Destra quirinalizia: l’attacco di Bignami imbarazza parte del governo

Galeazzo Bignami (e i suoi supporter) non sono tutta la destra. La polemica scatenata dal capogruppo di FdI alla Camera dopo gli articoli della Verità che riportavano frasi “anti-Meloni” del consigliere del Quirinale, Francesco Saverio Garofani, non è piaciuta al “partito degli istituzionali” che va dal fondatore di Fratelli d’Italia Guido Crosetto al moderatissimo Antonio Tajani (che si sogna già successore di Sergio Mattarella). Che hanno subito indossato i panni dei pompieri cercando di spegnere il fuoco prima che divampasse. Un’operazione resa ancora più complicata dallo scarto di Matteo Renzi, che ha indicato la vicenda come la prova del fatto che Giorgia Meloni voglia «quel palazzo lì, non si accontenta e fa i suoi conti». A prendere posizione in maniera più netta sono stati proprio il ministro degli Esteri e leader di FI, e perfino Matteo Piantedosi. Interpellato ieri da Annalisa Bruchi a ReStart, il ministro dell’Interno ha messo le mani avanti:. «Non credo al complotto e non credo che lo creda nessuno nel centrodestra». Chi è Garofani, il consigliere di Mattarella al centro della polemica tra Bignami e il Quirinale I ministri «Conosco Francesco Garofani, una persona equilibrata e di grande senso istituzionale, conosco Galeazzo Bignami che ha un grande rispetto per le cariche istituzionali della Repubblica. Credo che si fondi tutto su qualche captazione che poi crea una rappresentazione decontestualizzata. Io penso che tra una settimana non se ne parlerà più», ha aggiunto Piantedosi. Sulla stessa lunghezza d’onda Tajani. «Nessuno sinceramente aveva mai messo in discussione la correttezza del capo dello stato» ha detto da Verona. Di Bignami, è l’ordine di scuderia, non si parla. Tanto che il luogotenente del ministro degli Esteri alla Camera, il portavoce nazionale di FI Raffaele Nevi, aveva preferito non commentare la mossa del presidente dei deputati meloniani. E questo nonostante, subito dopo l’incontro tra Meloni e il presidente della Repubblica, le solite «fonti di palazzo Chigi» avevano comunque tenuto a diffondere il «rammarico» della premier per «le parole inopportune» di Garofani. Il vero obiettivo della destra è tacitare il nostro garante Mattarella «Assolutamente non interveniamo su quanto è successo tra il capogruppo di Fratelli d’Italia Bignami e il consigliere Garofani. Il presidente dei deputati di FdI ha espresso un commento rispetto a un articolo giornalistico. Tutto qui, non c’è nessun caso tra il governo e il Quirinale» dice il vicecapogruppo azzurro. In maniera speculare Nevi non vuole commentare la «posizione personale» di Garofani. Ma la vicenda agita tanti. A cominciare dalla Cei che, con il suo presidente, il cardinale Matteo Zuppi, in serata ci tiene a far sapere che «tutti quanti dobbiamo fare un grande sforzo per uscire da qualunque polarizzazione per dare delle certezze, delle risposte in un dialogo tra le istituzioni che sia all’altezza del suo nome». Maurizio Lupi, leader di Noi Moderati, quarta gamba della coalizione di governo, l’aveva detto già martedì sera: «Penso che quel consigliere anche se in una conversazione privata abbia detto una stupidata, ma l’ha detta quel consigliere e penso chiederà scusa». Il piano di Meloni per il Quirinale. A Mattarella solo mezze scuse Blindato Ieri Garofani ha detto di essere amareggiato, ma quando questo giornale va in stampa appare improbabile che arrivino a stretto giro le sue dimissioni, anzi. «Nel momento in cui sono state chieste ufficialmente, il consigliere è stato blindato. Più probabile un utile promoveatur ut amoveatur tra sei mesi» provoca una persona che conosce bene gli ingranaggi del Colle. Anche perché, tra gli osservatori che gravitano intorno al Quirinale, resta il dubbio su come la notizia – pubblicata a firma di un nom de plume – sia arrivata alla Verità. C’è chi ipotizza uno spettatore simile alla professoressa che ha osservato l’incontro tra Renzi l’ex 007 Marco Mancini in Autogrill e chi tira in ballo le antipatie che Garofani si potrebbe essere guadagnato durante l’ultima seduta del Consiglio supremo di difesa, di cui è segretario, che ha dato il via libera al dodicesimo pacchetto d’aiuti a Kiev. Meloni al Quirinale? E Giorgetti fa il premier. La pazza idea a destra La posizione della Lega è più sfumata. Non scende in campo Giancarlo Giorgetti, che da custode dei difficili conti italiani ha sempre avuto un rapporto preferenziale con il Colle più alto e la stima del suo inquilino, nonostante negli ultimi tempi il ministro dell’Economia non abbia avuto parole tenere per gli organismi che hanno sollevato critiche alla manovra. Paradossalmente a posizionare il partito è il “falco” Massimiliano Romeo. «Una volta tanto che non centriamo niente, lasciateci fuori da questa roba, grazie» dice il capogruppo al Senato della Lega. «Speriamo che ci sia al più presto un chiarimento». Nel frattempo, al Quirinale l’agenda è andata avanti come da attese: ieri pomeriggio Mattarella ha ricevuto il primo ministro croato Andrej Plenković, più tardi è stata accolta anche una delegazione della Fondazione RomaEuropa Arte e Cultura. Come se nulla fosse.