Appena rieletto, Giovanni Toti s’è subito accordato con Paola De Micheli per il tradizionale spoils system sulla nomina dei presidenti delle Autorità portuali liguri che spetta alla ministra delle Infrastrutture e dei Trasporti ma previa intesa col governatore. Alla guida dei porti di Genova e Savona resterà Paolo Emilio Signorini, mentre a La Spezia andrà Mario Sommariva, in quota Pd.

Un presidio irrinunciabile

Per avere un’idea del peso dell’economia portuale in Liguria basta scorrere la lista dei finanziatori di Toti. Armatori, agenzie marittime, autotrasportatori, cantieri navali: shipping e trasporti fanno la parte del leone. Le Autorità portuali, che pure rispondono formalmente al Mit, sono lo snodo strategico del rapporto con questo tessuto economico. Da qui l’importanza per Toti di lasciare al vertice del primo porto d’Italia un fedelissimo come Signorini. Funzionario ministeriale di rango fino a che Graziano Delrio nel 2015 lo ha allontanato in ragione del legame con Ercole Incalza, il potente dirigente del Mit costretto alle dimissioni dall’inchiesta sulle grandi opere. Signorini è stato subito ingaggiato come segretario generale della regione da Toti. Che un anno dopo ne ha caldeggiato il nome per l’Autorità portuale di Genova e Savona.

Valutare l’operato di un presidente di un porto non è facile. I traffici, avvicinatisi nel 2017 e nel 2018 ai volumi del 2008 per poi riscendere nel 2019, prima del pandemico 2020, sono un indicatore fuorviante, legato alla congiuntura economica e a dinamiche geopolitiche lontane dal raggio d’azione di un’Autorità portuale che può al limite impostare strategie a lungo termine per intercettarne il flusso. Più indicativa del risultato economico è quindi la gestione del demanio (pianificazione infrastrutturale e concessioni) e del lavoro portuale, prerogative dirette di un'Autorità chiamata a supervisionare un oligopolio naturale, parzialmente svincolato in quanto tale dalle regole di libero mercato, sia in termini di barriere all’ingresso che di occupazione.

Prima ancora di questi ambiti, è però nel rapporto col territorio che Signorini ha ripagato la fiducia di Toti riassicurandosi l’incarico. Il sodalizio col governatore, allargatosi dal 2017 al sindaco di Genova Marco Bucci, scelto dalla Lega ma ben sintonizzato col “totismo”, è stato saldissimo per tutto il mandato. Tracimando, maligna qualcuno, nella sudditanza.

Cemento e feldmarescialli

Dopo il crollo del Morandi Signorini ha suggellato la partitura orchestrata da Toti per la rielezione sua e di Bucci profetizzando in parlamento, appena 50 giorni dopo l’incidente, un calo del 10 per cento dei traffici portuali. A fine 2018 hanno chiuso invece in crescita sull'anno precedente. Ma il decreto Genova, con il supporto del leghista genovese Edoardo Rixi sottosegretario ai Trasporti, a quel punto era già passato, già assegnata la pioggia di risorse poi distribuita in mille rivoli, già conquistati i superpoteri in materia di appalti. Si, perché all’Autorità portuale oltre a cospicui finanziamenti sono anche state concesse le stesse deroghe normative consentite a Bucci per la ricostruzione del ponte. Ma non per un appalto da 200 milioni come quello, bensì per un “piano straordinario” di opere da oltre 2 miliardi da avviare in 3 anni. Anteprima del modello Genova, nel piano sono finiti interventi rinviati per anni, in alcuni casi assai controversi in termini di rapporto costi/benefici: dal cosiddetto ribaltamento a mare dello stabilimento Fincantieri di Sestri (700 milioni) alla nuova diga foranea (800 milioni).

Il sistema commissariale si è però presto inceppato. Quasi rispettata la previsione nel 2019 (95 per cento dei 257,9 milioni di euro di appalti), il secondo anno, più ambizioso, è stato fallimentare, con l’avvio di meno del 35 per cento degli appalti programmati (652 milioni di euro). E ciò malgrado il ricorso a un subcommissario ad hoc. Ruolo per il quale Bucci ha scelto Marco Rettighieri, già in Italferr come Signorini e oggi presidente di Cociv, il consorzio che sta realizzando il Terzo valico e il nodo ferroviario genovese.

Insoddisfatto dei 60 funzionari della direzione tecnica dell’Autorità, Rettighieri ha preteso una squadra di 8 persone alle sue dipendenze e l’indizione di un concorso per l’assunzione di un Rup (responsabile unico del procedimento). Ha vinto un dirigente Cociv, Marcos Montevecchi. Il risultato è stato deludente e con 1,7 miliardi di appalti da assegnare nel 2021, fra cui i megaprogetti di cui sopra, ancora in attesa in un caso di Valutazione di impatto ambientale (Via) e nell’altro di dibattito pubblico, il modello Genova mostra la corda. Ma per Rettighieri si ventila la promozione a segretario generale dell’Autorità portuale, il numero due dell’ente, con emolumento da 289mila euro annui.

