I contagi da Sars-Cov-2 sono tornati a salire. Nonostante in Italia sia finito lo stato di emergenza sanitaria, il mondo è ancora ufficialmente in pandemia, poiché sussiste la dichiarazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità del 2020. Ma l’atteggiamento delle persone è cambiato.

La stanchezza da restrizioni e la percezione di sicurezza indotta dalle vaccinazioni hanno portato molti a vivere come se il virus fosse scomparso.

Il governo si trova in una posizione difficile: ci sono segnali di allarme da non trascurare, ma al contempo nuove restrizioni sarebbero mal tollerate dai destinatari.

Peraltro, il ripristino di limitazioni causerebbe effetti economici negativi, che graverebbero sulla crisi in atto, prevista comunque in peggioramento.

Serve farsi qualche domanda. Cosa resta delle restrizioni precedenti? E, dato che la strada di nuove restrizioni sembra ormai quasi impercorribile, si sta predisponendo una diversa linea di azione, con interventi strutturali, anche in vista dell’autunno?

Le (poche) restrizioni ancora in vigore

Dal 15 giugno scorso è venuto meno l’obbligo di dispositivi di protezione delle vie aeree nei luoghi chiusi in cui era ancora sancito. Si può accedere senza mascherine in musei e mostre, cinema e teatri, palestre e piscine, ristoranti, hotel ecc..

Per una serie di ambiti - ristorazione e cerimonie, cinema e spettacoli dal vivo, commercio ecc. - dal 1° aprile sono in vigore apposite “Linee guida”, valide fino al 31 dicembre, con misure di carattere generale e regole specifiche per i singoli settori.

Secondo il nuovo protocollo di sicurezza nei luoghi di lavoro, approvato il 30 giugno scorso e in vigore fino al 31 ottobre, l'uso delle mascherine non è più obbligatorio, ma sono raccomandate quelle del tipo Ffp2 in quanto «presidio importante per la tutela della salute dei lavoratori ai fini della prevenzione del contagio nei contesti di lavoro in ambienti chiusi e condivisi da più lavoratori o aperti al pubblico», «avendo particolare attenzione ai soggetti fragili».

Le mascherine restano, invece, obbligatorie fino al 30 settembre negli ospedali e nelle residenze sanitarie assistenziali (RSA). Fino alla stessa data servono dispositivi di protezione pure nei mezzi di trasporto pubblico a breve e a lunga percorrenza, quindi bus, tram, metropolitane, treni, navi ecc.. Non c’è obbligo di mascherina, invece, in funivie e aerei, per i voli sia nazionali che internazionali.

Quindi, si è voluto anche favorire il turismo. A questo riguardo, l'ingresso in Italia è stato semplificato da aprile, con l’abolizione del “Passenger locator form”, introdotto nel maggio 2021 per agevolare il contact tracing, e da giugno non è più necessaria nemmeno la certificazione verde Covid-19.

L’obbligo vaccinale è venuto meno il 15 giugno, ma resta fino al 31 dicembre 2022 per gli esercenti le professioni sanitarie e i lavoratori di ospedali e RSA, con la sospensione dal lavoro in caso di inadempimento.

La quarta dose prevista per i fragili non è decollata, forse anche per una campagna istituzionale insufficiente e indicazioni non sempre coerenti.

Infine, il “green pass” non è più in uso dal 1° maggio. Lo strumento non è stato abolito: è solo sospeso, e potrebbe essere ripristinato alla bisogna. Al momento, esso è richiesto solo per le visite nelle RSA e nei reparti di degenza degli ospedali, ove l'obbligo di quello rafforzato resta fino al 31 dicembre.

Non c’è più il Commissario Straordinario per l’emergenza, cui è subentrata l’Unità per il completamento della campagna vaccinale e per l’adozione di altre misure di contrasto alla pandemia (d.l. n. 24/2022), che gode dei poteri, molto ampi e in deroga alle norme vigenti, prima spettanti al Commissario (d.l. n. 18/2020, art. 122).

Gli interventi mancanti

Il venire meno delle misure di contenimento del virus, che si diffonde e causa problemi, come i dati stanno dimostrando, non è compensato dal potenziamento di altri approcci.

Nelle strutture ospedaliere la situazione continua a essere critica, come attestano le cronache, con Pronto Soccorso congestionati e gravi disagi per i pazienti.

La scarsità di personale, nonostante assunzioni e stabilizzazioni, è una delle cause principali. Inoltre, manca quasi del tutto una “medicina del territorio”, di supporto e alternativa agli ospedali, che quindi vengono costantemente gravati da ogni tipo di istanze di cura.

A ciò si aggiungono, nonostante le misure messe in atto negli anni di emergenza sanitaria, le carenze di posti letto e le difficoltà organizzative, amplificate dalla necessità di conciliare i percorsi dei pazienti Covid con quelli non Covid, mentre le liste di attesa si allungano a ogni nuova ondata (vedi la survey di Fadoi, la Federazione degli internisti ospedalieri dell’aprile scorso).

Insomma, mancano interventi strutturali, e non pare esserci un piano organico e definito per eventuali epidemie future. La circolare del 7 luglio scorso, con cui il ministro della Salute ha chiesto alle Regioni di attivare «le misure organizzative necessarie per fronteggiare nelle prossime settimane un incremento della domanda di assistenza sanitaria sia a livello ospedaliero che territoriale» non lascia sereni.

In tema di scuola, da qualche mese dopo l’inizio della pandemia si evidenzia l’importanza del ricambio dell’aria, garantito da impianti di ventilazione meccanica, e non solo dalle finestre aperte.

Una legge del febbraio scorso (n. 11/2022) aveva disposto che con Dpcm, entro il 20 marzo, fossero definite «le linee guida sulle specifiche tecniche in merito all’adozione di dispositivi mobili di purificazione e impianti fissi di aerazione» e «gli standard minimi di qualità dell’aria negli ambienti scolastici».

Il Dpcm con le linee guida non è mai arrivato. Dunque, nonostante i fondi stanziati nella legge di bilancio per il 2022 – e salvo il caso virtuoso della regione Marche - i lavori per l’installazione degli impianti non sono iniziati, sebbene le vacanze estive sarebbero il momento migliore per farlo. Inoltre, sono carenti anche gli interventi strutturali, in termini di ampliamento delle aule e creazione di nuovi spazi.

C’è poi il sistema dei trasporti. Come si legge nel rapporto Pendolaria, di Legambiente, del febbraio 2022, sussistono problemi rilevanti «per l’inadeguatezza della rete esistente ma anche per l’affollamento dei convogli, la frequenza inadeguata rispetto alla domanda», peraltro «molto distante dagli standard europei».

Secondo il rapporto, «non bastano il rinnovo del parco circolante e il miglioramento dell’infrastruttura, se il servizio non è strutturato sulle esigenze dei cittadini».

Il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), che stanzia risorse per interventi riguardanti la mobilità, tra cui 1,9 miliardi di euro per l’acquisto di autobus elettrici o a idrogeno nei grandi comuni, evidentemente non è sufficiente, almeno nell’immediato.

Insomma, l’autunno porrà problemi simili a quelli degli ultimi due anni. I cittadini sono meno attenti nel fronteggiare il virus, come detto. È bene che almeno il governo faccia la sua parte.

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