La marcia su Roma, di cui fra qualche settimana si celebra il centesimo anniversario, è stato un evento chiave nella storia italiana moderna che non deve essere strumentalizzato per ragioni legate all’attualità. Tuttavia, gli avvenimenti accaduti allora rappresentano un preciso monito per il presente, ci indicano infatti l’importanza di difendere i valori democratici e i diritti di ogni persona, compresi i migranti, per evitare pericolose svolte autoritarie.

È questo il messaggio-avvertimento che si legge sull’ultimo numero della Civiltà Cattolica, la rivista dei gesuiti italiani che riceve per ogni numero il “visto” della Segreteria di stato vaticana.

Il messaggio dei gesuiti

In un articolo intitolato «A 100 anni dalla marcia su Roma», padre Giovanni Sale, ripercorre i fatti che portarono a quella svolta della storia italiana da cui scaturì la definitiva ascesa al potere di Benito Mussolini. Il testo fa parte di una serie di articoli che la rivista sta dedicando da diversi anni al ventennio fascista analizzandone vari aspetti, fra cui quelli relativi ai rapporti fra il duce e la Santa sede, fra fascismo e movimento cattolico.

Di fatto gli articoli della Civiltà Cattolica hanno ripercorso in modo non agiografico l’azione del Vaticano, di Pio XI, della chiesa italiana nel suo insieme e del Partito popolare rispetto alla formazione e alle politiche di un regime totalitario, rivelando anche debolezze, accondiscendenze e resistenze di parte ecclesiale.

L’articolo dedicato alla marcia su Roma non fa eccezione in tal senso, riaffermando anzi una lettura critica e problematica degli avvenimenti storici. Ma certo, non può non colpire, sul piano politico, quel richiamo al presente dedicato al rispetto dei diritti dei migranti e dei valori democratici; un implicito messaggio rivolto a tutto il mondo politico ma, inevitabilmente, in particolare alla compagine di partiti che si appresta a formare il nuovo governo.

Il ventennio ha fatto scuola

Nella parte conclusiva del testo pubblicato dal quindicinale dei gesuiti, si legge infatti in merito all’avvento del regime fascista in Italia: «Prendeva avvio così il cosiddetto ventennio fascista e totalitario, che fece scuola in diversi paesi – non soltanto europei – e contribuì a indebolire le strutture democratico-rappresentative, sia in ambito politico sia in ambito economico e culturale, in molte parti della società occidentale».

Subito dopo si afferma in relazione alla ricorrenza della marcia su Roma: «Nel contesto attuale, questo anniversario, così carico di memorie contraddittorie, non può e non deve essere strumentalizzato da nessuno per motivi di ordine politico e contingente». «È vero che la storia», proseguiva lo scritto di padre Giovanni Sale, «ci insegna molte cose del passato e ci aiuta a interpretare il presente, ma essa non si ripete mai in modo identico. Quanto è successo in Italia un secolo fa deve farci riflettere e renderci più vigili e attenti alla difesa dei valori della democrazia e dei diritti delle persone – migranti compresi –, al fine di evitare, nella gestione della cosa pubblica, svolte autoritarie, sempre dannose per il bene delle popolazioni e degli stati».

Da rilevare, infine, che in un articolo dedicato dalla Civiltà Cattolica alla «fondazione del partito nazionale fascista e i cattolici italiani», uscito poco meno di un anno fa, nel novembre del 2021, dopo un lungo excursus storico, nell’annotazione conclusiva, si affermava: «A un secolo esatto da questi fatti, e dopo la dolorosa esperienza del ventennio, della guerra civile e di occupazione, sorprende che ci siano italiani che considerano il fascismo come un “esperimento politico” positivo, e in ogni caso “necessario” sul piano storico, e spesso guardano con simpatia e ammirazione al suo fondatore Benito Mussolini».

Poveri e migranti

In relazione alle posizioni espresse sul tema migrazioni dalle forze politiche uscite vincitrici dalle urne, è intervenuto fra gli altri, mercoledì scorso, il card. Michael Czerny, prefetto del Dicastero vaticano per il servizio dello sviluppo umano integrale, durante una conferenza stampa: «Quando qualcuno si trova in difficoltà in mare», aveva detto «si è obbligati moralmente e umanamente ad aiutarlo, e non a rendere le cose più difficili».

In merito al giudizio sulla situazione politica italiana, già nei giorni seguenti al voto (ma il suo intervento uscito come anticipazione è stato poi pubblicato su questo stesso numero di Civiltà Cattolica) il direttore della rivista, padre Antonio Spadaro, aveva messo in guardia dalla scelta presidenzialista per un paese come l’Italia, un’opzione, quest’ultima, che avrebbe fatto venir meno il ruolo super partes e di garante della Costituzione del capo dello stato. Il presidente della Cei, cardinale Matteo Zuppi, dal canto suo, aveva chiesto al nuovo parlamento di ripartire dall’attenzione alle fasce sociali più deboli, fra i quali figuravano anche i migranti; una sorta di “prima i poveri”, senza distinzione di passaporto.

Il rapporto con il Quirinale

Da Oltretevere, insomma, stanno partendo alcuni messaggi al futuro governo chiari nei contenuti e pacati nei toni: del resto la vittoria della destra era ampiamente annunciata, non c’è stato dunque nessun effetto sorpresa e in Vaticano sono pronti come sempre al dialogo con il nuovo esecutivo, qualunque esso sia, stabilendo però alcuni punti fermi che faranno da spartiacque nel giudizio che ne verrà dato.

Non è neanche un mistero come, viste le turbolenze frequenti che attraversano la politica italiana, vi sia un asse preferenziale fra Santa sede e Quirinale; il Vaticano vede infatti nel presidente della Repubblica la figura istituzionale più solida e di riferimento per l’unità del paese e la saldezza delle istituzioni. Tanto più adesso che la carica è ricoperta da un cattolico democratico di lungo corso come Sergio Mattarella.

© Riproduzione riservata