In equilibrio (precario) fra i colossi

Due episodi su tutti mostrano come anche sul tortuoso fronte delle concessioni Signorini si sia destreggiato soddisfacendo Toti e i suoi sostenitori. Nel 2018 ha firmato una concessione ultratrentennale per il nuovo terminal container Bettolo, malgrado la capofila del consorzio fosse la multinazionale svizzera Msc a cui Anac aveva appena contestato l’assunzione a inizio 2017 dell’ex presidente del porto, Luigi Merlo (2008-2015). La legge vieta a un privato di assumere funzionari pubblici che abbiano esercitato su di esso poteri autoritativi prima di tre anni dal termine del rapporto con la pubblica amministrazione.

Signorini ha tirato dritto e ora Anac sta per comminare la sanzione: la legge prevede la nullità dei contratti firmati con il pubblico, e la concessione di un’opera costata al contribuente 250 milioni e 16 anni fra ricorsi e lavori rischia di saltare prima dell’entrata in funzione della stessa. Che sarebbe comunque al di sotto delle potenzialità previste. Azionista di minoranza del concessionario era la Gip, controllata dai fondi Infravia-Infracapital ma partecipata e guidata dal genovese Giulio Schenone.

La Gip è concessionaria di un altro piccolo terminal adiacente a Bettolo, il Sech. I piani di impresa sottostanti al rinnovo della sua concessione e al rilascio di quella su Bettolo prevedevano l’unione operativa delle strutture, altrimenti a rischio di inefficienza economica. Firmato il contratto i due soci hanno però litigato, Gip è uscita dalla partnership e la ratio della pianificazione pubblica è andata a monte.

Nessuna conseguenza però per Msc e Schenone, finanziatori di Toti, mentre per limitare i danni Signorini ha tentato un altro salto acrobatico, autorizzando la cessione di Sech al colosso singaporiano Psa. È il concessionario dell’altro terminal container dello scalo, quello di Pra’, il più grande d’Italia. La legge vieta la detenzione di due concessioni dedicate alla stessa merceologia nello stesso porto, ma, falliti un paio di blitz parlamentari (di Lega e Pd) per cambiarla, l’Autorità ha bypassato l’ostacolo grazie a un parere dell’Avvocatura di stato, incentrato sull’asserita evoluzione del mercato e prodotto non dalla sezione specializzata sui porti, ma dalla Ambiente e Territorio, a firma Giacomo Aiello, ex capo di gabinetto del ministro Maurizio Lupi, a Porta Pia quando Signorini era uno dei due capi dipartimento. Anche in questo caso operazione sub judice: altri operatori hanno annunciato ricorso al Tar.

Il lavoro in subordine

Le gimkane giuridiche a palazzo San Giorgio sono pane quotidiano. La Culmv, la storica cooperativa dei camalli che associa metà dei 2mila portuali genovesi, fornisce la cosiddetta manodopera temporanea: integra cioè a chiamata gli organici dei terminal. Con l’esplosione del gigantismo navale e del ricorso alla flessibilità, il modello è andato in crisi. In parte per inefficienze interne, in parte perché l’Autorità ha adottato solo parzialmente gli strumenti previsti per equilibrare il peculiare mercato del lavoro portuale: su tutti l’accordo quadro per i rapporti fra Culmv e terminal e il Piano dell’organico-porto.

Una Culmv debole e dipendente dal pubblico è utile a molti. Per questo l’ente ha preferito sottoscrivere a suo favore strumenti finanziari partecipativi per oltre 10 milioni di euro. Anche in questo caso la ritrosia dei revisori dei conti è stata placata da un parere dell’Avvocatura in cui si dice che l’intervento di Bruxelles per aiuti di stato è «un’eventualità remota, per la sostanziale assenza di concorrenti interessati a proporre reclamo e per il limitato rilievo della vicenda». Via libera, cioè, tanto la Commissione europea non si accorgerà dell’escamotage. Certo è che in un porto in cui fra 2009 e 2018 i volumi di merce sono cresciuti del 51 per cento e l’occupazione dell’1 per cento, in cui il primo terminal (con Psa titolare di metà del traffico) vedeva gli utili salire del 174 per cento e i dipendenti scendere del 4,9 per cento, il malumore s’è fatto tangibile come si è visto con il recente passaggio di alcuni delegati dalla Filt-Cgil all’Usb-Unione sindacale di base.

La pace sociale in porto degli ultimi 20 anni, cruciale quanto il rapporto coi maggiorenti dell’economia regionale, non è più così solida. Ma l’uomo è adatto alla sfida (magari insieme a Rettighieri), Toti ne è certo.

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