La comunicazione è uno dei punti deboli della sinistra degli ultimi decenni. Dal confronto disastroso di Achille Occhetto con Silvio Berlusconi, al maldestro tentativo di giocare la carta della pura visibilità televisiva con Francesco Rutelli, agli onesti balbettii di Pier Luigi Bersani. Dopo la parentesi ipercomunicativa di Matteo Renzi, le incertezze hanno ripreso la routine, tanto che, oltre al posizionamento valoriale, anche la comunicazione è sempre sembrata la debolezza fondamentale del Pd.

L’avvento di Elly Schlein ha fatto sperare molti in una svolta valoriale e comunicativa: non appartenendo all’apparato e alle generazioni aliene dalla cultura pop, Schlein non può essere rimproverata, come gli eredi della Ditta, di burocratismo e grigiore. Anzi, il suo movimentismo e la sua comunicazione su piattaforme di idee trasversali alla vita politica hanno fatto immaginare a un cambio di prospettiva. Dopo l’elezione alla segreteria, Schlein è stata molto misurata nelle sue mosse politiche e ha concesso pochissime interviste pur essendo per tanti aspetti il personaggio emergente degli ultimi mesi.

In questo quadro, la sua intervista a Vogue suscita qualche perplessità. Sebbene questa intervista parli di varie questioni più di sostanza, rimarrà alla storia per l’accenno alla consulente di immagine e armocromista. Un piccolo scivolone dettato dal formato tipico della rivista in cui è di rito parlare di gusti musicali, cinematografici e soprattutto di abbigliamento. Il bisogno di presentarsi in una chiave più glamour del suo solito le sarà rinfacciato da tutti quelli che la considerano una radical chic, ma anche da molti a sinistra che la vorrebbero più popolare e non patinatamente pop.

Quindi bisogna chiedersi quale sia il senso comunicativo di questa intervista. È probabile che Schlein abbia voluto rivolgersi a un pubblico più trasversale rispetto all’elettorato Pd. Per reagire alle accuse di massimalismo che comporterebbe lo spostamento a sinistra del Pd, è probabile supporre che Schlein abbia voluto restituire un’immagine di giovane donna al passo coi tempi, inserita in gusti, interessi ed esperienze di vita comuni a un elettorato trasversale. Ma sui social le è stato già rinfacciato di aver fatto l’equivalente odierno delle apparizioni col chiodo che Renzi fece su Chi e nel programma di Maria De Filippi.

Al di là dell’opportunità di questa intervista, emerge nuovamente la grande disparità di aspettative tra destra e sinistra. A differenza di una destra onnivora e interessata solo a qualcuno che rappresenti i propri interessi, a sinistra sembra esserci una maggiore attenzione all’integrità degli esponenti politici. Da un lato abbiamo una destra cattolica che ha votato Berlusconi, il sud che in parte ha votato Matteo Salvini, e molti che si sono felicemente bevuti la balla di Giorgia Meloni popolare.

Dall’altro abbiamo una parte dell’area di sinistra che condivide le accuse della destra contro la segretaria del Pd che sarebbe elitaria e vacua. La sinistra non dovrebbe smettere di essere minimamente esigente verso la classe dirigente, anche perché il disamoramento collettivo degli ultimi anni è stato anche causato da un ripetuto invito a votare qualsiasi cosa pur di fermare la destra. Ma operazioni puramente di immagine vanno valutate per quello che sono. Nel caso dell’intervista a Vogue si tratta di una parziale buccia di banana a cui non dare troppo peso, in un contesto in cui la nuova segretaria del Pd ha per lo meno mostrato più sostanza e decisione rispetto alle leadership precedenti.

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