Mentre il conflitto ucraino catalizza tutta l’attenzione mediatica, in parlamento va in scena lo scontro a bassa intensità che sta logorando la maggioranza del governo di Mario Draghi.

Schermaglie politiche, pioggia di emendamenti e prese di posizione almeno all’apparenza irremovibili colpiscono tutti i testi più delicati all’esame delle commissioni. Con il risultato di generare un’impasse logorante: gli iter di approvazione procedono a rilento, ogni gruppo parlamentare porta avanti le proprie rivendicazioni politiche e ogni accordo strappato in maggioranza richiede un surplus di sforzi da parte del governo.

Se l’ipotesi di una crisi di governo è considerata assolutamente irrealistica, il clima è sempre più avvelenato. In particolare nel centrodestra, infatti, sta facendosi sempre più forte la volontà di rivendicare le proprie posizioni in autonomia rispetto al governo che viene percepito come più orientato in favore di Pd e Movimento 5 Stelle. Per dirla con il coordinatore di Forza Italia, Antonio Tajani, «non siamo di serie B e questo non è il governo di Pd e M5s, vanno tenute presenti anche le nostre battaglie».

Csm

Il testo più urgente è la riforma dell’ordinamento giudiziario, già slittata tre volte e per cui ora l’approdo in Aula è fissata il 19 aprile. Oggi comincerà il voto in commissione Giustizia, ma un accordo sulla totalità del ddl non è ancora stato raggiunto e si procede a colpi di riunioni tra ministero e capigruppo. Partendo dai pareri ministeriali sui subemendamenti, nella riunione di ieri si è discusso in particolare del ruolo dell’avvocatura nei consigli giudiziari, dei distinguo tra magistrati fuori ruolo perchè candidati in politica è in quanto tecnici chiamati dai singoli ministeri e della separazione delle funzioni tra magistrati requirenti e giudicanti. Oggi, invece, toccherà alla questione davvero spinosa: il sorteggio temperato chiesto dal centrodestra e da Italia Viva per riformare il sistema elettorale del Csm. Questo è il vero scoglio della riforma: la ministra Marta Cartabia è fortemente contraria e ha parlato di incostituzionalità e addirittura di un rischio di non promulgazione da parte del presidente della Repubblica. 

Se da parte di Pd e Movimento 5 Stelle filtra cauto ottimismo, mentre da Lega e Forza Italia sembrano essersi aperti spazi di discussione, il gruppo più polemico è quello di Italia Viva. «Non siamo soddisfatti dell’incontro con la ministra», ha detto Cosimo Ferri, che ha bollato le aperture della ministra come «molto di forma e poco di sostanza». Quel che è certo è che la riforma va approvata entro maggio perché il prossimo Csm venga eletto con la nuova legge e, per fare in tempo, la ministra ha chiesto l’impegno a chiudere il testo alla Camera e votarlo senza modifiche in Senato. Anche a questo Italia Viva ha detto no, segno che la convergenza sul testo è ancora lontana dall’essere raggiunta.

Ius scholae

Altra riforma aperta è quella sulla cittadinanza – la cosiddetta ius scholae - ferma in commissione Affari costituzionali alla Camera. Il testo, presentato dal Movimento 5 Stelle, prevede che si possa ottenere la cittadinanza italiana dopo aver compiuto un ciclo di studi di cinque anni in Italia e dovrebbe riguardare circa un milione di ragazzi. La contrarietà più forte arriva dalla Lega, che ha trovato sponda in Fratelli d’Italia: insieme hanno presentato 728 emendamenti per inasprire i requisiti per la cittadinanza, dei quali 210 sono già stati dichiarati inammissibili. Con il risultato, oltre ad un allungamento dei tempi per l’arrivo in aula, anche di aprire un nuovo fronte interno alla maggioranza. Sui temi legati all’immigrazione, infatti, la Lega è pronta a dare battaglia anche in solitaria. La strategia, infatti, è quella di scoraggiare il governo su un tema così divisivo: «Non ci sono le condizioni perchè le leggi vigenti in materia di cittadinanza vengano modificate in questa legislatura: non sono la priorità», ha sintetizzato il senatore di Forza Italia, Maurizio Gasparri, che ha preventivato di voler dare battaglia in Senato se la legge supererà lo scoglio della Camera.

Fisco

Un’altra complessa riunione di maggioranza riguarda la delega fiscale. Il testo deve iniziare oggi l’esame in commissione Finanze alla Camera ma prima è necessario chiudere su alcuni punti ancora aperti. La legge delega prevede uno scivolo per la flat tax, il cosiddetto cashback fiscale e il graduale superamento dell’Irap, frutto di un lungo lavoro di mediazione tra ministero dell’Economia e maggioranza. Rimane aperto, però, il nodo intorno alla riforma del catasto prevista tra le deleghe al governo, a cui si oppongono fortemente Forza Italia e Lega. Il timore, infatti, è che la mediazione fin qui raggiunta non basti a mettere al sicuro il testo una volta arrivato a Montecitorio. «Non possiamo approvare tutto in commissione e poi assistere a un vietnam in Aula», ha avvertito il capogruppo dem in commissione, Gian Mario Fragomeli. L’intento del centrodestra, infatti, rimane quello di cancellare la riforma del catasto dalla riforma fiscale, sostenendo che con un aggiornamento dei valori catastali le tasse aumenteranno. Attualmente, l’articolo sul catasto è presente nella legge delega e prevede di modificare il sistema di rilevazione catastale degli immobili, aggiornando i criteri per classificarli e facendo emergere le irregolarità, ma soprattutto attualizza il valore patrimoniale degli immobili sulla base del mercato attuale, introducendo meccanismi di adeguamento periodico. Tuttavia, per venire incontro al centrodestra, viene previsto esplicitamente che la riforma non produrrà un aumento delle tasse. L’incognità è se reggerà al voto d’aula.

 

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