- Nel mezzogiorno il Pd affonda tra gli abbandoni e la destra si prepara a vincere, dopo la meteora M5s. Ma la rappresentanza politica soffocata dai notabili che conservano sé stessi è lo specchio dell’intero paese.
- Il sud torna a essere per i capipartito nazionali un granaio di voti e un problema irrisolvibile, un capitolo da scrivere svogliatamente nei programmi elettorali.
- La classe dirigente nazionale si ritrae. Il tentativo di Salvini di trasformare la Lega in un partito nazionale con lo sfondamento al sud è fallito, i Cinque stelle hanno perso la loro roccaforte. Il sud viene così riconsegnato ai suoi eterni stereotipi, i viceré e i masanielli, gli Il sud amministratori del potere per conto del sovrano di turno. Un lungo ritorno alle organizzazioni più elementari e prossime: le famiglie, le tribù, i clan.
«La lunga strada nel Pd per me finisce qui», ha annunciato ieri Gianni Pittella, l’uomo del partito in Basilicata, già vice presidente del parlamento europeo. Ma il suo non è stato l’unico addio degli ultimi giorni. Con una tessera tagliata a metà, spedita il 18 agosto al segretario provinciale del Pd di Salerno Enzo Lucano, Alfonso Andria ha annullato la sua iscrizione al partito: «Da tempo non sono più a mio agio. Il ripiegamento entro logiche padronali, il ricorso continuo a metodi assolutam
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