Le presidenze dei cosiddetti “organismi di garanzia” del parlamento, il Comitato sulla sicurezza della Repubblica (Copasir) e la Vigilanza Rai, da assegnare alle opposizioni, non saranno assegnate agevolmente. C’è bisogno di una serie di accordi politici tra i partiti, e di rispetto dei patti, non proprio scontati. Se i voti dell’opposizione dati a Ignazio La Russa, eletto presidente del Senato, sono parte di un ipotetico scambio, non è detto che l’operazione vada in porto. Il problema è nei meccanismi. La commissione più importante è quella del Copasir, a cui ambisce, secondo diverse fonti parlamentari, Italia viva, e addirittura Matteo Renzi in persona.

Copasir dei desideri

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L’organismo, che esercita il controllo parlamentare sui servizi segreti accedendo a informazioni riservate, è formato da dieci parlamentari, cinque deputati e cinque senatori, equamente distribuiti tra maggioranza e opposizione. A quest’ultimi, per legge, spetta la presidenza. I componenti sono indicati dai gruppi parlamentari, entro venti giorni dall’inizio della legislatura, e ufficialmente nominati dai presidenti di Camera e Senato.

Con i numeri dell’attuale parlamento, Fratelli d’Italia dovrebbe avere tre membri, mentre uno a testa spetterebbe a Lega e Forza Italia. Per quanto riguarda le minoranze, invece, due potrebbero essere appannaggio di Pd e Movimento 5 stelle e uno del terzo polo.

Gli equilibri sono delicati: per l’elezione al primo colpo occorre la maggioranza assoluta, sei voti, al primo scrutinio. Altrimenti si provvede al ballottaggio tra i candidati che hanno conseguito il maggior numero di voti: in caso di parità, prevale il candidato più anziano.

Ma non è facile come sembra: per trovare la quadra è necessario raggiungere il numero legale. Altrimenti la votazione deve essere rimandata. Per questo motivo i veti incrociati dei partiti, per esempio su nomi divisivi, rischiano di creare l’impasse. 

E se è vero che Matteo Renzi guarda con interesse al Copasir, non è scontato che ottenga la guida della commissione. Per riuscirvi avrebbe bisogno dei voti del centrodestra compatto, inclusi quelli di Forza Italia. Berlusconi, però, ha accusato Renzi di aver contribuito a far eleggere La Russa al Senato, grazie al voto dei franchi tiratori, e dunque è difficile ipotizzare un suo appoggio per Iv.

Vigilanza spaccata

Un altro esempio rilevante è la commissione bicamerale di Vigilanza Rai, composta da 40 parlamentari, 20 deputati e 20 senatori. Si tratta di un organismo che monitora sul rispetto del pluralismo nel servizio pubblico e deve anche esprimersi sulla presidenza del consiglio di amministrazione della Rai.

All’interno della commissione di Vigilanza devono essere rappresentati, in maniera proporzionale, tutti i gruppi di Camera e Senato. Dunque, al momento, sulla composizione è possibile fare una stima, perché per avere il quadro preciso dell’assegnazione dei posti occorre attendere quanti gruppi riusciranno a formarsi. In ballo ci sono le eventuali deroghe da stabilire negli uffici di presidenza.

A Fratelli d’Italia dovrebbero andare tra gli 11 e i 12 rappresentanti, a seguire il Partito democratico con sei-sette, la Lega e il Movimento 5 stelle con cinque-sei, Forza Italia e Azione-Italia viva con tre-quattro.

Un fatto è comunque certo: per prassi, a differenza del Copasir per cui è obbligo di legge, la presidenza viene assegnata a un esponente dell’opposizione. Così, alla luce della presenza di diverse minoranze nel nuovo parlamento, la situazione è complicata.

Per l’elezione del presidente è prevista una maggioranza qualificata dei tre quinti dell’organismo, che corrisponde a 24 voti. Dal terzo scrutinio in poi è invece sufficiente la maggioranza assoluta, quindi 21 preferenze.

A questo punto c’è un gioco di incastri con Forza Italia potrebbe avere un ruolo decisivo per garantire l’elezione del presidente. Magari mettendo la sabbia negli ingranaggi di accordi politici stipulati dagli altri partner della maggioranza di centrodestra. Non è un mistero che la commissione, in passato, abbia creato clamorose vicende politiche, su iniziativa di Silvio Berlusconi.

Vecchi casi e nuovi nodi

Basti ricordare il caso di Riccardo Villari, all’epoca parlamentare del Pd, che fu eletto con i voti del Pdl perché gradiva il profilo di Leoluca Orlando. Il centrosinistra chiese quindi al suo parlamentare di dimettersi, ma lui rifiutò. Insomma, con i numeri della prossima commissione non è improbabile che si verifichino casi del genere.

Ma c’è un ulteriore nodo da sciogliere: dopo il taglio del numero di parlamentari non è stato compiuto alcun intervento per ridurre anche il numero dei componenti delle commissioni bicamerali, rinviando tutto alla legislatura appena iniziata.

Di fronte ci sono due opzioni: lasciare tutto intatto, con la complicazione che molti parlamentari dovranno sdoppiarsi tra i vari organismi; oppure intervenire con una revisione del regolamento e adeguare la composizione ai numeri dell’attuale parlamento. In questo caso, però, si dovrebbe azzerare tutto, rinominando i componenti della Vigilanza Rai e quindi indicando i nuovi vertici.

I tempi potrebbero essere lunghi. «Serve una legge ad hoc», dice Simone Baldelli, ex deputato di Forza Italia, che nella scorsa legislatura aveva presentato un testo per ridurre a 30 unità la composizione di questa commissione, insieme alle altre. Ma, in pieno agosto, non è stato raggiunto l’accordo unanime tra i gruppi, trascinando la questione nella nuova legislatura.

Non è perciò esclusa la terza via: nelle prossime settimane potrebbe esserci, prima della formazione della commissione, un intervento normativo per cambiare le cose. Le strade percorribili sono due: un emendamento al decreto Aiuti ter, che approderà appena le Camere saranno pienamente operative, oppure con l’iter parlamentare tradizionale, presentando la proposta di legge e facendola approvare in commissione in sede referente. Ma c’è un inconveniente: il rischio di allungare i tempi dell’insediamento, che se tutto procederà a gran ritmo avverrà nella prima metà di novembre.

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