«Sfilacciamento» è la parola che ripetono i senatori che sciamano dall’aula di palazzo Madama nel pomeriggio di un giovedì che è già un fine settimana. Ieri la maggioranza è andata sotto due volte. Loredana De Petris, presidente del gruppone Misto, si sfoga: «Non siamo disponibili ad andare avanti così. Non è più accettabile che una parte della maggioranza si faccia carico del sostegno al governo per senso di responsabilità, a volte senza neanche condividere una specifica norma, mentre altri votano emendamenti nonostante il parere negativo del governo».

C’è chi porta la croce e chi gioca a dare segnali in vista del voto del Colle. Al Senato ieri per due volte si coagula un’altra maggioranza, che si applaude con compiacimento pieno di sottintesi, è composta da Lega, Forza Italia, Fratelli d’Italia e, special guest, Italia viva.

Avvertimenti

Alla fine il provvedimento passa senza problemi. Eppure per due volte all’indirizzo di palazzo Chigi arrivano due mortaretti. Un avviso. Un emendamento alza da 65 a 68 il limite anagrafico per iscriversi all’elenco nazionale dei direttori generali delle Asl. Destre e renziani votano sì, e dai tabulati risulta favorevole anche il voto del sottosegretario alla Salute, Pier Paolo Sileri (M5s), e del responsabile economico del Pd, Antonio Misiani, che però lo spiega come «un errore» nel parapiglia generale. Un altro emendamento aumenta la capienza dei bus turistici fino al 100 per cento. Lo ha presentato tutta la maggioranza, del resto su quei pullman privati il decreto introduce l’obbligo di green pass.

Ma il governo tira dritto e dà parere negativo. Pd, Leu e Cinque stelle votano turandosi il naso. Lega, FI e Iv se ne infischiano. Non è un buon segno per la manovra che arriverà in aula. Ed è un segno chiaro e forte all’indirizzo di Mario Draghi e di chiunque – come il segretario del Pd Enrico Letta – stia provando a indirizzare tutta la maggioranza su un nome condiviso, unica garanzia che la legislatura vada avanti anche con un nuovo inquilino del Colle. Il messaggio dice: una maggioranza c’è ma non è quella giallorossa. Ma a quell’appuntamento mancano due mesi. «Il presidente del Consiglio rischia di logorarsi prima, oppure rompersi le scatole e mandarci tutti al diavolo», spiega un dirigente dem vicino a Letta, «ormai lo sfilacciamento è palpabile».

I grillini attaccano Italia viva. Secondo il ministro Stefano Patuanelli, capodelegazione M5s, «è evidente che Renzi voglia provocare la seconda crisi di governo dell’anno. Ormai Iv è uscita dal campo riformista per entrare in quello del centrodestra». Ma mercoledì sono sono stati loro a criticare Draghi, individuato – a ragione – come mandante delle nomine alla tv pubblica su cui l’ad Rai Carlo Fuortes ha messo la faccia e la firma. Le parole più dure sono arrivate da Giuseppe Conte, furibondo per essere stato fatto fuori dalla lottizzazione Rai, ma forse anche di più per essere stato surclassato dal ministro Luigi Di Maio, che a palazzo Chigi ha offerto il suo «nulla osta» alle nomine al posto del traballante capo politico.

Problema Conte

Nei capannelli del Pd la reazione dell’ex premier viene descritta come «un impazzimento», e ormai si prende atto di un’evidenza: «Mentre Di Maio è un vero soldato di Draghi, Conte non è affidabile».

Ma la linea del Pd resta un’altra, non si sa ancora per quanto. «È in questi passaggi che si capisce chi è serio e chi no», dice il segretario Letta.

I suoi sottolineano che «l’unica forza responsabile è il Pd, e comunque i Cinque stelle sul piano dei voti parlamentari non hanno mai fatto mancare i numeri». Certo però «così a febbraio non ci arriviamo». Barbara Malpezzi, capogruppo dem al Senato, aveva raccolto la proposta del segretario di un tavolo sulla legge di Bilancio e aveva ricevuto tutti sì. Ma l’imboscata di ieri fa capire che lo spirito è tutt’altro.

Il core business della discussione del resto non sono gli “spiccioli” dei 600 milioni della manovra ma la distribuzione degli 8 miliardi dal decreto fiscale, su cui già oggi il ministro dell’Economia Daniele Franco riunisce i tecnici dei partiti (e le tecniche: ci sono Laura Castelli per M5s e Maria Cecilia Guerra per Leu, viceministra e sottosegretaria al Mef).

Il Pd è preoccupato perché Matteo Salvini ricomincia a sventolare la flat tax. «È arrivato il momento che centrodestra e Iv chiariscano se hanno ancora fiducia nel governo Draghi», chiede Malpezzi. «Sono preoccupato», ammette il ministro Andrea Orlando, i contagi risalgono e con loro le vecchie divergenze su come fermare il virus, «arriverà una fase in cui dovremo prendere provvedimenti sulla pandemia e di attuazione del Pnrr».

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