L’esito delle elezioni regionali in Friuli Venezia Giulia è quello del pronostico: il governatore uscente della Lega, Massimiliano Fedriga ha superato il 64 per cento dei consensi e ha vinto in volata, migliorando anche di qualche punto il risultato del 2018.

Con un’affluenza al 45 per cento (meno 4 punti rispetto al 2018), qualche sorpresa, però, è arrivata da tutti i fronti politici. In particolare su quello dello stesso Fedriga: la sua coalizione ha trionfato, ma lui ha perso la sua sfida personale. La lista del presidente, infatti, non ha sfondato e si è fermata al 17 per cento, terza tra quelle di centrodestra. La notizia è lieta soprattutto per il segretario della Lega, Matteo Salvini, che in un colpo solo ha tenuto la regione con la Lega primo partito, per un soffio avanti a Fratelli d’Italia; ma soprattutto ha visto ridimensionato il peso politico di quello che viene considerato l’unico nome che potrebbe contendergli la leadership.

La lista di Fedriga

La vittoria scontata del centrodestra, infatti, ha reso più interessante la competizione interna tra le forze politiche. Certamente il Friuli Venezia Giulia, terra di autonomia e di specificità politiche locali, non può essere utilizzato come criterio di valutazione nazionale dei flussi. Tuttavia ogni voto insegna qualcosa, soprattutto – quando si vota al nord – in casa Lega. La grande attesa era per il risultato del listino del presidente: per la prima volta, come aveva fatto nel 2020 anche Luca Zaia in Veneto, Fedriga ha corso con una lista personale. Formalmente doveva servire a drenare il campo civico che ha apprezzato le sue doti di amministratore ma non si sente rappresentato dal centrodestra. Nei fatti, però, ha tolto voti soprattutto alla Lega, che nel 2018 era il primo partito in Friuli Venezia Giulia con il 35 per cento e ora si è fermata al 19. In ogni caso non ha sfondato, fermandosi poco sopra al 17 per cento, terza lista del centrodestra. Nulla a che vedere con il plebiscitario 44 per cento della lista Zaia nel 2020 in Veneto, dove il governatore è stato rieletto con il 77 per cento delle preferenze e la sua lista ha più che doppiato quella della Lega, inchiodata al 17 per cento. Sembra invece essersi fermato lo slancio egemonico del partito della premier, Giorgia Meloni. Fratelli d’Italia ha corso un testa a testa con la Lega piazzandosi secondo, con alcuni decimali in meno intorno al 18. Il balzo è forte rispetto alle passate regionali, in cui FdI si era fermato al 5,5 per cento, tuttavia la frenata è evidente rispetto alle politiche dello scorso settembre. Anche in Friuli Venezia Giulia il vento meloniano aveva soffiato forte, toccando oltre il 30 per cento di preferenze. Il ridimensionamento alle regionali è fisiologico, soprattutto in un territorio autonomo, tuttavia si tratta di un primo parziale stop all’onda meloniana che è sembrata inarrestabile anche a livello di elezioni regionali, con lo sfondamento soprattutto nella Lombardia storicamente leghista.

Flop del terzo polo

Il centrosinistra, che correva in alleanza con il Movimento 5 Stelle con il candidato Massimo Moretuzzo, non ha mai creduto davvero alla possibilità di vincere e le congratulazioni a Fedriga sono arrivate già nel primo pomeriggio di ieri. Un segnale forte, però, è arrivato anche sul fronte degli sconfitti. Il Pd sperava di toccare la soglia psicologica del 20 per cento, cavalcando anche l’entusiasmo per la nuova segretaria Elly Schlein. Invece ha addirittura peggiorato il risultato del 2018, fermandosi intorno al 17 per cento e perdendo qualche decimale. Ancora peggio è andata al Movimento, condannato alla quasi irrilevanza sotto il 3 per cento, più che dimezzando la percentuale rispetto al voto del 2018. Non sarebbe andata meglio se la coalizione di centrosinistra avesse imbarcato il terzo polo.

Il partito di Matteo Renzi e Carlo Calenda, infatti, correndo in solitaria ha totalizzato il peggior risultato di sempre, fermandosi al 2,7 percento. Lontanissimo dalla soglia di sbarramento al 4 per cento, che invece dovrebbe venire superata dalla lista No Vax, che può contare su uno zoccolo duro di votanti soprattutto a Trieste.

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