Dopo la pancia, i Cinque stelle puntano all’anima. Decretato leader del Movimento con qualche malumore interno, ora l’ex premier Giuseppe Conte potrebbe gettare un ponte sull’altra sponda del Tevere. Inaugurata, infatti, la nuova linea «moderata, atlantista, saldamente all’interno dell’Ue» del Movimento per ammissione del ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, tocca all’avvocato frequentatore di Villa Nazareth – la “Oxford dei cattolici” di prelati progressisti come il cardinale Achille Silvestrini e l’arcivescovo Claudio Maria Celli – ricucire uno strappo consumatosi negli anni con la chiesa italiana, contemperando diplomazia e silenzio. Sulla controversa débâcle sul disegno di legge Zan, per esempio, Giuseppe Conte è stato l’unico capo politico a non palesare il suo punto di vista, rendendo soltanto pubblica la posizione del Movimento.

Un occhio ai cattolici

Con un presidente del Consiglio come Mario Draghi, che ha fatto del pacato discernimento ignaziano la cifra stilistica della sua azione politica, i presupposti per un nuovo sodalizio con l’elettorato cattolico ci sono tutti. Secondo quanto riporta il sondaggio realizzato da Demos & Pi per Repubblica lo scorso luglio, la fiducia verso papa Francesco da parte degli elettori Cinque stelle ha raggiunto il 77 per cento.

Una percentuale altissima, a cui fa da contraltare la sfiducia nei confronti della chiesa e della stessa curia. Comparando questi risultati a un sondaggio Ipsos di cinque anni fa, che assegnava ai cattolici praticanti grillini una percentuale tra il 16 e il 20 per cento, molto è cambiato: non solo dentro al Movimento e alle sue metamorfosi fatte di epurazioni e riconciliazioni, ma anche nella costellazione dei partiti nazionali.

Nel 2017, il sondaggista Nando Pagnoncelli sottolineava su Famiglia Crisitana che la percentuale più alta di cattolici praticanti era ancorata nel Partito democratico, con un tasso del 22 per cento. Ancora oggi la fiducia dei cattolici dem verso papa Francesco è alta, ma un certo centrosinistra non può più negare che alcune questioni di natura etica abbiano contribuito a una distanza con la chiesa cattolica, tanto da spingere l’arcivescovo Bruno Forte a parlare di «terza via possibile fra il vecchio collateralismo, ormai inaccettabile, e il rischio di irrilevanza».

Due anni dopo quell’intervista, l’Italia sarebbe entrata in lockdown e ci si chiede se quel rischio paventato non abbia già preso forma.

Un vuoto da riempire

Un ampio fronte laico oggi lamenta la mancanza di un impegno sociopolitico e, di conseguenza, un indebolimento della cultura cattolica dentro e fuori la chiesa: «Certo restano le innumerevoli azioni sociali – e di questo gli italiani ne sono ben consapevoli – ma senza che esista una sintesi e una rappresentazione comune. Il risultato è una chiesa che parla senza contare e che agisce senza parlare», ha di recente denunciato l’associazione Essere Qui, fondata da Giuseppe De Rita e composta da nomi di spicco della politica italiana, tra cui Romano Prodi. «La disfatta della sinistra coincide anche con quella del cattolicesimo democratico, già componente essenziale del progetto del Partito democratico», scriveva Adriano Sofri in un lungo articolo riproposto dal Foglio nel 2018 anticipando quanto emerso nel dibattito pubblico degli ultimi mesi. Tralasciando quelle micro galassie di partiti che cercano di rianimare il cattolicesimo erede di don Luigi Sturzo, le recenti posizioni del fronte democratico su temi come il ddl Zan riassunte dal segretario Enrico Letta hanno contribuito a inasprire i rapporti con una gerarchia ecclesiastica sempre più delusa. Così, fallita l’intesa con i cosiddetti «cattolici adulti», in un paese dove il Concordato stato-chiesa è garantito dalla Costituzione, lo spazio per un’intesa tra politica e religione ci sarà sempre. E siccome il papa ha dichiarato a Radio Cope che per lui le dimissioni sono lontane, rinviando qualsiasi tentativo di ricucitura con porporati “politici e pastorali” come il cardinale bolognese Matteo Maria Zuppi, questo vuoto andrà pur sempre colmato. Come agirà Conte?

