Il problema non sono più solo le accise. La presa di posizione di Luca Squeri di Forza Italia è l’ultimo capitolo del litigio sempre più acceso tra gli indirizzi del governo Meloni e gli uomini di Silvio Berlusconi. Il responsabile energia del partito questa mattina era pronto a dire no al decreto benzina varato dal governo. Ma dopo una riunione con dei suoi colleghi, e prima del question time alla Camera dove è intervenuto il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, ha deciso di fare un passo indietro, limitandosi a chiedere modifiche e impegni precisi al governo.

In ogni caso, si tratta di un terreno accidentato per Giorgia Meloni, che nei suoi “Appunti” – il videointervento che divulga sui social – ha già fatto sapere che sulle accise non si può fare praticamente nulla. Ridurle nuovamente, come ha fatto il governo Draghi, costerebbe un miliardo al mese e i soldi non ci sono. Fratin rinvia tutto alla delega fiscale.

Politici e gestori

Squeri è stato presidente dell’associazione dei benzinai di Confcommercio, la Figisc-Anisa, e in parlamento è visto come punto di riferimento del settore. Anche i titolari dei punti vendita in autostrada, su cui Matteo Salvini più volte ha puntato il dito, guardano a Squeri come principale interlocutore.

Nel comunicato di palazzo Chigi, pubblicato martedì sera dopo il Consiglio dei ministri, sono state rese note le misure; il testo ancora non è in Gazzetta ufficiale. La prima più rilevante questione è che il testo alla fine non ha previsto alcuna riduzione delle accise, ma per il periodo gennaio-marzo buoni benzina ceduti dai datori di lavoro privati ai lavoratori dipendenti. 

Non solo, per i punti vendita carburante al centro della campagna contro «la speculazione» dell’esecutivo sarà d’obbligo che sia esposto esposto «con specifica evidenza, da parte degli esercenti» il prezzo medio e il prezzo praticato.

Si rafforzano le sanzioni amministrative in caso di violazione e in caso di recidiva, la sanzione può giungere alla sospensione dell’attività per un periodo da sette a novanta giorni.

A questo si aggiunge un sistema rafforzato di controlli e una commissione di allerta rapida per la sorveglianza dei prezzi.

Pichetto Fratin e Squeri

Il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica (Mase) Pichetto Fratin è di Forza Italia, e nel suo ruolo non ha espresso critiche dirette, ma proprio prima del Consiglio dei ministri è circolata una nota del Mase che chiariva che il problema dei prezzi alla pompa non sono gli “speculatori”, come ritiene Giorgia Meloni, ma le accise ripristinate dalla legge di bilancio.

Un tentativo in extremis di cambiare le cose? Rispondendo al question time alla Camera si è limitato a raccontare le misure messe in campo dal governo e, tra le righe, a rinviare la questione alla riforma fiscale: «Sulla riduzione strutturale delle accise si tratta di una misura di legislatura da valutare con attenzione sulla base dell’andamento dei conti pubblici e sulla base del riordino complessivo delle misure fiscali».

Ma per Squeri non bisogna intervenire solo su quello: «Metterò tutto il mio impegno per introdurre nel nuovo decreto i correttivi sostanziali per un intervento legislativo scevro da pregiudizi e davvero capace di affrontare e risolvere le criticità che da troppo tempo viviamo» ha detto ricordando di conoscere bene il settore.

La critica è esplicita. Il decreto, ha detto il parlamentare, è di «dubbia fattibilità». La risposta di Meloni «rischia di non porre l’attenzione sui veri problemi di cui stiamo trattando». Per Squeri bisogna discutere delle «royalties stratosferiche» sulle vendite in autostrada.

Da Forza Italia chiedono di interpellare gestori e compagnie, che a questo punto potrebbero essere coinvolte in audizioni nel corso della conversione del decreto. Si tratterebbe di Eni, Ip, Tamoil e altri big del settore e associazioni, come Faib, Fegica, Figisc.

Squeri mentre si parla di Guardia di Finanza ricorda anche «il fenomeno criminale della evasione di Iva e accise», questioni che il governo non ha finora toccato: «L’Agenzia delle dogane parla di 13 miliardi di evasione».

Meloni si contraddice

La presidente del Consiglio non arretra sul ripristino delle accise, che nel 2021 hanno fruttato allo stato 23,8 miliardi. Nonostante negli anni passati fosse la prima paladina del taglio, come ha ammesso lei stessa ma aggiungendo: «Non ho promesso che le avrei tagliate». Smentendosi così due volte. La prima rispetto al video del 2019 di lei dal benzinaio in cui critica il prezzo finale ormai virale.

La seconda nei confronti del programma ufficiale di Fratelli d’Italia che riporta nero su bianco: «Sterilizzazione delle entrate dello stato sulle imposte da energia e carburanti e automatica riduzione di Iva e accise».

Ma poi è arrivata al governo, e l’entusiasmo si è ridotto: «Sono fortemente speranzosa della possibilità che prima o poi riusciremo a fare un taglio strutturale e non temporaneo del taglio delle accise ma questo necessita di rimettere in moto la crescita economica di questa Nazione. Servono risorse e quindi si deve tornare a produrre maggiore ricchezza e lavoro».

© Riproduzione riservata