La partenza non è stata precisamente gloriosa, almeno rispetto alle fanfare della propaganda con cui era stata annunciata dagli uomini (e dalle donne) di Fratelli d’Italia. Il «reato universale» di gravidanza per altri, contenuto in un unico articolo che modifica la legge 40 (che già dichiara reato la Gpa nel nostro paese) ieri pomeriggio ha ufficialmente iniziato il suo iter in commissione giustizia della camera.

Ma alla furia dichiarativa della destra non ha corrisposto un’adeguata solerzia parlamentare, come successo già altre volte: nelle sue file c’era qualche assenza – motivazione ufficiale, l’impegno dei deputati in altre commissioni – che ha fatto venire qualche palpitazione al presidente della commissione Ciro Maschio (FdI) al momento del primo passaggio.

Per un voto

Il testo firmato da Carolina Varchi (FdI), Stefano Candiani (Lega) e Maurizio Lupi (Noi moderati) avrà certamente una solida maggioranza in aula, ma al suo esordio regge per il rotto della cuffia. Ieri sono stati esaminati i primi tre emendamenti delle opposizioni. E sono stati respinti 13 a 12.

Temendo il peggio, al primo giro Maschio ha abbandonato la prassi per la quale chi ricopre quel ruolo non vota (infatti il primo voto è finito 14 a 12) e ha convocato di gran furia i sostituti per i deputati di maggioranza che avevano marcato visita. «Sull’emendamento soppressivo rischiavano di andare sotto», racconta Debora Serracchiani, del Pd.

Un emendamento, quello soppressivo della legge, che univa tre delle quattro opposizioni: i dem, i Cinque stelle e Più Europa. Diverso e più complicato il profilo del Terzo Polo. Il deputato Enrico Costa, ex forzista, avvocato, liberale e figlio di quel Raffaele Costa che fu segretario del Pli, ha votato con il centrosinistra, ma dichiarando di farlo a titolo personale. Italia viva e Azione lasceranno libertà di voto in aula.

Terzo polo terzista

Va detto che l’ex ministra Mara Carfagna nella scorsa legislatura aveva proposto un testo uguale a quello firmato all’epoca da Giorgia Meloni, ed oggi raccolto e riproposto da Varchi. In questa nuova legislatura, Carfagna non l’ha ripresentato, ma resta favorevole al nuovo «reato universale», che pure per i suoi colleghi per lo più è considerato una fesseria giuridica probabilmente incostituzionale, come hanno spiegato quasi tutti i giuristi ascoltati in commissione nel corso delle audizioni.

Fatto sta che dei due componenti terzopolisti in commissione Giustizia, Costa, calendiano, ieri c’era e ha votato per la soppressione della legge; l’altro, il renzianissimo Francesco Bonifazi, non si è affatto presentato.

Non sarebbe cambiato il risultato finale, però, visto il voto del presidente. E così – sempre per un voto – sono stati bocciati anche gli emendamenti di Pd e +Europa che chiedevano la trascrizione in Italia dei certificati dei bambini nati all’estero.

Le tappe forzate

La maggioranza va avanti a tappe forzate, con minaccia di sedute notturne e controminaccia di ostruzionismo, almeno da parte del Pd. La commissione è riconvocata per martedì della prossima settimana, per il voto del testo e della relatrice, che sarà la stessa Varchi. Mancano da votare quattordici emendamenti, cosa che accadrà tra martedì e mercoledì prossimi.

Ma la destra sa di avere già in tasca il risultato, convinta che il sì dell’aula di Montecitorio arriverà entro giugno, come comandato da palazzo Chigi, anzi da Giorgia Meloni in persona.

«La maggioranza è unita», assicura Varchi, «e lo prova il fatto che abbiamo votato senza difficoltà, nonostante diversi commissari fossero impegnati in altre commissioni. Le opposizioni hanno presentato emendamenti che sono dei simboli di rivendicazioni loro che però avrebbero potuto trovare spazio in apposite proposte di legge quando erano maggioranza e governo». Varchi ha buon gioco ad accusare il centrosinistra di non aver fatto una legge quando era al governo; trascurando il dettaglio che Pd e Cinque stelle erano al governo con la Lega e Forza Italia. Ma è vero che la stepchild adoption, l’adozione del figlio del partner, era un articolo della legge sulle unioni civili approvata sotto il governo Renzi; un articolo poi stralciato. «Ora noi riteniamo legittimo di poter andare avanti. Quello che voglio sottolineare, però, è che questa proposta di legge non inficia in alcun modo i diritti dei bambini. Non vengono minimamente scalfiti».

Ma è la tesi opposta di Pd, M5s e +Europa. «La Consulta, la Corte di giustizia dell’Unione europea e centinaia di sindaci chiedono al parlamento di tutelare tutti i figli del nostro paese», secondo Alessandro Zan, in commissione Giustizia per il Pd, «E invece la destra conferma la sua volontà persecutoria contro le famiglie arcobaleno».

La crociata contro i bambini

Pessimo anche il giudizio di Riccardo Magi, Più Europa, sul testo in approvazione: la destra si accanisce «contro i bambini e le bambine già nati. Sul cosiddetto reato universale di maternità surrogata, i partiti della maggioranza hanno di nuovo dimostrato l’analfabetismo giuridico che li caratterizza, proponendo di perseguire penalmente chi, in un Paese estero, mette in atto una pratica del tutto lecita e regolamentata ai sensi della normativa di quel Paese». +Europa, a differenza del Pd, chiede la depenalizzazione della maternità surrogata. «Stiamo provando, per dare seguito al monito che la Corte Costituzionale ha rivolto al Parlamento nel 2021, a chiarire che i bambini, una volta nati, indipendentemente da come e dove siano venuti al mondo, debbano in ogni caso essere riconosciuti anche in Italia come figli dei genitori che si sono assunti la responsabilità genitoriale».

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