’adolescenza, tra i vecchi frequentatori dei meet-up, nel volontariato, tra i compagni d’estate in campeggio. Si guardavano attorno, via libera, e dopo – casomai – abbracciavano. Si chiamavano ancora grillini.

L’abbraccio del Movimento al potere è sdoganato da un pezzo. Col tempo in Rai non ci sono andati più da ospiti. Hanno preso uffici e scrivanie, strapuntini comodi nel cda, una lunga marcia vissuta attraversando palazzo Chigi, dove Giuseppe Conte, educatissimo, per non far dispiacere nessuno è stato prima sposo dei leghisti e poi sposo della sinistra, lui e i post-grillini innamorati da dieci anni con una donna (la Politica) che non avrebbero dovuto amare mai.

Nel passaggio da integerrimo a bellino, un uomo che va al potere è chiamato ad aderire a una certa estetica. Conte non si sta sottraendo. Una volta è in una masseria nel tarantino, un’altra in un albergo da 2.500 euro a notte per una vacanza a Cortina, tutto legittimo, ma senza più la nudità e la purezza di chi rigettava l’establishment e certi languori dal tenor democristiano. Raccontano che sia stato Conte a presentare un sarto napoletano a Trump per sedurlo, «from irrelevant to irreplaceable», ha scritto il New York Times.

Raccontano che il tramonto di Ponza in una foto romantica postata sui social da Di Maio sia stato catturato da una villa di Vespa, senza pollaio. Ma poi chi può dirlo. Ci sono sempre quattro versioni di ogni storia: la tua, la loro, la verità, e ciò che è davvero successo. Questo lo sosteneva Rousseau. Il francese, non la piattaforma. L’originale.

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