Sono lontani i tempi in cui Beppe Grillo, facendo coincidere la nascita del Movimento con quella di san Francesco, riproponeva una visione strumentale del “francescanesimo” in cui azioni ecologiste si univano a impulsi anticlericali. Sono, altresì, parentesi chiuse le posizioni tenaci del Movimento lombardo, quando prendeva di mira i monaci della Certosa di Pavia, “colpevoli” di abitare in un santuario secondo una convenzione stipulata con lo stato secoli prima. In qualità di premier, Conte ha sempre commemorato san Francesco ad Assisi e un grillino della prima ora come Di Maio ha negli anni rinsaldato il legame con i francescani del Sacro Convento: nel 2018 ha personalmente contattato padre Enzo Fortunato per rassicurarlo sul cambio della norma che aveva consentito il raddoppio dell’Ires, l’imposta sul reddito delle società per gli enti no profit e della chiesa cattolica. Negli anni, non sono mancate occasioni di incontro tra il frate e i vertici del Movimento, fino all’ultimo appuntamento di agosto, che ha visto padre Fortunato al fianco di Conte per la presentazione di un libro.

L’anima cattolica

Forte della riconciliazione con il dissacrante Beppe Grillo – che ha consentito una ripresa del consenso, ora al 17,1 per cento – ora Conte può rappresentare l’anima cattolica del Movimento, finora relegata nelle retrovie. Lo sa bene Andrea Aquilino, oggi organizzatore del Movimento sturziano Liberi e Forti, un tempo tra i più ferventi cattolici Cinque stelle, che nel 2014 fu espulso e diffidato a non usare più il logo del Movimento: «Un tempo non era così semplice, anche se l’interesse di entrare in contatto con la Santa sede fosse stato da sempre un desiderio del fondatore Gianroberto Casaleggio», spiega Aquilino, che nel 2013 rese possibile l’incontro tra alcuni vertici del Movimento e l’allora sostituto alla segreteria di Stato vaticana, Angelo Becciu: «Alessandro Di Battista voleva addirittura incontrare papa Francesco» aggiunge. I tempi erano delicati: era il 2013 e alla Camera si era da poco consumata la “protesta del bacio”, una contestazione del Movimento contro il ddl Scalfarotto sull’omofobia, ritenuto insufficiente tanto da richiedere l’astensione dell’intero gruppo parlamentare: «All’incontro vennero Nicola Morra e Di Battista, e raccomandai loro di non toccare temi così sensibili», spiega. «Fu un incontro difficile, con Di Battista che interruppe due volte Becciu, incalzandolo sul concetto di compromesso politico. Si rischiò un piccolo incidente diplomatico», aggiunge.

Il catechista Di Battista

Oggi Alessandro Di Battista è tra i fuoriusciti dal Movimento, ma una sua presenza contribuirebbe a intercettare l’anima dei cattolici cosiddetti progressisti. Con un passato da catechista nella parrocchia Santa Chiara di Roma nord, Di Battista incarnerebbe, nei fatti, quell’ubiquità atta a convincere un elettorato cattolico sempre più incerto, senza il timore di esporsi su temi etici controversi. Postando su Facebook una sua foto davanti a un banchetto per la raccolta firme sull’eutanasia legale, così ha scritto qualche giorno fa: «Ho appena firmato per permettere ai cittadini italiani di esprimersi su un tema che riguarda la dignità umana: l’eutanasia legale. Quando ci sarà il referendum ognuno, ovviamente, voterà come vorrà. Io sono strafavorevole (e lo dico anche da cattolico e praticante)». Forse anche per questo, Conte sta cercando di ricucire lo strappo con lui dato che – secondo quanto scrive Pasquale Napolitano sul Giornale – avrebbe voluto proporgli un seggio al collegio di Primavalle dopo le dimissioni dell’ex deputata grillina, Emanuela Del Re. L’ultimo della schiera dei cattolici grillini è il presidente della commissione parlamentare Antimafia, Nicola Morra, che assieme a Di Battista incontrò in Vaticano Becciu: «Ma all’interno del loro attivismo c’è ben poco di cattolico, specialmente su temi etici», spiega Aquilino.

Forse non si riproporranno più i tempi in cui Avvenire azzardava consonanze tra la sensibilità cattolica e quella grillina – per almeno tre quarti, scrisse in un editoriale il direttore Marco Tarquinio – tanto da spingere Francesco Anfossi su Famiglia Cristiana a chiedersi provocatoriamente cosa ci fosse dentro quell’ultimo quarto. Ma sicuramente Giuseppe Conte potrebbe giocare un importante ruolo di mediatore. Oppure di sarto, stando agli strappi degli ultimi anni.

© Riproduzione riservata