Il quasi cappotto del centrodestra alle amministrative, con l’eccezione di Vicenza, ridisegna la geografia politica dei sindaci da nord a sud.

I profili dei singoli vincitori sono diversi uno dall’altro e spicca il caso limite di Terni, ma a prevalere anche a destra sono stati i candidati con una forte connotazione territoriale e che hanno spostato il loro baricentro verso il civismo di centro. Il dato politico, tuttavia, è che vento elettorale soffia ancora in direzione favorevole a Giorgia Meloni e al suo governo.

Ancona

La vittoria che simbolicamente pesa di più è quella di Ancona, dove il candidato di Fratelli d’Italia, Daniele Silvetti, ha conquistato una delle storiche roccaforti del centrosinistra con il 51, 7 per cento dei voti. 

Avvocato civilista ed ex consigliere regionale oltre che presidente del parco del Conero, Silvetti è uno storico esponente di Forza Italia ma la sua candidatura è stata appoggiata da tutti i partiti di centrodestra e la stessa Meloni si è spesa per spingere al successo la sua candidatura. Nel passato di Silvetti, infatti, c’è Alleanza nazionale, con cui è stato eletto per la prima volta consigliere comunale a soli 23 anni e poi un passaggio in Futuro e libertà di Gianfranco Fini nel 2010, prima di rientrare nei ranghi più moderati di FI. 

Attualmente a suo carico pende ancora un’inchiesta: Silvetti, infatti, è finito indagato con altri 65 consiglieri per le spese dei gruppi regionali, nella legislatura 2010-2015.

Nonostante l’assoluzione nel procedimento contabile davanti alla Corte dei conti, il procedimento penale non si è ancora concluso e riguarda l’ipotesi di utilizzo di denaro dei gruppi per l’acquisto di spazi e servizi tv per eventi politici ed elettorali che «esulavano dal corretto utilizzo dei fondi».

Con la conquista al secondo turno del capoluogo marchigiano, dunque, si chiude quella che viene considerata la “dorsale adriatica di destra” di Marche e Abruzzo e ora con i relativi capoluoghi. 

Catania

La vittoria al primo turno a Catania può dirsi un successo tutto targato Meloni. Il candidato di Fratelli d’Italia, Enrico Trantino, ha vinto con uno schiacciante 66 per cento e la conquista della città etnea ha un peso specifico particolare nella complicata dinamica del centrodestra sull’isola. Meloni ha voluto essere proprio qui a chiudere la campagna elettorale, insieme a Matteo Salvini e Antonio Tajani, tirando la volata al suo uomo di fiducia.

Catania, infatti, è diventata la città simbolo di FdI in Sicilia: prima di Trantino, il sindaco era il meloniano Salvo Pogliese, che ha lasciato la carica per diventare senatore e che a inizio mese è stato condannato in secondo grado per peculato.

La candidatura di Enrico Trantino, avvocato e figlio dell’ex sottosegretario Enzo, non era scontata: FdI l’ha imposta in uno scontro durissimo con la Lega, che invece reclamava il posto per la senatrice Valeria Sudano (che in passato aveva militato nel Pd) ed era arrivata a un passo dalla corsa in solitaria. 

A certificare il ruolo di laboratorio politico della Sicilia, il candidato fedelissimo di Meloni è riuscito ad attrarre anche Azione. Calenda in prima persona è volato a Catania per siglare con Trantino quello che per la stampa è diventato il “patto del liotru”, il patto dell’elefante che è il simbolo della città, che potrebbe essere prodromico di una possibile alleanza anche su scala nazionale.

Pisa 

Anche in Toscana il centrodestra è tornato a fare breccia, mantenendo la guida di Pisa con il sindaco uscente Michele Conti, che ha ottenuto il 52, 2 per cento al ballottaggio e proseguirà con il secondo mandato.

Il suo è un percorso tutto locale: la sua storia politica nasce con Alleanza nazionale, con cui Conti è stato eletto per la prima volta in consiglio comunale nel 1994 e fino al 2005, poi però è avvenuto il il passaggio con la Lega di Salvini, con un ruolo anche nella sua segreteria politica.

La peculiarità di Conti, però, è quella di aver messo in pratica la lezione imparata dai colleghi del nord-est leghista. A differenza di cinque anni fa, infatti, i rapporti di forza dentro la sua coalizione si sono ribaltati: finita la trazione leghista, ora FdI è il primo partito con il 17 per cento, ma a seguire c’è la lista personale del sindaco, che con il 14 per cento ha superato la Lega, ferma al 10.

Una forza, dunque, che porta in comune volti di fiducia del sindaco e sposta la coalizione su una dimensione più civica.

Terni

Il caso limite e certamente meno gradito al centrodestra nazionale è quello di Terni. Nella città umbra, infatti, la vittoria è andata in modo quasi inaspettato al candidato terzo incomodo, l’imprenditore di nascita livornese Stefano Bandecchi.

Profilo sopra le righe e campagna elettorale decisa, Bandecchi è il patron della Ternana calcio e dell’università telematica Niccolò Cusano. Al primo turno era arrivato secondo, lasciando fuori dal ballottaggio il centrosinistra con Josè Maria Kenny.

Al ballottaggio invece, ha superato in volata con il 54,6 per cento il candidato ufficiale del centrodestra, Orlando Masselli. Sul suo sito personale, Bandecchi si descrive come un «Imprenditore dai mille ruoli» con 4 milioni di euro di reddito e «personalità poliedrica»: durante il lockdown, infatti, si era improvvisato influencer su Instagram e conduttore televisivo del programma “l’imprenditore e gli altri” sulla sua Cusano Italia Tv.

Politicamente, invece, si colloca nell’area «centrista e liberale» tanto da aver riportato in vita per la sua corsa al comune Alternativa popolare, il partito che era stato fondato da Angelino Alfano nel 2017.

Pur essendo considerato un civico d’area centrodestra, nelle sue dichiarazioni pubbliche non è stato clemente con l’amministrazione uscente e con la guida della regione, entrambe di centrodestra: «Hanno commesso errori mostruosi». La prova del nove sarà la composizione della sua giunta, ma l’ambizione di Bandecchi non si ferma a Terni: «Mi prendo la città, poi l’Umbria, poi Roma». Meloni è avvisata.

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