Scintille a distanza con Forza Italia riunita a Roma. I leghisti: «Matteo deve ritornare al Viminale». Il segretario al congresso: «Sui contro-dazi Ue suicida. Rivedere il Green deal e il Patto di stabilità»
Nel mezzo della tempesta internazionale sui dazi, con il governo in situazione di attesa mentre la borsa di Milano chiude la settimana come peggiore d’Europa, non si ferma lo scontro a distanza tra due terzi della maggioranza di governo.
Forza Italia a Roma per il consiglio nazionale e la Lega a Firenze per il congresso federale, sia Matteo Salvini che Antonio Tajani danno garanzia sulla tenuta del governo. «Avrà vita lunga», dice il ministro dei Trasporti; «Siamo lealissimi», gli fa eco il ministro degli Esteri. Qui, però, finiscono i punti di contatto tra due forze politiche sempre più in conflitto, con Giorgia Meloni presa nel mezzo tra posizioni divergenti.
La distanza maggiore si è registrata proprio sui dazi. Da una parte Salvini ha chiesto che «l'Europa riveda subito e totalmente le sue politiche suicide, dal Green Deal al patto di stabilità», e detto «no a contro-dazi e guerre commerciali con gli Usa, con cui bisogna dialogare per difendere l'interesse nazionale», sottintendendo la necessità che l’Italia faccia valere i suoi – veri o presunti – buoni uffici con la cancelleria Usa per spuntare migliori condizioni commerciali.
Esattamente il contraria è la linea di Tajani, in vista del vertice europeo dei ministri del Commercio di lunedì e della riunione della task force di governo. Il vicepremier ha ripetuto che «dobbiamo avere un'azione coordinata» perché «dare trattative private significherebbe fare male alle nostre imprese».
Il conflitto è aperto e ormai nemmeno più sottotraccia. Se Tajani ha detto che «trattare con gli Usa in materia commerciale è competenza esclusiva della Commissione Ue», dal congresso gli ha risposto il leghista Claudio Borghi: «Tajani non può non sapere che l'Unione europea è competente per i dazi che mette, ma per quelli che si ricevono la competenza è degli Stati Uniti. Per cui è ovvio che dobbiamo metterci a trattare bilateralmente». Si tratta tuttavia solo dell’ennesima spaccatura. «Siamo orgogliosamente europei con il Ppe», è il motto di FI, «azzeriamo le politiche suicide dell’Ue, dal Green deal al Patto di stabilità», è la risposta di Salvini. E non è un caso che il segretario azzurro non sia nemmeno stato invitato a Firenze. «Evitiamo il caos di Pontida», spiega uno degli organizzatori, ricordando lo striscione e i fischi contro il ministro degli Esteri. Atteso per oggi, invece, un video della premier.
Il collegamento con Musk
Sulla questione dei dazi la Lega ha incassato una vittoria con il collegamento in diretta con Elon Musk al congresso. Il consigliere di Donald Trump non ha mai citato singolarmente l’Italia, ma ha espresso la speranza che «Usa e Ue riescano a creare una partnership più forte» e che «ci sposteremo verso una posizione di zero dazi, una situazione di libero scambio e una maggiore libertà di spostarsi per lavorare nei due continenti», poi ha aggiunto che «le regolamentazioni europee sono talmente tante che diventa difficile mettere in piedi una azienda e avere successo». Quanto all’Ucraina, «dobbiamo ottenere la pace, questa macchina di morte va fermata. Dobbiamo preoccuparci di chi muore in trincea in Ucraina e anche in Russia. É ora di dire basta». Parole sottoscritte dal vicepremier, che ha rimarcato il suo pacifismo del no al riarmo e con il blitz di Musk ha anche mandato un messaggio alla premier, che da settimane tenta contatti con la Casa Bianca.
Se il congresso con a candidato unico segretario non offre sorprese, dal palco i messaggi sono arrivati, a partire dalla scenografia e dalla location. La città scelta è al centro Italia (l’ultimo congresso federale risale al 2017 a Parma) a simboleggiare al Lega nazionale, l’unico colore è il blu profondo. Sparito del tutto il verde-lega di bossiana memoria, lo slogan è stato tenuto nascosto fino all’ultimo: «il coraggio della libertà», che ha certamente fatto fischiare le orecchie Forza Italia. Nel video di apertura, poi, il fulcro è stato l’antieuropeismo, con banconote di euro bruciate e comizi di repertorio di Matteo Salvini e dei due grandi ex Umberto Bossi e Roberto Maroni che attaccano l’Ue. A seguire il trittico dei nemici: Romano Prodi, Mario Monti e Giorgio Napolitano accolti dai fischi. La conclusione è epica, con la battaglia di Pontida e quella di Lepanto: un braccio di mare a sud che possa fare il paio con il pratone nordista.
A livello interno, invece, gli interventi hanno raccontato della volontà della Lega di indirizzare alcune politiche del governo. Sulla bocca dei segretari da nord a sud, infatti, si è ripetuta la parola «autonomia», da tempo sparita dal lessico di maggioranza. L’attacco coordinato con le richieste a Meloni, però, è arrivato dai due capogruppo: «Credo che il congresso debba chiedere a Matteo Salvini il sacrificio di chiedere nuovamente, per la Lega, la posizione al Viminale», ha detto Riccardo Molinari, nonostante il dicastero sia amministrato da Matteo Piantedosi, che alla Lega è legato. Dal ministero filtra solo un «no comment», mentre Piantedosi è rimasto a Roma, nonostante in scaletta ci siano gli interventi degli altri ministri leghisti.
Le parole sono suonate come un monito alla premier, che pure non è apparsa intenzionata a toccare la squadra di governo, a maggior ragione in questa fase così delicata. Ma non è l’unico avvertimento: Massimiliano Romeo, segretario della Lega lombarda è andato dritto: «Le regioni dove governa la Lega devono restare alla Lega». Una ipoteca su Lombardia e soprattutto Veneto che, tuttavia, appare complicata da porre, nonostante l’applauditissimo Luca Zaia. É solo l’ultima delle divisioni di un centrodestra, che sono sempre più vicine all’arrivare al pettine: lunedì una decisione sui dazi andrà presa, entro pochi mesi lo si dovrà fare anche per il candidato presidente veneto su cui Fratelli d’Italia ha messo gli occhi.
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