«Tutti sappiamo che il passaggio a scrutinio segreto è difficile. Ci si deve assumere la responsabilità politica di trovare un accordo». Matteo Renzi aveva immaginato un altro clima per lanciare la proposta di un accordo politico sulla legge Zan. Sono le sette e mezza di sera. Il Senato sta per votare le pregiudiziali di costituzionalità sulla legge Zan (saranno bocciate), ma a quest’ora Renzi ha altro per la testa: sta per uscire sui social un suo video di autodifesa sull’avviso di garanzia di cui questo quotidiano ha dato conto.

Ma si è messo in testa di fare la parte del grande mediatore fra destra orbaniana e Pd su una legge contro l’omofobia, e per di più nel giorno della presentazione del suo libro, e – the show must go on – quel copione segue. «Il mio appello è molto semplice», dice al Senato «si faccia un accordo sull’articolo 1, 4 e 7 e fatto l’accordo si chieda a tutte le forze politiche di portare la legge alla Camera entro quindici giorni: se facciamo questo avremo dimostrato che la politica non fa schifo, se si andrà allo scontro muro contro muro e si perderà a scrutinio segreto avrete distrutto le vite di quei ragazzi», quelli – milioni – che in questi mesi hanno chiesto la legge. «Ditelo», si rivolge alla sua sinistra, «se volete piantare una bandiera» e alla sua destra «se volete fare ostruzionismo».

A rispondere è Matteo Salvini: se qualcuno discrimina «è un coglione», concede, «togliamo dal banco una volta per tutte quello che divide: in un mese sia il Senato che la Camera approvano una norma di civiltà che punisce pesantemente chi offende e discrimina un altro essere umano, e andiamo a votare questa legge. Se invece qualcuno, per tenere uniti i suoi partiti, non vuole che gay, lesbiche e trans siano tutelati lo dica a chiara voce in quest’aula».

Che non servisse una legge lo sosteneva lui fino allo scorso 1° maggio. Quella di Salvini sembra una mano tesa, invece è un rilancio. Quindici giorni, un mese, dopo l’estate, dopo il semestre bianco. Anche perché al momento non c’è un testo concreto su cui la maggioranza Draghi può convergere: gli emendamenti di Iv alla legge Zan sono invotabili per la Lega e quelli della Lega sono invotabili per il Pd. Ma le vaghe ipotesi bastano per fare lo show della convergenza e mettere all’angolo dei «non dialoganti» Pd, Leu e Cinque stelle.

Gli applausi di Iv a Salvini

Del resto l’intera giornata era trascorsa fra uno scontro e l’altro. Pd e M5s da una parte, Lega e Forza Italia dall’altra, hanno litigato per tutto giorno. Prima di bocciare le pregiudiziali in aula – Italia viva propone mediazioni ma per ora non si azzarda a votare con le destre per fermare la legge – si è litigato alla riunione dei capigruppo, alle 18.

«Mi avete fregato. Io vi avevo votato il calendario d’aula perché mi avevate promesso che poi avremmo fatto il tavolo di confronto», attacca il renziano Davide Faraone verso gli ex alleati di sinistra. Riceve una risposta a palle incatenate da Loredana De Petris, la presidente del gruppo misto di palazzo Madama. Italia viva si tiene defilata dallo scontro. Ma si litiga. Esattamente come poco prima in aula, dalle 16 e 30. O come ancora prima, nel primo pomeriggio, a palazzo della Minerva, durante l’ultima inutile riunione della commissione giustizia in cui il presidente leghista Andrea Ostellari continua a raccontare la sua storia: i giallorossi gli hanno scippato la legge che lui, da relatore, teneva ferma inchiodata in commissione da otto mesi («solo tre mesi», correggerà in aula).

È lui a parlare per primo in aula, e di nuovo a suonarsi e cantarsi la favola della discussione strozzata in culla. «Il problema sono i nodi giuridici», spiega, riepilogando le sessanta le audizioni svolte, 170 in partenza, e che se non era per lo strappo di Pd e M5s erano ancora in corso. Ostellari riepiloga tutte le obiezioni e le «criticità» al testo da lui raccolte, naturalmente anche quelle della «Nota Verbale» del Vaticano. «Rappresento fino all’ultimo la volontà politica di dialogo. Secondo me in quindici giorni possiamo arrivare a un testo migliore», dice alla presidente Maria Elisabetta Casellati. Che ci prova e chiama i capigruppo per convincerli a tornare in commissione a lavorare all’accordo. Tentativo respinto dai giallorossi.

Domani si voteranno le sospensive, martedì 20 luglio è il termine degli emendamenti. Vedremo se arriveranno quelli della mediazione Iv-Lega. Fuori dal Senato la rete delle associazioni “Da’ voce al rispetto” sostiene la legge ironizzando sulle nozze fra Mattei, Salvini e Renzi. Dentro il leader leghista offre e minaccia: «Ci può essere un accordo del 99 per cento del parlamento su alcuni temi, sulla libertà di amarsi, sulla tutela dei diritti civili togliendo dal tavolo quello che lo stesso Santo Padre e associazioni hanno chiesto di togliere dal tavolo: invasione di campo sui banchi di scuola fin dalle elementari.

Se si insiste invece staremo altre settimane e altri mesi e la legge verrà affossata. Spero che Letta capisca». La serata si chiude con l’immagine di Faraone, e il resto del gruppo di Italia viva, che applaude Salvini.

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