Mentre gli equilibri della maggioranza sembrano bloccati con il Pd e il M5s che attaccano Italia viva, descrivendo Matteo Renzi e il suo partito come irresponsabili e inaffidabili, al Senato la trattativa per radunare i cosiddetti “responsabili” prosegue. E sembra produrre i primi risultati. Il senatore Riccardo Nencini ha infatti ribadito la propria fedeltà al governo guidato da Giuseppe Conte. Ed è un segnale incoraggiante per palazzo Chigi, un po’ meno per i renziani, visto che a palazzo Madama Nencini fa parte del gruppo di Italia viva. Un gruppo tutt’altro che compatto, nato dalla fuoriuscita di quattordici senatori eletti col Pd e arricchito, col passare del tempo, da altre adesioni come quelle di Daniela Conzatti, ex Forza Italia, e Gelsomina Vono, ex Movimento 5 stelle. E c’è chi pensa che quello del leader socialista sia solo il primo di una serie di addii con il rischio che siano proprio i renziani, delusi dal proprio leader, a salvare il governo di Giuseppe Conte.

Le possibilità

Nencini è un politico esperto che è stato eletto deputato nelle file del Partito socialista per la prima volta nel 1992. È stato anche viceministro dei Trasporti e, senza di lui, Italia viva non avrebbe potuto costituire un gruppo autonomo al Senato. Il regolamento di palazzo Madama prevede infatti che ogni nuovo gruppo possa costituirsi solo con un simbolo che abbia partecipato alle precedenti elezioni: Nencini aveva il simbolo dei socialisti, Renzi i senatori. La collaborazione per il momento gli ha fruttato la presidenza della commissione Cultura del Senato, ma diversi commentatori vociferano che potrebbe ambire ad altro in cambio del suo prezioso “garofano rosso”, necessario anche per la creazione di un nuovo gruppo di “responsabili” di centro. Non a caso nelle ultime ore il senatore, insieme al segretario Enzo Maraio, ha inserito il Psi tra i «costruttori» evocati dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel suo discorso di fine anno, un segnale che più chiaro non potrebbe essere.

In alternativa i “responsabili” potrebbero radunarsi sotto il simbolo di Noi con l’Italia che è nelle mani del senatore Antonio De Poli, legato all’Udc e all’ex ministro Maurizio Lupi. Ma sembra improbabile che i filocontiani, tra i quali potrebbero essere annoverati anche alcuni Cinque stelle sempre più lontani dalla linea di Luigi Di Maio, possano scegliere una formazione dichiaratamente di centrodestra come nuova collocazione politica.

C’è poi il capitolo transfughi del Pd. Alcuni di loro, mossi dalla volontà di far proseguire la legislatura, potrebbero far rientro al Nazareno. Anche perché una rielezioni sarebbe comunque difficile visto che alle prossime elezioni i seggi disponibili saranno decimati dal taglio dei parlamentari. Quindi, meglio provare a garantirsi una sopravvivenza di breve periodo.

La decisione di Renzi di far dimettere Teresa Bellanova, Elena Bonetti e Ivan Scalfarotto dai propri ruoli (con tanto di foto degli scatoloni pubblicate sui social nella giornata di ieri) ha cambiato gli umori all’interno di Italia viva. E sono diversi gli scontenti della linea del “senatore semplice di Scandicci”. Al punto che oggi ci si chiede se Renzi abbia fatto bene i conti. Secondo gli ultimi calcoli basterebbero anche solo un paio di defezioni dal gruppo di Italia viva per garantire una nuova fiducia a Conte. Uno scenario che ovviamente non va nella direzione indicata dal presidente della Repubblica che non ha alcuna intenzione di far proseguire la legislatura con una maggioranza instabile e raccogliticcia. Ma di certo, se il governo alla fine dovesse superare la prova del voto in parlamento, è probabile che altri decidano di abbandonare Renzi e il suo partito, fermo a percentuali risibili nei sondaggi, all’opposizione.

