Giuseppe Conte si muove in anticipo sulle elezioni regionali in Lazio e detta le condizioni per un’alleanza per una «proposta progressista» che però in pratica distrugge le prospettive di un’alleanza con il Pd. In una conferenza stampa alla sede del Movimento 5 stelle, Conte ha evocato una «proposta politica forte e ambiziosa senza ambiguità su sanità, lavoro e ambiente». 

Le condizioni

Nella pratica, il discorso tocca punti che mettono sotto scacco il Pd perché comporterebbero una sconfessione di tante proposte dem. In cima alla lista c’è l’inceneritore su cui si è spaccata l’alleanza giallorossa e che dopo una serie di conseguenze ha comportato la caduta del governo Draghi. L’alleanza «non può basarsi su nuovi inceneritori» dice l’ex premier, rimandando invece alle esperienze di Colleferro. Conte chiede anche investimenti in energie alternative, come è successo per il parco eolico offshore di Civitavecchia: prossimo obiettivo, riconvertire la centrale Enel sulla terraferma. 

Il secondo pacchetto di raccomandazioni riguarda la sanità, ambito in cui il leader vuole «rompere il connubio perverso» eliminando la discrezionalità della scelta dei direttori delle Asl. Una bordata, neanche tanto nascosta, ad Alessio D’Amato, uno dei nomi più menzionati in campo progressista per la candidatura alla successione di Nicola Zingaretti, nonché quello che andrebbe più a genio a Carlo Calenda. Per chiarire definitivamente la situazione a chi conservasse ancora il dubbio che Conte potesse aprire a un’alleanza con il Terzo polo, l’ex premier a domanda precisa risponde che «i loro insulti rendono impossibile sedersi a un tavolo insieme».

Terza condizione: un investimento sulla mobilità sostenibile. Tradotto: la cancellazione definitiva del progetto di un’autostrada Roma-Latina, compensata da un ampliamento della Pontina e una metropolitana «leggera di superficie per i pendolari».

I rapporti con i dem

Ma il leader del Movimento sembra voler escludere anche il Pd attuale dalle trattative. Al di là della richiesta di «lealtà e correttezza» e del rispetto delle sue «condizioni minime qualificanti», Conte enumera tutti i tiri mancini che ritiene di aver subito dai dem, a partire dall’inserimento dei finanziamenti per l’inceneritori in un decreto Aiuti, passando per l’opposizione al riarmo secondo l’ex premier avversata dai dem. Il leader cita anche la scissione dei dimaiani, che hanno poi trovato accoglienza nelle liste del Pd e tira una linea rossa sulla collaborazione con il Pd «per annacquare i nostri principi». 

Con questi vertici Pd «non possiamo nemmeno sederci a un tavolo». Non è escluso che con altri dirigenti la situazione non cambi, ma certo servirebbe uno scatto da parte dei dem per aprire una trattativa con altri interlocutori da presentare a Conte, altrimenti il M5s si troverà il candidato che secondo Conte, almeno per il momento, non ha ancora trovato.   

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