Gli scontenti

Tra i più citati quando si parla di malumori all’interno di Italia viva, e quindi interessati a una fuoriuscita verso un nuovo organismo già soprannominato di “contiani” c’è Mauro Maria Marino. Chi lavora in Senato attribuisce all’ex Pd, vicepresidente della commissione Bilancio e relatore della legge di Bilancio, un malessere che dura da tempo e una continua ricerca del modo migliore per staccarsi.

Si trovano nella stessa situazione anche altri due senatori ex Pd, Eugenio Comincini e Leonardo Grimani. Entrambi classe 1972, al loro primo incarico parlamentare dopo un’esperienza da amministratori locali. Comincini in provincia di Milano, dove è stato sindaco per due mandati e poi vicesindaco metropolitano accanto a Giuliano Pisapia, Grimani in Umbria, dove ha amministrato per quasi dieci anni il paese di San Gemini, poco più di 5mila abitanti. Alle ultime elezioni comunali, il centrosinistra, che storicamente aveva prevalso quasi sempre, è stato sconfitto.

È invece già alla sua seconda legislatura Giuseppe Cucca, avvocato nuorese con un passato nel Partito popolare e nella Margherita. Anche lui viene dato tra i più critici nei confronti della linea di Renzi. Capogruppo di Italia viva in Giunta per le immunità, a maggio con la sua astensione (e quella dei colleghi Francesco Bonifazi e Nadia Ginetti) aveva salvato Matteo Salvini dal processo per la vicenda Open Arms, una decisione poi ribaltata dall’aula.

Sembra essere pentita di aver traslocato in Italia viva anche Daniela Conzatti: ex Margherita e vicina all’ex sindaco di Trento Lorenzo Dellai, ex Forza Italia, è stata eletta coi voti del centrodestra in un collegio del Trentino-Alto Adige. Commercialista, impegnata sui dossier economici, nei giorni scorsi in un’intervista, offrendo un’apertura a Conte, guardava già a un prossimo patto di legislatura, spiegando al Corriere della Sera che «se c’è questa disponibilità a rafforzare la coalizione con un patto di legislatura, come ha appena detto il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, va subito esplorata».

I fedelissimi

A restare a fianco del leader, pronti a seguirlo anche se la scommessa di Renzi dovesse consegnarli all’irrilevanza, c’è comunque un nutrito gruppo di parlamentari. A questa categoria appartiene senz’altro Teresa Bellanova, che da ministra è arrivata a rassegnare le dimissioni per volontà dell’ex premier (senza neanche la possibilità di comunicarle con la propria voce in conferenza stampa).

Nel gruppo ci sono anche Francesco Bonifazi, l’avvocato toscano che ha fatto conoscere a Renzi Maria Elena Boschi, tesoriere prima del Pd e ora di Italia viva, e Nadia Ginetti, umbra, ex sindaca di Corciano, fin dal 2012 sostenitrice della candidatura del leader toscano a segretario del Pd. È intervenuta anche sul palco della Leopolda di quell’anno ed è rimasta vicina a Renzi anche in occasione delle primarie del 2017 e del 2021. Fa poi parte dei “turborenziani” il capogruppo Davide Faraone, anche lui approdato a Italia viva dopo una lunga attività nel centrosinistra fin dai tempi dei Ds. A fianco del suo leader anche quando si tratta di attaccare a testa bassa, chi lo conosce spiega che ormai ha alzato troppo l’asticella dei suoi interventi per tirarsi indietro.

Vicinissima al leader e a Ettore Rosato, da sempre un falco del renzismo, anche Daniela Sbrollini, senatrice veneta che Renzi aveva voluto come responsabile Sport nella direzione del Pd. Arriva invece dall’attività sindacale Annamaria Parente, campana, a lungo nella segreteria regionale della Cisl, dalla quale poi è approdata al Pd dove Walter Veltroni l’ha scelta come responsabile nazionale Lavoro, ruolo in cui è stata confermata anche da Pier Luigi Bersani.

C’è ancora un gran numero di senatori che non ha espresso il proprio pensiero, ma già i nomi di quelli dati come probabili fuggitivi potrebbero rappresentare un grosso problema per la scommessa dell’ex premier. Resta il fatto che tra il dirsi responsabili e l’addio al gruppo continua a esserci un abisso.

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